Beirut, martedì sera.
Come per ogni città del sud del mondo la notte è quantomai effervescente. Rumore, negozi aperti, vitalità e gran fluire di gente. C’è anche l’altra faccia della medaglia, un po’ triste: i bimbi palestinesi che chiedono l’elemosina.
Mi perdo per le stradine di Hamra, il “mio” quartiere di questo viaggio, cenando in un ristorantino tipico, sorseggio birra libanese e guardo il mondo davanti che passa con la mia solita rispettosa curiosità. Nei bar si fumano narghilè e si gioca backgammon con musica orientale. Le chiacchiere invadono l’aria, così come i rumori di cucina. L’atmosfera è conviviale. Non ti senti mai solo. I libanesi non sono chiusi.
Le donne escono in perfetti abiti occidentali. Poi ci sono quelle con il velo. Hanno volti bellissimi.
Pochissimi uomini con la barba. Tante facce che non distingueresti dalle nostre. Auto rattoppate, motorini ma anche Audi e Porsche.
Tanti stereotipi cadono e scopri che le persone non siano così tanto diverse da come pensavi