Bella la domanda che mi fate spesso: “perché non scrivi un libro?”.
È una delle cose che vorrei fare, ho tanti appunti sparsi, due storie a metà, ci sto provando. In realtà qualcosa mi blocca, forse il timore di non esser letto da nessuno, forse la paura del giudizio.
Sono immaturo, non ho la continuità, “è bravo ma non si applica” avrebbero detto a scuola, alterno momenti di creatività ad altri di poche parole. Poi non dò spazio alla revisione, opera fondamentale. Butto i testi come fogli dall finestra e spesso ho una vergogna a rileggermi. In poche parole, conosco tutti i miei limiti e so dove dovrei migliorare. Ho il libretto d’istruzioni.
Scrivo meglio quando viaggio, ma non potrei mai permettermi di viaggiare per scrivere, prendere treni, svegliarmi ogni giorno in una cittá diversa e poi fare colazione. Girare e ripartire solo con un pc e una piccola valigia di roba: sarebbe un sogno.
Cagliari non mi ispira, non mi trasmette grandi emozioni. Un mondo strano. Mi ispira più il materiale umano o forse mi manca un posto da cui osservare il mondo, una finestra sulla vita.
Così devo partire. Parto, oltre che per staccare-visitare-vedere un luogo fisico, per rifocillarmi di parole, suoni, immagini. Parto, in poche parole, per scrivere. Vi farà ridere che io spenda soldi per scrivere ma è anche quello uno dei motivi. La mia mente ha bisogno di nuovi stimoli, droghe, allucinazioni…
Io non sono uno scrittore, vagheggio all’idea, figurarsi scrivere una storia o mettere assieme qualcosa. Sono forse uno da racconto breve, fugace, poesia, lettera, articolo, capitoletto. Forse giusto da Facebook. Molti riderebbero se io mi definissi scrittore, direbbero che sono solo uno sfigato presuntuoso e che gli scrittori sono altri, gente seria, che lo sa fare, che frequenta caffè letterari, incontri, mostre, non discoteche e campi da calcio o che usa Facebook in maniera così incontinente.
Eppure ho voglia di scrivere come si potrebbe aver voglia di far sesso: purché possa fare e riceverne piacere. Un bisogno impellente, qualsiasi cosa permetta di mettere insieme delle parole e dei punti e poi vedere come va.
Ho un carattere di merda, è vero. Forse dello scrittore mi prendo tutti i vizi: essere nel mondo ma al tempo stesso essere fuori. Capirlo e non capirlo. Odiarlo e amarlo. Essere insicuro, immaturo, irrazionale e poco incline agli schemi. Produrre simpatia o antipatia ma mai una via di mezzo, mai l’indifferenza. O mi ami o mi odi.
Essere incomprensibile e indecifrabile. Quando pensi di avermi capito ti dò un segnale contrastante. E fare o scrivere tante cose insensate ai più, piangersi addosso e poi volare alto, passare da una bella riflessione a qualche caduta di troppo.
Dicono che scriva bene, tanti mi fanno complimenti, mandano le mail, ma non ci credo in fondo. Lo dicono per rassicurarmi, perché mi vogliono bene. È un libro che dà a qualcuno la patente di scrittore e la fortuna di essere la persona giusta nei giri giusti, di avere uno spazio universalmente riconosciuto nel gotha della letteratura. Se non sei là non conti. Puoi essere un bravo giornalista, pacche sulle spalle, ma se non lavori in un giornale non lo sei, non ti vien riconosciuta dignità. Ecco perché non lo sono.
Questo è uno dei miei limiti con cui combatto ogni volta: scrivere un libro. Eppure sento che mi completerebbe, sento il bisogno di provarci, sento che qualcosa non è stato ancora realizzato.