hardwellSveglia alle 6, suono di campane dell’iphone.

Ho dormito poco, come prima di ogni partenza. Volo in doccia, il vapore mi abbraccia e non mi vuole piu mollare. Tosse secca, tipica dell’emozione del viaggio. Fuori è buio, freddo cane: prendo la macchina, direzione aeroporto. Zig zag con i tombini in viale Elmas ed ecco da lontano l’aeroporto con le sue luci. Parcheggio. Poca gente, mi avvio al controllo, il volo attende in orario: destinazione paradiso, o per meglio dire Fiumicino.

Ogni tanto metto da parte qualcosa e volo via, è l’unico modo per fuggire dalla “cagliarinconia”: così lo chiamo quel misto di noia e di tristezza che avvolge la nostra città. Stavolta vado a vedere un giovane dj tedesco, Hardwell, numero 6 della classifica di Dj Mag (una sorta di top chart dei mostri della consolle).

Prima a Roma venivo per manifestazioni e politica, oggi per la musica. Come cambia il tempo, come cambio io. E potere credere che sia peggiorato, non importa.

Si arriva puntuali, volo semivuoto, 45 minuti. Pullman da Fiumicino alla Capitale. Ci aspetta il freddo pungente. Troviamo l’albergo, proprio vicino alla Termini. Nella reception un filippino, inizialmente dai modi bruschi, poi s’addolcisce. Oramai sta diventando romano a tutti gli effetti. La camera è semplice, ma calda e accogliente. Metà mattina e si va in giro.

Per Roma ascolti tutte le lingue del mondo, incroci facce che non vedrai più. Le piazze scorrono via, si cammina molto, si mangia un panino al volo zona Piazza Venezia e c’è tempo per un caffè caldo (e costosissimo) di fronte al Pantheon, osservando curioso e triste miserie e nobiltà di un’Italia che non esiste più.

Ancora poche ore e poi sarà solo musica, tremendamente musica.

Ogni volta che viaggio mi carico di idee ed energie ma quando rientro mi confronto con tristezza e chiusura mentale…ma la notte romana sta per iniziare tra qualche ora, penso: goodbye malinconia.

La temperatura scende ancora e pare che stanotte qui a Roma andremo a quota zero. Il mio giubbotto un po’ ingombrante è una piccola casa viaggiante, soprattutto quando alzo il cappuccio e decido di alzare una piccola barriera col mondo.

Dopo aver girato per le vie del centro circondati da vetrine di lusso e da piazze che si alzano con la loro meraviglia di spazi e maestosi palazzi, caffè di gente sorridente e auto istituzionali, si torna in albergo tra autisti di bus che non vedono l’ora di finire la serata e gruppi di persone di ritorno dallo shopping.

La stazione è un maestoso parallelepipedo bianco che campeggia la piazza. Intorno al caos dello snodo più importante del centro Italia ci sono loro, gli eterni viaggiatori, quelli che hanno sempre la borsa, piccole formiche ansiose aspettano il loro treno o forse vogliono semplicemente fuggire da una sera di solitudini in una città troppo grande per il loro piccolo cuore. Un barbone cerca di ripararsi sul ciglio della strada, incurante del resto del mondo che gli passa accanto. Luna piena, cielo terso. Ci si prepara per una lunghissima notte. Una doccia, un aperitivo e una cena. Poi si volerà zona Eur.

Tra le contraddizioni della capitale camminando in questa fredda notte di gennaio, le luci della città e i volti ridenti del sabato, e poi i tantissimi senzatetto negli angoli delle strade. Non ricorderò solo una bella serata in disco ma anche queste istantanee di vita.

La metrò è semivuota: pochissima gente dentro, l’idea della tristezza di un sabato notte in una metropoli. Fermata PalaEur, si scende nel quartiere avveniristico, grattacieli e grandi strade. Giusto 500 metri e si arriva allo Spazio Novecento, una immensa struttura che ospiterà la serata. Da lontano svetta. Si fa la fila e poi si entra. La sala è grande, stretta e lunga, già a mezzanotte è gremita. Non c’è predisco, preserata, riempipista come tradizione da noi: il ritmo è già forsennato, tra i 128 e 130. L’età è bassa. Il volume è altissimo, la gente balla senza tregua. Reggere questi ritmi non è cosa facile. Ci vuole cuore.

Ti travesti da cliente e pensi anche alle sottili differenze:

– per 25 € vedi a Roma Hardwell in una disco con impianto e luci degni di tale nome;
– per 15/20€ vedi a Cagliari gente sui tavoli fashion elegante, frastimi all’ingresso, ti rubano la roba e se sei fortunato ti becchi pure il dj ciappuzzo premiato perché fa rientri.

Prendiamo posto in un privè, a pochi metri dalla consolle. Un megaschermo illumina la sala, coadiuvato da un sistema di luci che segue perfettamente il suono. Faccio amicizia con tutti. Pian piano l’emozione cresce. Il sound è talmente forte che trema la mano e pure il cuore. Entra in consolle Hardwell, martella di brutto, unisce produzioni proprie a remix di pezzi pop. Quando arrivano i tormentoni, i pezzi noti dai frequentatori della disco, c’è un immancabile boato.

Cellulari al cielo, balli, libertà, corpi. Tutti uguali, ricchi e poveri, belli e brutti, via i problemi e la mente gira. Così come il cuore, attimi di tachicardia. Un altro mondo rispetto a certe tristezze nostrane, questo Spazio novecento mi ricorda molto lo Tsunami (chi l’ha vissuto come me da dj o da cliente capirà…).

Il giovane dj, faccia da bravo ragazzo, non si risparmia, prende il microfono e incita la folla. Make some noooooise! E ci va giù. Non accade come a Chiagliari che i pr vadano ora a chiedere  “oh metti un po’ di commerciale”. Più martella, più la gente gradisce. Poveri i timpani. Una carica di energia e vitalità che mi rende euforico per ore e ore.

Si va via verso le 4,30, taxi abusivo che corre, prende diversi rossi e si torna in albergo. C’è un’oretta per rilassarsi, poi abbiamo il pullman per Ciampino.  Incrociamo altri amici che erano in disco con noi. Qualche battuta ma c’è solo voglia di casa.

Il volo dura l’attimo di una dormita. Penso solo al momento in cui avrò il mio letto. Ci risveglia la hostess di Ryan Air che per vari minuti comincia un sermone lunghissimo e snervante, tra oggetti in vendita, sconti, lotterie e norme di sicurezza prima dell’atterraggio.

L’aereo tocca terra, la strombazzata di Ryan Air, finalmente nessun applauso a bordo, nessun fintovip (sono triste quindi), tanta stanchezza. Scaletta, il tiepido sole di Elmas, la strada di casa mentre le orecchie funzionano ancora a metà. Resta una dose enorme di adrenalina in circolo nel corpo che dà lentamente spazio alla stanchezza e al pensiero già del prossimo, tra meno di una settimana, da un altro dj (David Guetta) a Milano e poi in Portogallo.

Non importa se mi sento sempre più un cittadino del mondo e meno cagliaritano e guardo la mia piccola realtà sempre con occhi nuovi e diversi.

Io e la musica, “due destini che si uniscono stretti in un istante solo…”

P.s. Grazie allo staff dello Spazio 900 per l’ospitalità, a Samu e gli amici di Roma e naturalmente ai miei compagni di viaggio Fabio il barman, Francesco l’ex Pr, Marco il p.r., Andrea il panettiere e al ritrovato Alberto “batterista”… bella cricca!

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