Tallin è una città che con un po’ di buona volontà, scarpe comode e pochi fronzoli, giri in un giorno.
Dopo una sontuosa colazione negli eleganti e tetri saloni del St Olav Hotel, fatta di salsicciotti, patate, uova, pomodori, olive, pane nero, marmellata di lamponi e cappuccino – non chiedetemi con quale ratio faccia questi accoppiamenti – punto alla collina di Toompea, dove si trova anche l’omonimo castello. Fa freddo, pioviggina e ci sono poche anime che si aggirano per la città e si perdono nel vicoli ciottolosi del centro dove le botteghe artigiane, gli uffici e le scuole ogni tanto nascondono ai turisti – per fortuna! – caffè solitari per trovare rifugio.
Prima tappa è la Cattedrale di Aleksandr Nevskij, una delle Chiese più imponenti della città. Leggo che non sia amata dagli estoni, in quanto è da sempre il simbolo della chiesa russa del paese e del potere dell’impero zarista. Infatti, dal 1944 al 1991 l’Estonia fece parte dell’Unione Sovietica, ma penso lo sappiate o andiamo maluccio. Ci sono 5 grandi cupole, al suo interno è custodita la campana più pesante della città, di ben 15 tonnellate!
Ogni volta che entro in una chiesa ortodossa sono sempre alla ricerca di particolari e differenze con quelle cattoliche, come l’assenza di banchi e la scelta dell’iconografia. Mi inebriano l’odore di incenso e i gesti lenti del prete. Un fedele accende una candela e la colloca in speciali candelabri rotondi disposti di fronte a ogni icona. Poi si segna più volte guardando l’icona, poi la bacia e vi appoggia la fronte per qualche secondo.
C’è un gruppo di donne e uomini che intonano un canto, penso sia un funerale. Ne ho conferma quando all’uscita una bara viene portata fuori da una vecchia auto adibita a carro funebre.
Proseguo facendo affidamento sul mio sesto senso per trovare un caffè vicino a un punto panoramico. Nalg ja janu cafè, così si chiama. Un salotto retrò, comode poltrone, lampadari, oggetti di altre epoche, dove sentirsi al caldo e bersi un bel caffè con una bionda banconiera al bar dallo sguardo di famme fatale di un qualche james bond. Nel parco vicino dei bimbi giocano a nascondino mentre una nonna spiega un giocattolo a forma di camion a una bambina. Dal loro vestiario penso stiano aspettando il bus per andare a sciare, non spiegherebbe tanta attrezzatura! Alla cassa il caffè costa 2 euro cinquanta, sorrido di buon grado, riprendo il cammino mentre la tipa sta cucinando qualche strana zuppa in un pentolone. Non mi stupirei che nel prossimo giro ci fossero dentro proprio i bimbi del parco!
C’è la vicina Chiesa di San Nicola, un vero e proprio museo d’arte medievale, dedicata al santo patrono protettore dei marinai e dei commercianti, uno dei luogi di culto tra i più antichi della città. Al mio ingresso ci son delle donne che stanno pulendo e sistemando gli oggetti sacri con una piccola catena di montaggio attenta. Si fermano e discutono, il tema potrebbe essere che Smac brillacciaio è in offerta speciale al market vicino.
Al suo interno un museo d’arte sacra, con meravigliose opere, principalmente del Tardo Medioevo. Mi affascina la “Danza macabra” di Bernt Notke, uno dei capolavori dell’arte estone (e sì, anche qui c’è arte)!
Scendo gli scalini e riprendo il centro storico da Via Pikk, la Strada Lunga, un strada antica e molto suggestiva, ricca di meravigliosi scorci in cui scattare qualche foto. Il silenzio e il camminare ordinato rende questa atmosfera molto particolare. Questa via è famosa per ospitare le sedi delle Gilde, ovvero le antiche corporazioni della città, un tempo frequentate dai rappresentanti di varie professioni. Non perdetevi la Gilda Maggiore al numero 17, e la Gilda S. Olaf, al civico 24, ovvero la più antica della città.
