Che persone trovi a una stazione di una città spagnola durante una settimana qualunque, lontano da un periodo di feste e vacanze? Anime erranti che vanno incontro a destini indecifrabili, che vogliono vedere l’alba o forse di giorno si nascondono. Poi ci sono io, zaino in spalla, biglietto appena stampato in mano e freddo nell’anima.
Piano B Fedele alla frase “il meglio deve ancora venire” prendo zaino e sogni e vado alla fermata. Bus notturno non passa, taxi, stazione e si parte per Cadice, anticipando i tempi. Se non ora, quando?
Si parte, ore 3, stazione di Granada. Via, veloci.
Il pullman taglia in due l’Andalusia spostandomi nel giro di poche ore in un altro angolo di Spagna. Dormo. Il tempo passa. Il pullman si ferma più volte. Dal nero della notte alle prime luci dell’alba macinando chilometri il paesaggio cambia, si fa pianura, le case basse e lentamente all’orizzonte si vede il mare, l’Atlantico. Un grande ponte sull’acqua e siamo arrivati.
Buongiorno da Cadice.
Doveva essere toccata e fuga, così è stata. Due orette di visita ahimè ma oggi il programma è intenso. Cadice è la più antica cittadina d’Europa sapevate? Pare che sia datata 1.100 a.C. o fondata addirittura da…Ercole! Orologio alla mano comincio la camminata, lascio il porto e mi immergo nelle stradine del centro storico. Le chiese, i palazzi ed i musei sono innumerevoli poi c’è la Cattedrale con una vistosa cupola dorata. E, quando dopo pochi passi, si aprono le case, il lungomare… l’Atlantico! Presto che è tardi: il pullman per Tarifa mi aspetta. Vado veloce per non bruciarlo con un po’ di amaro in bocca. Ma ci sta. Non si può aver tutto. Ed ora si va al punto più meridionale dell’Europa!
Cerco l’estate tutto l’anno e all’improvviso eccola qua. Sole, mare, oceano…questo agglomerato turistico di cemento e moda non è il mio ideale, ma Tarifa era una delle tappe che sentivo più affascinanti non fosse altro perché rivedo il mare e soprattutto vedo per la prima volta l’Africa in questo sud Europa che più a sud non si può. Mi dirigo velocissimamente in spiaggia, mi tolgo i ridicoli vestiti invernali, slip e un tuffo sull’oceano non me lo toglie nessuno. Tempo per godermi quest’altra tappa costata ore di bus, questo vento proveniente dall’Africa che, sussurrando, mi chiede di andarci un giorno o l’altro. Perchè amo il Sud con i suoi guai e le sue contraddizioni, ma anche con la sua immensa anima
Immaginatevi che qui a Tarifa se non siete surfisti avete poco da dire. E infatti i negozi propongono per la maggior parte le griffe classiche Maui and Sons, Quicksilver, Rip Curl eccetera in una quantità mostruosa. La tenuta d’ordinanza è maglietta larga, boxeroni e infradito con accessori collane e bracciali… altro che novembre! Tutti ovviamene strafighi e poi arrivo io, e se mi vestissi così non sarei credibile se non ridicolo.
Ma dov’eravamo rimasti? In spiaggia, due bagni gelati ma fantastici, ore di relax e la salsedine che mi porterò fino a Malaga, prossima tappa. Un panino veloce, ricarico il cellulare e volo verso la stazione. Strada facile e lineare malgrado voglia come sempre girarmi il centro del paese, più caratteristico. Poi un classico vialone palme e negozi con insegne fantasiose.
Il pullman mi aspetta alle 15,40.
Si risale, verso Malaga, passando per Gibilterra poi Marbella, Torremolinos. Una costa (quella del Sol) violentata dal cemento. Uno schifo. Resort, villette, hotel.
Eccoci in questo bel centro, dove la movida supera di gran lunga le atmosfere più squisitamente ispaniche: localini, ristoranti e gran movimento di turisti di ogni età. Ma anche viali lunghissimi e un interessante centro storico con teatro romano, cattedrale e museo di Picasso. Meriterebbe qualche ora in più se non fosse che domani alle 6 parto per Barcellona. Mi godo la serata, l’ultima, con un vento rinfrescante che accompagna la mia passeggiata, anche perché ci sono 24 gradi.
Domani si torna in Italia e subito mi aspettano due serate, Peek a boo e Cocò. Chi si ferma è perduto…
Alba, freschetto frizzante e cielo limpido. Rischio di perdere il bus per lo scalo: la sveglia dell’iphone non suona. Corro e alla fermata prendo l’autobus successivo. Quindici minuti e sono all’aeroporto. Tutto bene.
C’è tempo per una colazione con una spremuta e un muffin (a proposito, come si mangia? con il cucchiaio o spiaccicato in faccia? Non l’ho mai capito) e poi al gate 32, fila e aereo. I miei pensieri sono leggeri come questo aereo biancoblu che punta a El Prat.
Non esiste volo diretto per la Sardegna, quindi scalo. A Barcellona arrivo alle 9. Due ore e mezzo nella capitale catalana chi se le perde? Tutto bene! Neanche per sogno. Dalle mie tasche, dalle quali vola puntualmente tutto, perdo la carta d’imbarco del volo successivo. Diamine. Alla ricerca di un internet point sulla Rambla. Trovato! 1 euro 50 e me la ristampo: sarebbero stati 60 euro! Continuo la passeggiata fino a Barceloneta.
Alle 12,30 decido di andare a prendere il bus per Girona. Panino veloce e a bordo. Come da programma. Il viaggio sta per finire.
“Il ritorno porta addosso solitudine e mal d’anima, nei silenzi ognuno piano fruga dentro di sé” cantavano i Negrita qualche anno fa. Lo penso nei chilometri che mi dividono fino al piccolo aeroporto. Presto si riapre il file della vita quotidiana. A cosa sto pensando? Questo mondo è il mio quartiere e ho voglia ancora di ripartire, viaggiare, vedere ma al tempo stesso sono felice di rientrare. Strana vita tra voglia di fuga e piacere dei ritorno. Precarietà esistenziale. Indecifrabilità. Nessuno riuscirà mai a capirmi, nemmeno il sottoscritto.
by Nicola Montisci via Facebook ›
07:54 Dubbi di primo mattino. Mi sono sempre chiesto, in aeroporto: qual è la tattica migliore per mangiare un muffin al cioccolato? 1) con le mani 2) con un cucchiaino/forchetta 3) spiaccicandoselo in faccia o aggredendolo con i denti
by Nicola Montisci via Facebook ›
07:30 Certo che alle 7.30 i bar all’aeroporto ancora chiusi… Solo a Mallagà!