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Arrivederci Praga

Colazione, un po’ di lavoro sul macbook, bagaglio da rifare.
È una mattina sempre fredda quella della partenza. Il tempo corre veloce. Rumori di colazione in preparazione dalla sala, mi godo l’ultimo calore del letto. Aggiorno pagine e siti che seguo togliendo ogni traccia di festività passate. Una suoneria di vecchio Nokia rompe il silenzio insieme al ticchettio disordinato del cavo che tocca sulla bottiglietta d’acqua sul comodino. Apro la finestra: cielo scuro sui palazzi marroni di edilizia rigida. Controllo il cellulare: scarico.

Dopo aver perduto il caricatore del Macbook, ieri, una presina usb è partita. Per fortuna ne ho una di ricambio, ma pare che ad ogni viaggio debba fare i conti sempre con qualcosa che perdo o si fulmina. Oramai la lista è lunga. Prese, caricatori, cavi. Una maledizione.

Apro l’acqua della doccia, inondo il bagno di vapore e mi butto dentro. Poi mi chiedo: a che serve lavarsi e farsi belli e carini prima di un viaggio se tanto puntualmente dopo 5 minuti sarai sudato, i capelli scombinati e ti sederai in ogni posto immaginabile, compresi pavimenti dell’aeroporto?

Scende una neve dolce e soffice in questa fredda mattinata di Praga.

Fatto il check out, ho camminato per le vie del centro accompagnato dal rumore del trolley. Intorno a me la città riprendeva a vivere senza stress. Tutto sembrava seguire un ritmo regolare e rilassato. I tram vomitavano e ingoiavano gente alle fermate, le auto scorrevano, le massaggiatrici thai in attesa di nuovi clienti sedute davanti ai lettini, gruppi di turisti preceduti dall’accompagnatore con l’ombrello alzato aspettavano disposizioni, i negozi sputavano musica rabbiosa. Pitbull, Alesso, le ultime hits, sparate senza pietà da casse installate all’esterno.

In tutto questo, nessuno si curava del freddo e della neve e, pur essendo affollato, anche questo centro teneva un suo strano silenzio capace di farti distinguere ogni rumore.

Atterraggio.

Giubbotti dentro le cappelliere e fanculo se non c’è posto per i bagagli, urla, schiamazzi e applausi. Non ci metti molto a capire che stai tornando in Italia.

Sezione arrivi. Dopo essere sbarcati e rientrati in stazione, un breve percorso e si apre la porta. Esci dalla zona protetta. Sembra la porta dell’inferno. Aeroporto di Bergamo. Abituato ai ritmi tranquilli di Praga, ritrovi in un attimo tutta l’Italia. La sciatteria della gente, lo squallore in ogni forma, le urla di famiglie che litigano, le anime in pena alla ricerca di un’informazione, il caos che avvolge tutti, stranieri compresi, e l’immancabile ritardatario che corre e salterà le file. Mi nutro di coraggio, chiudo gli occhi, respiro forte e volo al controllo bagagli, visto che non hanno ancora ipotizzato che qualcuno potrebbe farci solo scalo. Invece si deve risorbire la fila. Bentornato, ancora una volta.

"Barcellona, vai ancora là?"

Certo che cambia tantissimo il clima tra un volo Ryanair e uno di qualsiasi altra compagnia, già dal gate di partenza a Elmas, che magari sta nel primo piano con accesso diretto al velivolo e non dal basso, dopo la classica attesa snervante nel corridoio e la camminata in pista.
Volo pieno a metà, d’altronde chi va ora a Barcellona dopo la baldoria? Gli sconfitti come me, attaccati all’offerta low cost quando la festa è finita e vedi solo il resto.
Ora tutti tornano, immagino cosa debba essere il volo da Girona, truppe di persone ben vestite con buste pesantissime trofeo dello shopping e racconti di gesta epiche e applauso stile curva nord.
Qui la calma regna sovrana. Divido la fila di posti con una bella ragazza che come me legge un libro. Non capisco il titolo. Io pure vado avanti con il mio, l’Estate di Ulisse Mele un noir di uno scrittore sardo, Roberto Alba, che ho pure intervistato su radio Sintony. Ride ogni tanto.
Il posto al centro è vuoto: c’è il mio giubbotto e il suo. Il caldo è tanto: usa come ventaglio uno di quei cartoncini con le disposizioni di sicurezza in volo così che il suo bel profumo inonda il mio posto. Io provo a occupare il tempo con cose inutili: leggo, ascolto musica, rifaccio le playlist del mio ipod. Voliamo tra passato e presente. Il mondo pare attenderci. Ci accontentiamo di poco.
Eccoci, il bip annuncia che stiamo scendendo verso Barcellona. Le luci sono tante. Registro conversazioni di altri passeggeri dietro di me che probabilmente ci vivono e vantano Barcellona come posto fantastico, seconda casa. Mi ritrovo. Le conversazioni tra viaggiatori in Spagna e semplici turisti del weekend sono davvero diverse. I secondi liquidano tutto a disco e calcio. Troppo poco per capire quanto in un viaggio ci sia da apprendere.
Annuncio con le disposizioni di atterraggio, spagnolo e inglese. Ci sono sei gradi a terra. Già lo sforzo per capire le parole pronunciate riattiva il mio cervello sopito da settimane di accallonamento. Nessun applauso. Si scende con tranquillità, nessuna scena da arrivo Ryanair. El Prat è semi deserto, pavimenti lucidi puliti, vetrine illuminate e resti di Natale. L’autobus aspetta. Direzione Plaça de Catalunia.

“Barcellona, vai ancora là?”

