Quando lasci i percorsi evidenziati nelle cartine perfettamente allineate nelle hall degli alberghi, che riportano negozi e ristoranti che mai frequenteresti, succedono sempre cose interessanti.
Sguardi, vetrine, rughe sfumature, profumi, odori, crepe, dislivelli, le nudità di Sofia, capitale della segreta e temuta Bulgaria, si mostrano con la loro ansia di nascondersi al più presto dai giudizi occidentali.
Una donna porta fuori una pizza da vendere a pochi lev. Due signore discutono davanti a un negozio di capi d’abbigliamento. Nella scuola rimbomba un pallone da basket che prova ad entrare in un canestro troppo alto per dei bambi dalle guance arrossate.
Eppure questo prendersi a pugni tra linee e architetture veterocomuniste e il vuoto cosmico dei tempi moderni, materializzato da negozi patinati e con le scritte perfette resta degno di nota. Non so cosa scegliere. Conoscendomi apprezzo più i rimasugli dell’impero sovietico.