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Crisi comunicativa (da coronavirus)

Nessuno nasce preparato alla gestione comunicativa di una crisi, men che meno per un’emergenza di questo genere.

Le Istituzioni, come ho sempre affermato, sono da anni indietro sul lato comunicazione e ora sono state obbligate – con la sensazione di proprio non volerlo fare, tipo quando ti invitano a una festa e tu fino all’ultimo non vuoi uscire e se ci vai tieni il muso – a dover colmare gap epocali ed errori, facendo fronte a uno scenario nuovo.

E’ stata la prima emergenza importante ai tempi della disintermediazione generata da fonti di informazione secondarie, in particolare i social e le applicazioni messaggistica personale, che oramai vengono utilizzati dalla larga parte della popolazione.

“La comunicazione, e mica sarà un’urgenza!”, quante volte abbiamo sentito questa frase nel nostro piccolo mondo lavorativo?
“Perchè investire in comunicazione, me la faccio da me!”, e questa?

Molti operatori politici e istituzionali hanno pensato che si potesse ragionare ancora con gli schemi di decenni fa: comunicati stampa, articoli preconfezionati, interviste tv, magari anche i segnali di fumo. Sui social, tanto “ci sono i ragazzini e gli incazzati”. O i webeti.

Invece no, il mondo è cambiato. Da troppo tempo. E la comunicazione è un aspetto delicato, fondamentale, che fa la differenza. Non è un gioco da ragazzi o un passatempo.

In tutto il periodo in cui le istituzioni hanno dovuto capire che i social fossero importanti e si son dovuti riorganizzare con soluzioni d’emergenza – homemade tipo quando non sai cucinare e devono arrivare gli ospiti e allora scongeli la pizza – i cittadini si son trovati nel caos.

Caos dovuto all’infodemia da una parte (lo scenario nazionale e il mondo dell’informazione) e la povertà di informazioni dall’altra (le istituzioni in Sardegna). Risultato? Paura e incertezza e ricerca di informazioni in ogni dove, alimentando dubbi e fake news.

Pagine facebook organizzate last minute, siti improponibili, video creati senza preparazione, parole nell’aria senza un minimo di attenzione alle formule e ai toni: anche semplici strumenti comunicativi sono stati utilizzati perché “si doveva” non tanto perché se ne conoscesse il valore e il fine.

E così sono andati avanti toni sensazionalistici, dichiarazioni, appelli, urla, parole d’ordine che sembrano più da campagna elettorale o da chiamata alle armi che da comunicazione in crisi.

L’assenza di obiettivi chiari e di un piano comunicativo, di persone che coordinassero e filtrassero gli umori o ordinassero dati e informazioni ha fatto il resto, generando confusione e disordine, lasciando scorrere come un fiume in piena l’onda emotiva.

Alla fine, quello che trapela oggi è solo caos, umore, rumori di fondo, parole contraddittorie e improvvisazione.

Eppure si poteva e si doveva fare altro: meno allarme, meno emotività, più coordinamento, semplicità, chiarezza e puntualità.
Far sentire le istituzioni vicine, raccontare le opportunità, valorizzare le buone pratiche. Trasmettere fiducia e sicurezza, delineare i percorsi, non solo alimentare paura e sfiducia a un’opinione pubblica fatta di UOMINI e non solo di deficienti. Che stanno vivendo una situazione mai nemmeno immaginata.

E non sarebbe stato male nemmeno un sito per coordinare e gestire le informazioni, una sorta di piattaforma digitare in cui convogliare notizie, dichiarazioni, dati, ma anche testimonianze positive.

Tutto questo, purtroppo non è stato fatto ed oggi si può solo restar fermi all’ennesima diatriba politica, se sei di destra o se sei di sinistra, bravi clap clap, impallinare chi prova a ragionare nel caos e offrire le sue idee, tacciandolo di intelligenza col nemico (il virus) e di poco rispetto per le vittime e per chi lavora negli ospedali. Formula talmente vecchia che nemmeno chi la dice ci crede.

 

 

Una nuova normalità

Day8. Quando finirà tutto? Me lo chiedo ogni sera, quando il silenzio e i pensieri prendono il sopravvento.