La Città Vecchia di Tallinn è dichiarata Patrimonio dell’Umanità UNESCO nel 1997. Qui potrete immergervi nell’atmosfera e nell’anima medievale della città. Le auto sono bandite, quindi non avete problemi, è ancora in vigore il motto “il pedone ha sempre ragione”.
Passo spesso, visto che sta vicino al mio albergo, nella Rajekoja Plats, il cuore della Città Vecchia e dove si trova il Municipio di Tallin, che oggi non svolge più alcun ruolo politico o amministrativo, ma viene ospita ricevimenti, cerimonio ed è la sede di un piccolo museo di storia della città. Ancora vicino c’è la Farmacia Raeapteek, una delle più antiche d’Europa ancora attive, il più vecchio esercizio commerciale di Tallinn e da ben dieci generazioni è gestita dalla famiglia Buchard! Costruita all’inizio del 1400, oltre agli arredi originali ha anche un piccolo museo. A solo un minuto si trova la via Vene, l’antica via dei mercanti russi, oggi ricca di botteghe e locali.
Entro in una via laterale che mi ispira poi scopro che sia il Passaggio di Santa Caterina, in estone Katariina käik (ho fatto copia e incolla), uno dei luoghi più affascinanti del centro storico. E’ come fare un salto indietro nel tempo, grazie agli edifici in pietra e alla presenza di antiche botteghe e attività artigiane, dove potrete vedere diversi artigiani all’opera, intenti a lavorare ceramiche o gioielli, oppure a soffiare il vetro. Faccio un po’ di foto, provo a immortalarli e mi stupisco che ancora ci sia questo amore e rispetto per l’arte e l’artigianato. Mi stupisco di tante cose, da viaggiatore. Penso alla decadenza di molti nostri centri, ai nostri artisti e quanto la nostra creatività sia considerata inutile. Penso alla decadenza del mio paese.
Il freddo e la pioggia cominciano a combattere con me. Ma mi piace l’atmosfera, la sento poetica Trovo un ristorante vicino che sta in un piano sotterraneo di un altro passaggio tra le mura, si chiama Munga Helder. Non so se sia la marca di qualche preservativo o altro oggetto sessuale ma lo trovo interessante. Il menù ha almeno un piatto che mi piace della lunghissima e tipica descrizione presente. Penso debbano istituire prima o poi un corso “leggere i menù all’estero” perché ti spiegano tra poco anche chi lo ha cotto.
Al mio arrivo c’è solo la banconiera ad aspettarmi, una stangona di almeno due metri – forse di più, ma non mi avvicino per sicurezza – con occhiali e sguardo dittatoriale che forse si chiede che ci faccia da quelle parti e se non abbia sbagliato posto. Chiedo una birra in offerta, una tartare e un’omelette. Ovviamente se pensi all’omelette non puoi dimenticarti che dentro potrai trovarci tutta la cucina estone! E infatti, più che un’omeletta sembra la mia tasca nei viaggi. Tra un piatto e l’altro passano due secoli circa – ma che starà facendo nel mentre? -. e quando le chiedo il caffè finale – un espresso italiano, con un sorriso per dirle “ohhh fammelo bene!” – mi porta il conto, all’interno di un libro che sembrano le tavole di Mosè – ma del caffè nessuna traccia. Chiedo ancora del caffè, mi risponde ok, caffè, ma non lo porta. Capisco che il conto anticipato era un gentile modo per dire “ma quando te ne vai?”. Allora, mi chiedo: che avrò fatto di male? Forse aver attaccato il cellulare alla presa? Forse essere andato in bagno? Forse aver detto still water? Eppure ho dato fiducia a un ristorante dove non c’era nessuno, se non altri due loschi personaggi che si son presentati dopo, e non mi stupirei se fossero i protagonisti di qualche omicidio efferato in zona.
Riprendo il cammino senza una meta precisa, chiedendomi ancora quale peccato abbia fatto alla tipa del Munga Helder. Torno nelle vie conosciute girando ancora per qualche piazza interessante, come quella della Libertà . In epoca sovietica era conosciuta come Piazza della Vittoria e ospitava le parate per la Rivoluzione d’ottobre. Ora è dedicata a concerti con uno strano e curioso giro di luce pseudopsichedelica nei pali, di ispirazione sovietica, che va a tempo con le campane. C’è anche la grande Croce della libertà, un monumento alla Guerra d’indipendenze estone nel 1918. Di notte, illuminata, ha un aspetto davvero suggestivo.
