Tramonti ad est

L’aeroporto di Verona è uno sputo. Ci trovi un’edicola, un negozio di mutande e reggiseni, una boutuque di roba femminile chiamata camomilla, un bar e un distributore automatico di oggetti elettronici. Cerco un posto, lo vedo e mentre vado al bagno me lo fregano di brutto.

Mi soffermo sulle destinazioni: Cagliari apparirà più tardi. Fantastico su quelle in onda contando dove son stato e dove no. Allora Dublino sì, Londra sì, Roma sì ma non Chisinau e Enfidha. Neanche so dove siano, provo a indovinare. “Si ricorda ai passeggeri che i bagagli lasciati incustoditi possono essere rimossi e distrutti”, ripete la voce all’altoparlante. Una minaccia che non lascia scampo alla disattenzione.

 

Noi sardi siamo dei viaggiatori esperti, e quando viaggiamo soffriamo in tutto e per tutto l’insularità: oltre 160 euro per un volo andata e ritorno ti fa odiare chi per questi anni ti ha rappresentato, ti fa odiare il sistema e tutta la politica locale e romana. Ti fa capire che questa distanza e questo prezzo tarpano le ali, distruggono i sogni, non permettono a nessuno di noi di essere felicemente italiano, ma italiano a metà.

Ho speso meno per andare a Barcellona, per intenderci. Questo prezzo salatissimo limita gli spostamenti e i flussi di idee e ti tiene perennemente lontano dal mondo e dagli eventi, da dove si fa la storia e da dove si decide il futuro.

Ho tanto tempo da perdere. Cerco una rivista ma non ne trovo una interessante. Non ho fame, mi butto su una sedia e guardo il mondo che mi passa avanti. Mi guardo un tramonto a est: un bel controsenso, vero?

Arriverò tardissimo a Cagliari. Tempo di una doccia e forse un’uscita.

 

Intanto grazie a tutti quelli che hanno fatto parte della mia vita in questo primo scorcio d’estate che, come sempre, si vivrà sull’asse Verona-Cagliari fino a fine luglio. Agosto? Ho una tremenda voglia di non star fermo un attimo.

Non sono un animale stanziale, lo ammetto. Dopo un po’ ho bisogno sempre di movimento. Come a tavola: quindici venti minuti e poi non ci sto più.

Monsignor della Casa mi bacchetterebbe ma son fatto così’: il movimento è per me vita, per voi?

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