Lei è Anna Rosa, gestisce una lavanderia vicino a casa mia, a Milano. Dall’accento direi calabrese o pugliese ma potrei sbagliarmi come sempre. Una delle tante persone che rendono questo posto un magnifico concentrato di appartenenze, di lingue e culture. Sud, Oriente, Africa, Est, Ovest, colorano e danno un cosmopolitismo che ti affascina e ti stupisce. Perchè accade che puoi sempre incontrare persone diverse da te e mettere in gioco il tuo presunto etnocentrismo.
Anna Rosa, abiti fantasia, poco trucco, occhiali per vederci da vicino,bicipiti pesanti, collane e anelli, mi ha ricordato le vecchie lavanderie sotto casa, come quella in via Val d’Elsa, con loro inconfondibile profumo, gestite da signore che hanno speso un’esistenza per farle vivere, di cui ti fidi perché sai che lavorano con amore e non solo per guadagno.
Non hanno insegna e sollazzi, solo profumo che invade il vicinato.
Entrare nel suo regno, concentrato di abiti ordinati e piegati con grazie e poi appesi con nylon e numerino di riferimento celeste in ogni pertugio possibile, santini di madonne e protettori beati e cartelli con un italiano approssimato è un po’ tornare indietro nel tempo.
I suoi modi cordiali e tranquilli così come la sua calma nello stirare, fare i conti con il registratore di cassa, decidendo poi l’arrotondamento e nel compilare le ricevuta raccontano di chi non si è fatto ancora coinvolgere e cambiare dalla velocità dei tempi.
In questi piccoli negozi, nati in tempi lontani e rimasti sempre uguali, resiste ancora il rapporto personale, l’attesa, la fiducia, il tempo che non passa mai.
È come un piccolo flashback che mi ritrovo a fare, con piacere, ogni tanto. E resto estasiato da come comunque questi luoghi nascondano una semplice magia, una resistenza senza rabbia e forza al cambiamento.