Manca poco al tramonto, orario 15:30 dal mio iphone, allora un’ultima camminata prima che tutto sia notte anticipata. Cerco poi un caffè con vista sulla città, trovo il Vanalinna Rahva Raamat, che ha dentro una libreria. C’è chi studia, chi scrive e chi chiacchiera. Chiedo alla cassa una cioccolata calda, la signora di rosso vestita mi rispondono con la richiesta del green pass. Che qui non si chiama green quindi quando capisco la parola covid gliela mostro.
Mi siedo fronte strada in comode poltrone, mentre la luce del giorno va via, le auto corrono e si fermano al semaforo e una pioggia fitta inonda le strade. Un caffè anzi una cioccolata in una città sconosciuta, in una sera qualsiasi. Non conosco nessuno, non capisco la lingua. Non è forse questo il senso di un viaggio? Dopo due ore di stazionamento spensierato, tra litigate social, libri e appunti, mentre vedo cambiare i volti dei clienti ai tavoli vicini, scendo al bagno che si trova al piano di sotto. Curiosamente le porte sono indistinte per maschi e femmine. Quando vado via la città è oramai ha un altro scenario. Ho bisogno di caldo e trovo il centro commerciale. Zara, H&M, Adidas, Nike, Intimissimi. Mi chiedo perché ci caschi sempre. La mia permanenza dura il tempo di ritrovare un accettabile calore corporeo e della solita domanda “posso aiutarla?”della commessa di negozio, in questo caso Tommy..
Il centro di Tallin è ora una galassia di luminarie e alberelli a bordo strada, negozi che hanno addobbato le vetrine con cura e poca gente in giro. Tutto fottutamente bello e curato, che ti senti fuoriposto., Torno al mercatino di Natale che alle 18 sta per chiudere. Riesco a recuperare un tazza di vin brûlé che qui penso abbia una temperatura tale da non sfreddarsi nemmeno se lo si porta sull’Antartide. Alle 18:00 stanno chiudendo e pur volendo fare il bis, la tipa mi dice “ci vediamo domattina”. Cosa che avrei fatto subito un post su Fb, ma qui gli orari sono precisi e anche se ti presenti con una banconota da 500 euro non gliene frega nulla. E si gioca d’anticipo. Non è un caso che quando mi presento al ristorante alle otto e mezzo – con gli interni ambientati nel medioevo, sedie di qualche tonnellata e menù pubblicati all’epoca di Re Artu’ – anziché complimentarsi della mia scelta – hai sfidato la pioggia e il freddo e aiuti l’economia estone, benvenuto! – mi avvertano della chiusura tra 20 minuti quindi “sbrigati, eh”. Sempre una bellissima ragazza, ma con gli occhi da belva. Mangio con l’ansia di dover finire e ordinare. Mi sento assillato dalla cameriera che appena nota un gesto di rassegnazione o una pausa interviene sui piatti e li porta via. Prendo un pollo che sembra un caffellatte, visto che i porcini poi sono avvolti da una crema lattiginosa, insieme a un cesto di patate sabbiose. La birra al solito è sontuosa, ma qui è una costante. Scende alla grande. Sarà il piacere del viaggio? Per dolce tortino alle mele glassate con vaniglia. Ma la tipa diventa ansiosa quindi la vaniglia non la finisco. E col caffè arriva pure il messaggio subliminale: te ne devi andare. Rientro in albergo rinfrancato. Vorrei prendere sonno ma la coppia della stanza 202 fa scricchiolare le pareti di legno del vecchio St Olav Hotel con un dinamismo e palleggio da semifinale di Champions league tra squadre inglesi. Dopo circa 13 minuti di ostilità, lei annuncia di esser soddisfatto con un lungo gemito. Lui si mette a tossire poi va a vomitare in bagno. Vorrei aprire la porta e dirgli: signori, domani devo partire, potete scopare in silenzio? Poi dicono che siamo solo noi i maleducati….