Certo che cambia tantissimo il clima tra un volo ryanair e uno di qualsiasi altra compagnia, già dal gate di partenza a Elmas, che magari sta nel primo piano con accesso diretto al velivolo e non dal basso, dopo la classica attesa snervante nel corridoio e la camminata in pista.
Volo pieno a metà, d’altronde chi va ora a Barcellona dopo la baldoria? Gli sconfitti come me, attaccati all’offerta low cost quando la festa è finita e vedi solo il resto.
Ora tutti tornano, immagino cosa debba essere il volo da Girona, truppe di persone ben vestite con buste pesantissime trofeo dello shopping e racconti di gesta epiche e applauso stile curva nord.
Qui la calma regna sovrana. Divido la fila di posti con una bella ragazza che come me legge un libro. Non capisco il titolo. Io pure vado avanti con il mio, l’Estate di Ulisse Mele un noir di uno scrittore sardo, Roberto Alba, che ho pure intervistato su radio Sintony. Ride ogni tanto.
Il posto al centro è vuoto: c’è il mio giubbotto e il suo. Il caldo è tanto: usa come ventaglio uno di quei cartoncini con le disposizioni di sicurezza in volo così che il suo bel profumo inonda il mio posto. Io provo a occupare il tempo con cose inutili: leggo, ascolto musica, rifaccio le playlist del mio ipod. Voliamo tra passato e presente. Il mondo pare attenderci. Ci accontentiamo di poco.
Eccoci, il bip annuncia che stiamo scendendo verso barcellona. Le luci sono tante. Registro conversazioni di altri passeggeri dietro di me che probabilmente ci vivono e vantano Barcellona come posto fantastico, seconda casa. Mi ritrovo. Le conversazioni tra viaggiatori in Spagna e semplici turisti del weekend sono davvero diverse. I secondi liquidano tutto a disco e calcio. Troppo poco per capire quanto in un viaggio ci sia da apprendere.
Annuncio con le disposizioni di atterraggio, spagnolo e inglese. Ci sono sei gradi a terra. Già lo sforzo per capire le parole pronunciate riattiva il mio cervello sopito da settimane di accallonamento. Nessun applauso. Si scende con tranquillità, nessuna scena da arrivo ryanair. El Prat è semi deserto, pavimenti lucidi puliti, vetrine illuminate e resti di Natale. L’autobus aspetta. Direzione Plaça de Catalunia.

Oggi, il nuovo viaggio

E poi arriva anche il giorno del tuo nuovo viaggio. Mentre gli altri frastimano che la festa è finita, tocca a te mollare gli ormeggi.
Preparo un bagaglio più leggero possibile eliminando il superfluo. Non voglio nulla di pesante, la leggerezza, metafora di vita.

Si torna a casa (Barcellona) e poi un nuovo posto (Praga).
Staccare del tutto? Il mio macbook non mancherà e continuerò a lavoricchiare anche fuori, da buon nomade digitale. E racconterò il viaggio come sempre.

Ora che lo sapete, cancellatemi se non ve gusta, seguitemi se vi aggrada. L’ho detto, eh.

Ripartenze

“Io, vagabondo che son io” si potrebbe dire. O come ho scritto giorni fa, nomade digitale. Prendo il volo e riparto. Finito il breve weekend in Sardegna, tutt’altro che riposante: due giorni al Poetto per il beach soccer della Figc (a proposito, grazie a tutti), il matrimonio di Stefano e Barbara e il pranzo con i parenti. Chi si è fermato? Nessuno.

Aereo ore 7, destinazione Verona. Senza tregua. Poche ore di sonno e tanta energia in corpo. Un weekend che mi è costato pure una multa e meno due punti per una sosta in zona bus. Purtroppo, ma accettiamo.

Alcuni lo chiamano egocentrismo, io lo chiamo semplicemente entusiasmo. Di fare, di non rinunciare, di vivere, anche a costo di perdersi per obiettivi sempre più grandi. Partenza, tosse asmatica, solita levataccia. Volo al check in, voce rauca, abbronzatura parziale. Rush finale dell’animazione. Nulla è perfetto, ma chissenefrega. La felicità è sempre una scelta, non una casualità.

In bilico prima di una partenza

Torno a casa, rimetto a posto la valigia, sono in paranoia come sempre prima di ogni viaggio quando sei in bilico tra un posto e l’altro, quando il viaggio è lo spartiacque tra un periodo di vita (e lavoro) e un altro.

Inizia l’estate 2.0, fino a luglio. Tornerò qualche giorno, probabile, ma per il resto ci si vedrà ai primi di agosto.
Ho un’ora scarsa di sonno, poi volerò all’aeroporto. Ma volevo scrivere due cose, due, come sempre.

Ho il ricordo di una bella serata, di tanta gente, di facce diverse e musica in posti diversissimi non solo geograficamente. Sono passato dagli anni 70 del Movidiparty a Skrillex al Kimiya, per intenderci.

Poi incontri, fortuiti. Di un amico che dopo anni che non ci si vede mi ferma e mi racconta che mi segue spesso su facebook: “quel che scrivi apre la mente – mi dice – è un bel punto di vista rispetto alla massa”. Parole che, lo ammetto, volevo condividere con voi, perché danno forza ed energia specie per chi vive perennemente in bilico come me.

Poco tempo e si cambia latitudine e paesaggio. Decisamente. Campi sportivi, baite, vallate e radure. Verde, niente mare, ma cieli azzurri e rapidi temporali. Poco tempo per riposare, c’è subito da fare domattina.
A quest’ora sarò in un posto bellissimo, ma anche il tramonto oggi, è stato fantastico, giusto un arrivederci.

Un altro viaggio comincia

È destino che malgrado mi organizzi per tempo nelle ultime ore prima del volo succeda sempre qualcosa. E così è successo anche oggi, dei documenti mancanti per una collaborazione mi hanno fatto accelerare tempi e battito cardiaco. Read More