Felicità è anche svegliarsi in un’altra città, lontana e diversa, con la curiosità del viaggiatore senza troppe certezze. Assaporare il ritmo lento del mattino, rumori e silenzi inediti, iniziare a preparare gli occhi e lo spirito per un mondo nuovo.

E allora benvenuti nella capitale ecologica, sostenibile e verde, dove tutto è armonioso, bello ed è all’insegna del pratico e del riusabile. Il risveglio è quantomai dolce nel mio lettone dell’affittacamere (che pare una reggia). Monique, la padrona, una bellissima donna di 50 anni, è prodiga di attenzioni. Ieri mi ha atteso fino all’una di notte e stamattina ha preparato una colazione con i fiocchi per me e l’altra coinquilina, Catherine, che arriva dalla Germania.

Questo affittacamere si nasconde in un anonimo palazzo leggermente decentrato, quartiere Vasastaden, ma ha tutti i crismi per essere un posto bellissimo e dove star bene. La colazione è un pranzo: caffellatte, uova, prosciutto, pane a volontà, spremuta d’arance, di mirtilli, formaggio e confetture. Monique si ferma a parlare con me, racconta i suoi viaggi in Sardegna e mi spiega un po’ Stoccolma. Mi presta la tessera per i musei e una carta ricaricabile per i bus. Catherine ci raggiunge dopo e anche con lei si apre una bella chiacchierata che mette alla prova il mio inglese. Alle 10, dopo aver ampiamente e vergognosamente recuperato la cena (ho mangiato di tutto), una doccia veloce ed esco.

Taglio in due la città, prendo la via dello shopping (Drottingg) e arrivo fino al quartiere vecchio da dove vi scrivo. Il tempo non è dalla mia: fa freddo e quel che è peggio piove. Ma l’atmosfera bella e tranquilla di Stoccolma ripaga.  È strano il ritmo di una metropoli: non c’è troppo rumore, la gente è come sempre cortese (tutt’altro che fredda) e tutto sembra essere così perfetto da dar fastidio. Sono in Stortorgen, di fronte al museo che ospita la consegna dei nobel, al Kaffekoppen, davanti a un mocaccino.

Eccomi qui, come sempre, perso in una qualche capitale europea, a guardare il mondo che passa e forse anche un po’ me stesso.