Non sarà facile, non illudiamoci. Non perchè non sia aspetti il meglio ma perchè provo a leggere tra le righe e prevedere gli scenari. Felice di sbagliarmi. Il nemico ogni giorno assume una forma informe: non lo vedi e non lo tocchi. Non capisci come si muova.

Come dicevo oggi – e vi consiglio l’intervista con la psicologa Alessandra Pontis – abbiamo da considerare non solo le questioni economiche e democratiche ma la tenuta emotiva e psicologica di tutto.

Ci sono 3 scenari:

– il contagio comincia a scendere;

– il caldo;

– la scoperta di un vaccino;

Intanto cadono certezze su cui per cui ci siamo divisi. L’Europa non considera più Schengen, addio patto di stabilità e ogni paese se n’è fregato degli altri. Tutti liberi, come poteva immaginarsi. La Saregna si isola, raggiunge una quasi inattesa indipendenza.

Si dice che nelle grandi crisi emergano le persone: lo stiamo vedendo ad ogni livello.

È una nuova epoca che si apre, un post terremoto, un day after e dobbiamo focalizzarci anche sul dopo che arriverà: paradigmi muovi che già stiamo vivendo.

Continuo ad asserire che nulla sarà come prima, nonostanre vecchi rottami si muovano su stessi paradigmi.

Le nostre vite non saranno più le stesse. Cambieranno la nostra socialità e le nostre abitudini. Per quando? Io comincio a pensare al post emergenza anche perché sarà impensabile paralizzare tutto per molto, non solo le persone. Bisognerà farsi trovare pronti, però. Quando, richiedete? Che ne so, rispondo.

Magari il contagio sarà una costante con cui convivere, e si troverà un equilibrio, una modalità di gestione, a costo di pesanti sacrifici e rinunce, anche sociali.

Forse riusciremo a uscirne a un certo punto, ma non potremo mai abbassare la guardia.

Abituiamoci allora a capire questo. Non troveremo quello che c’era ieri, ne son certo, non abbiamo messo il tasto PAUSE, ma la nostra più grande vittoria sarà trovare una normalità seppur diversa. Che non è nemmeno così tanto scontata.

Coronavirus e mondo della notte

Lo so che non uscire nel weekend e la sera ci pesa tanto. Pensa a me che da anni faccio il DJ! 😟

Mah, leggi un attimo. 🙃
In nessun decreto c’è scritto che non si possa uscire, ma bisogna avere ATTENZIONE.

☝️Chi non sta bene deve starsene a casa, anche se ha qualche linea di febbre. Contattare i medici nei casi importanti.
☝️Gli anziani e gli immunodepressi devono evitare il più possibile di uscire. Sono le categorie a rischio contagio. E noi dobbiamo tutelarle con i nostri comportamenti.
☝️Chi arriva da zone a rischio del Nord Italia deve contattare gli operatori sanitari e stare a casa per 14 gg obbligatoriamente, senza nessuna altra disposizione. Deve farlo, stop.

😎Chi sta bene può uscire con responsabilità.

🏖🏕⛲️Quanti spazi all’aperto ci sono? Quanto è bello vivere in Sardegna? Siamo pochi e abbiamo molto.
Puoi far passeggiate, correre, stare in giro. O leggerti un libro, lavorare a casa. Guardarti un film, riscoprire una passione.
Sfrutta l’occasione.
Puoi anche andare nei locali aperti e che rispettano le disposizioni di Legge.

🔺DA EVITARE
Qui c’è da fare qualche sacrificio. Stare vicini, gli assembramenti, i contatti, i baci, gli abbracci, le strette di mano, i locali affollati e che non rispettano la distanza di un metro (in generale locali affolati). Anche se sono alla moda e c’è la gente troppofigga.
Stare a un metro di distanza, così complicato? Proviamoci!

💪Premiamo i locali e gli imprenditori che aprono responsabilmente rispettando regole e distanze. Anche loro fanno sacrifici.
Se non ci fossero opportunità di uscire o trovare un locale adatto, stiamo a casa o all’aria aperta.

☝️Agli studenti: NON è una vacanza da scuola. È un periodo eccezionale e grave. Siate attenti, rispettare le norme e non fregatevene. Avete la responsabilità della salute dei vostri parenti più anziani e di chi è in malattia!

🙌🙌🙌Sarà dura ma ce la faremo tutti insieme. Contaminando anche gli altri con la forza della ragione e del buonsenso. 🇮🇹😇

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