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Mancanze

Il 24 gennaio sarebbero stati 78 e tu non ci sei. Ebbene sì, parlo di un padre andato via forse troppo presto o amato troppo poco per quanto avresti voluto.
Sembra un’eternità da quel duemilaeundici, la vita è andata avanti, quell’addio mi ha reso coraggioso e più folle nell’inseguire quel che volevo, più pronto al dolore e un po’ meno disposto a perdere il mio tempo se non per le cose che mi piacesse realmente fare. Pecore nere di un’idea, viviamo come scriviamo, aggrappati a una tastiera o su di una una consolle, destinati a non combinarne mai una giusta ma anche ad assaporare quella felicità che poi trovi nei momenti e luoghi inaspettati. E poi ancora la lontananza, la differenza, la malinconia esistenziale.
Un biglietto aereo, un’altra serata, un file da riempire. No, spesso non bastano per colmare tutto.
Ci si sente vulnerabili, sperduti nei traffici dell’anima, meno aperti al compromesso e al ribasso. Il futuro, il passato, i ricordi, le persone che valgono, quelle che sono state un investimento sbagliato, quelle che ti sorprendono, gli errori che fai, gli sprechi di tempo, i treni non presi, le scommesse sbagliate, le amarezze sulla via.

Riflessioni

Mi sto allenando a fare scelte, errori, riparazioni ed altre scelte ancora. Di quelle forti, hai presente? Che non ci dormi la notte e non sai come va a finire. Che riempi i taccuini di appunti e scarabocchi. Con il cuore diviso, il monitor acceso e la paura che diventa azione. E lentamente la codardia diventa coraggio e nuove terre da esplorare sapendo bene che alla fine tutto andrà bene.

El Barrio

Esci di casa, tardi, e vieni travolto sempre dalla vitalità scanzonata del Barrio. Perché il Barrio non è solo un quartiere di Barcelona, ma anche un ideale di vita. È il momento della colazione, che qui è ricca e gustosa.

Tra un volo e un altro

Non so se questa estate tolga o dia di più alla mia vita o sia semplicemente un passaggio necessario verso un altro punto dell’esistenza.

Nel dubbio, mi imbarco, parto e muovo le ali di nuovo.

Il mondo è un televoto

Ci son tante cose che si confondono oramai nel mondo dei djs.

Poi, arriva la Top 100 djs, il valore di un dj che si decide attraverso i voti. Sarebbe stato bello, semmai, che i dj stessi votassero altri dj, ma il mondo oramai è un televoto continuo.

Qualsiasi mediocre in ogni campo artistico, se ci pensi, può benissimo comprare voti. Basta che abbia un nutrito seguito. E il valore? Un’altra volta.

Djmag, ennesima delusione!

C’era una volta…

Lei è Anna Rosa, gestisce una lavanderia vicino a casa mia, a Milano. Dall’accento direi calabrese o pugliese ma potrei sbagliarmi come sempre. Una delle tante persone che rendono questo posto un magnifico concentrato di appartenenze, di lingue e culture. Sud, Oriente, Africa, Est, Ovest, colorano e danno un cosmopolitismo che ti affascina e ti stupisce. Perchè accade che puoi sempre incontrare persone diverse da te e mettere in gioco il tuo presunto etnocentrismo.

Anna Rosa, abiti fantasia, poco trucco, occhiali per vederci da vicino,bicipiti pesanti, collane e anelli, mi ha ricordato le vecchie lavanderie sotto casa, come quella in via Val d’Elsa, con loro inconfondibile profumo, gestite da signore che hanno speso un’esistenza per farle vivere, di cui ti fidi perché sai che lavorano con amore e non solo per guadagno.
Non hanno insegna e sollazzi, solo profumo che invade il vicinato.
Entrare nel suo regno, concentrato di abiti ordinati e piegati con grazie e poi appesi con nylon e numerino di riferimento celeste in ogni pertugio possibile, santini di madonne e protettori beati e cartelli con un italiano approssimato è un po’ tornare indietro nel tempo.
I suoi modi cordiali e tranquilli così come la sua calma nello stirare, fare i conti con il registratore di cassa, decidendo poi l’arrotondamento e nel compilare le ricevuta raccontano di chi non si è fatto ancora coinvolgere e cambiare dalla velocità dei tempi.

In questi piccoli negozi, nati in tempi lontani e rimasti sempre uguali, resiste ancora il rapporto personale, l’attesa, la fiducia, il tempo che non passa mai.
È come un piccolo flashback che mi ritrovo a fare, con piacere, ogni tanto. E resto estasiato da come comunque questi luoghi nascondano una semplice magia, una resistenza senza rabbia e forza al cambiamento.

Fare il Dj

Fare il dj non è solo salire sulla consolle, essere conosciuto e mettere tutto il tuo intuito e genio per far divertire la gente (e non è detto che si riesca). Delle serate mi piace notare i particolari e ricordarmi gli intrecci: i genitori che aspettano con ansia i figli all’uscita, i miei litigi con il computer, vedere in azione i colleghi amici dj e la loro diversa concentrazione e linea musicale, gli abbordaggi spesso improbabili in pista dei clienti, il mare che luccica e la luna sullo sfondo di ogni notte d’estate, i profumi dei paninari all’uscita e le tante persone che ti fermano in serata, un saluto nella loro gestualità e due parole sempre da condividere, o una foto, spesso anche chi non ti aspetti che pure ti segue e sa tutto di te tramite i social.

La musica e quella euforia poi si dirada quando accendi il motore e la serata diventa un file da archivio dei ricordi. E non puoi che ringraziare che tutto questo continui ad accadere.

Felicità

Felicità è un papà e una figlia che vanno in bici a scuola, casco in testa e semaforo rosso.
Felicità è una barista che disegna qualcosa su un cappuccino di primo mattino.
Felicità è un giardiniere che con arte rifinisce una siepe.
Piccoli gesti che puoi cogliere se solo guardi un po’ di più in giro
Felicità è una coppia vicina a te in auto, che canta all’unisono una canzone mentre va al lavoro o chissàdovenonloso.
Felicità è un ragazzo che in bermuda e ipod attraversa la strada con passo felpato e sguardo furbo.
Felicità è un’amica che abbraccia la collega al bar con un sorriso lucente…