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Linea Verde

Beirut è una città che gronda sangue. Non puoi non farci caso. Qui ci sono state battaglie per le strade e guerra civile. Non parliamo di preistoria ma di pochi decenni fa. I segni si vedono ancora.
Camminare in alcuni quartieri significa vedere palazzi completamente restaurati e altri ancora crivellati di pallottole.

La linea verde è un territorio particolare della città: durante la guerra civile divideva la zona est (cristiana) dalla zona ovest (musulmana). Qui, più che in altre parti, si vedono i segni. Camminare in questa zona dà ancora di più il senso degli accadimenti. Vi fa entrare, guardando i particolari sui palazzi, nell’idea di guerra, nella lotta casa per casa, nell’intimità violata.

La parte storica di Beirut ha subito danni enormi. Eppure c’è una parte della città che rivive una nuova giovinezza, i palazzi si stagliano sul cielo nonostante le ferite, la gente si incontra nel centro.
Beirut è una delle capitali culturali del Medio Oriente. La tolleranza, si vede camminando per strada, è una parola ricca di significato e contenuti. La città vive di mille attività culturali. Ci sono molte università, centri culturali, luoghi d’interesse e di culto. Un altro mondo è sempre possibile.

Attimi di felicità

Prima è successo qualcosa di speciale. Camminavo sul lungomare qui a Beirut. Ho avvertito quei classici momenti i in cui sei in sintonia con il posto in cui ti trovi e con te stesso. Non c’è un motivo preciso. Magari dopo una cena perfetta, un buon liquore, una bella scrittura. Magari mentre corri. trovi la canzone giusta in cuffia. Magari un pensiero luccicante. Magari un ricordo. Magari una persona che ti aspetta al ritorno. Saresti capace di immaginare e fare tutto, si chiama magia,forse questa frase di Dostoevskj la dice tutta:

«Camminavo e cantavo, perché, quando sono felice, devo assolutamente canticchiare qualche cosa per me solo, come ogni uomo felice che non ha né amici né buoni conoscenti e che, in un momento di gioia, non sa con chi condividerla».

Grattacieli e chiese a Beirut

Dov’eravamo rimasti? Facciamo un salto a ieri, la puntata al quartiere di Downtown, la parte avveniristica della città. Camminata di un’oretta sullo splendido lungomare, incrociando venditori di pistacchi, pescatori e semplici anziani che fanno ginnastica, per trovare una Beirut completamente diversa da quella araba.
Forse sorprendente ma per i miei canoni di viaggiatore poco interessante: palazzi, grattacieli, Zara, Massimo Dutti, Ferrari, Pizza Hut e vari negozi firmati.
Cosa ci sarebbe di entusiasmante? mi son chiesto. Nulla. Insipida. Così come quell’hamburger consumato in un bar francese di cui nemmeno ricorderò il nome.
Non mi ha lasciato NULLA.
Però c’è sempre qualcosa di interessante e toccante, come la vicinanza tra palazzi distrutti dalle bombe della guerra civile e nuovi e sfarzosi grattacieli. La presenza assidua (rassicurante?) dei militari in mimetica e carro armato in ogni angolo e zona di un centro completamente blindato e a prova d’assalto (in alcuni casi ci sono anche le barricate). Impossibile entrare a Nejmenh Place. A Beirut tutti gli obiettivi sensibili, che siano chiese, moschee, scuole, università, mc donald, palazzi presidenziali, residente, ambasciate, sono controllati dall’Esercito.
Superati i militari, a pochi metri c’è il Suck (che è una città mercato elegante e senza fortunatamente i maleducati delle nostre latitudini), le auto di grossa cilindrata che sfrecciano, gli ingressi affascinanti e le strade pulite. I grattacieli continuano a nascere. I lavori fervono. La città cresce più di quanto si pensi. I soldi girano. Ma ti resta davvero poco di questa zona. Neanche le luci delle vetrine di Armani ti colpiscono o ancora Rolex. Ma Beirut non è solo lusso e sfarzo. Anzi. Meglio ributtarsi nella verace quotidianità della Beirut orientale. Quella sì, che almeno ci emoziona.

Beirut, martedì sera

Beirut, martedì sera.
Come per ogni città del sud del mondo la notte è quantomai effervescente. Rumore, negozi aperti, vitalità e gran fluire di gente. C’è anche l’altra faccia della medaglia, un po’ triste: i bimbi palestinesi che chiedono l’elemosina.
Mi perdo per le stradine di Hamra, il “mio” quartiere di questo viaggio, cenando in un ristorantino tipico, sorseggio birra libanese e guardo il mondo davanti che passa con la mia solita rispettosa curiosità. Nei bar si fumano narghilè e si gioca backgammon con musica orientale. Le chiacchiere invadono l’aria, così come i rumori di cucina. L’atmosfera è conviviale. Non ti senti mai solo. I libanesi non sono chiusi.
Le donne escono in perfetti abiti occidentali. Poi ci sono quelle con il velo. Hanno volti bellissimi.
Pochissimi uomini con la barba. Tante facce che non distingueresti dalle nostre. Auto rattoppate, motorini ma anche Audi e Porsche.
Tanti stereotipi cadono e scopri che le persone non siano così tanto diverse da come pensavi

Verso il Libano

Tra qualche giorno partirò in Libano. Programmare un viaggio così in solitaria, diverso dalla solita e rilassante tappa europea, è un bel lavoro: ascoltare le persone che ci sono state, leggere le guide, controllare i percorsi, adeguarsi a quelle che sono le usanze di un paese molto diverso dal tuo, in un contesto culturale differente. E poi la registrazione sul sito della Farnesina e altre piccole ritualità di un viaggiatore dilettante.
Noti particolari interessanti che allargano ancora di più la tua curiosità e consapevolezza che il mondo sia tutto da scoprire. Dai semplici gesti delle persone a cui fare attenzione ai posti dove è sconsigliato andare per motivi di sicurezza, da come è consigliato spostarsi a come comportarsi fino a ciò che si può fotografare.
Non vi nascondo l’emozione di questi giorni, che supera forse un pizzico di paura in un momento storico certamente unico e particolare.
Il Medio Oriente, lacerato da guerre e conflitti (possono non pesare anche sulle nostre coscienze?), con la sua bellezza struggente, i suoi colori, profumi e paesaggi, mi ha sempre ispirato. Ora ho la prima possibilità, dopo l’assaggio di Istanbul, di vedere qualcosa.

Poco, ma quanto vorrei. Imparare e capire. 
Il resto sarà tutto da vivere con gli occhi di un bambino e la testa del viaggiatore mai stanco, rispettoso di tutto ciò che vedrò.