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Da Tallin a Roma, il rientro in Italia

Quando vado via da Tallin sono le otto e mezzo e mi attendono tre di volo. Finisco die libro, ne inizio in terzo. Il tuoi vicini a me è estone che avrà speso almeno duecentoeuro tra . Sguardo fulmineo, lo avrei visto bene nel remake di Arancia Meccanica. Guarda un video lunghissimo sulla preparazione di auto e motori. Non capisco bene ae quel faccione che c’è sul tabley sia sempre lui. In tre ore l’equipaggio di Ryanair può proporti di tutto: toast, croassant, panini, “bevande calde e fredde” mi piace quando lo dicono, biglietti di lotterie, raccolte punti, ingressi in disco, pentole a pressione ed enciclopedie. Ma io son nel mio mondo mentale di cuffie airpods 2 e pensieri sparsi, nonostante fuori ci sia nulla e giusto qualche turbolenza. Che sul finale fa sballottare l’airbus.
Non ho lasciato testamento quindi per questa volta non ho voglia di morire, ma intanto faccio l’elenco delle cose da portare in caso di ammaraggio. Almeno il cellulare, dai, potrei salvare le foto. O in caso di disastro che bello sarebbe se lo trovassero e leggessero le mie ultime note e i video del volo!
È solo pioggia, un temporale e all’arrivo a Ciampino diventa già passato. Gli orologi tornano indietro di un’ora, scrivevo dal futuro.
La quiete tallinica è un ricordo. Esco nei parcheggi e tra taxi in offerta, cartelli con nomi disparati e autobus, urla da mercato in inglese che nemmeno quando facevo le elementari ero così scarso mi ricordo di essere tornato in Italia. Ci mancano solo i venditori di ombrelli e i buttadentro dei ristoranti.
Il mio bus per Roma parte tra venti minuti, alla piattaforma 1. Le altre destinazioni sono san Giovanni Rotondo e Ciampino città, poi lo schermo salta al giorno dopo.
Nella zona d’attesa una coppia con una coperta guarda un film. Un’anziana ha metà casa nelle sacche del supermercato, credo stia facendo un trasloco, magari dall’età e dal vestire – una punta su San Giovanni Rotondo. L’assistente dell’autista del bus Terravision, colori blu e rosa, ha la parlata napoletana, mi saluta e sa il mio nome. Poggio i bagagli con la solita stretta che non vengano rubati. Ma chi ruba a quell’ora? Poi mi chiede se fossi arrivato da Tallin e se ci fosse molta gente a bordo. Segue interrogatorio su come sia la città, che lui prima o poi ci vuole andare appena si organizza col lavoro. Che poi vuol dire che non ci andrà mai e se ci dovesse andare la scusa sarà credere che ancora le estoni si emozionino per gli italiani e che “dici buongiorno buonasera e ti cadano ai piedi”. Il bus si fa strada nel poco traffico della notte romana, piove e appena arrivo alla stazione Termini so che dovrò trovare la strada per l’albergo. Che la stazione in centinaia di viaggi è stato l’unico posto dove ho sempre temuto il peggio. Il lungo corridoio aperto di via Giolitti è il giaciglio di decine di senzatetto. Poi gruppi di uomini con il fare non rassicurante son fermi più avanti. Sul lato opposto della strada, sudici bar frequentati da altri uomini che sbraitano di fronte a insegne luccicanti OPEN e 24H. L’albergo sta dalla parte dello scalo ferroviario. Trovo subito una traiettoria prr evitare di incrociarli, aggregandomi a gruppi di ragazzi perché in cado fi aggressione nessumo mi verrebbe salvare. Vedo duro l’intervento del tipo con l’abito blu e l’amante che sale sulla
Sua Audi A12 e i netturbini che già troppo se prendono i rifiuti di una giornata a Termini. Quando arrivo all’albergo, dopo aver camminato con gli occhi simili a una telecamera di Google Maps, il ragazzo alla reception, indiano, non parla italiano. Nessun problema. La pensione è strategica alla partenza di domattina e so bene che prendere alberghi vicino a Termini significa firmare un patto col diavolo. La maggior parte si presentano con nomi terrificanti (Rossi, Mariano, Kennedy, Tokyo, Ariston, Calabria, Cina, Canada, Piemonte, Tito, Continental), sono ubicate al
quinto piano senza ascensore, sono squallide pensioni riadattate nel 1965 dove potrete trovarvi sul letto altre persone che son rimaste dalla notte lrima, avere bagni con cuniculi segreti, docce che sprigionano acque reflue oppure essere rapiti e portati in qualche sobborgo. Al terzo piano senza ascensore la mia cameretta con due caratteristiche peculiari: quando accendi la luce del bagno parte un tornato, la finestra chiude male e il bagno senza bidè. Avrei dovuto preoccuparmi subito dal fatto che non parlassero italiano. Giusto per la notte, una sufficienza stile miei compiti di latino al Pacinotti.
Il primo obiettivo è mangiare e farmi una passeggiatona per Roma. Sotto l’albergo una pizzeria aperta tardi. Bingo! In verità anche qui c’era la fregatura. 4 euro e cinquanfa per una mkdesta pizza al taglio. Il tipo, che non capisco bene se sia indiano o sardo – ci sono le icnhusa e un quadro in ceramica con la Sardegna – mi chiama subito “amico mio” e questa espressione fa già capire la sorpresa alla cassa. Dopo aver ricevuto l’ordinazione sparisce per dieci minuti per riscaldare la pizza. Penso che sia fuggito con la mia, poi riappare dicendo accomodati, quasi stessimo parlando del ristorante all’ultimo grido. Poi chiede il pagamento della pizza. Aggiungo una bottiglia d’acqua grande e sono 6,5. Offro mio malgrado 20 euro e accetto quel prezzo Ritorna nei meandri della cucina e sparisce ancora. Sarà fuggito? Quando torna dice di aspettare che ha clienti da servire. Ipotizzo strategie in caso di furto: chiamare la polizia o i carabinieri? E chi si scomoderebbe per dieci euro e più di resto? Farebbe ridere. Immagono la scena. Poi magari lui è amico delle forze dell’ordine e mi direbbero “guarda, lo fa per non andare a spacciare”. Dopo di me arriva una coppia di inglesi e poi un francese. Mi sincero che i prezzi non siano stati riservati solo a me. Ho la paura che il mio volo da bravo ragazzo – leggi jolly – autorizzi tutti a fregarmi. Non è così. La pizza arriva e pure il resto. Vado via perplesso per non aver avuto coraggio e rifiutato quell’obolo. Prendo un bus notturno sfidando anche qui le forze oscure per una passeggiata notturna verso il Vaticano. Roma è straordinaria, è bella. Peccato che quando esci dalla poesia del centro storico il resto sia da dimenticare. Quando torno in albergo si son fatte le due. Provo a prender sonno. Il lavandino ha una perdita. Sotto ci dev’essere qualche sommossa popolare, voci indistinte e urla di giubilo. Forse stanno crocifiggendo qualcuno. Non mi azzardo ad aprire la finestra. Riprendo sonno. Alle 4 e mezzo tocca ai vicini di stanza svegliarmi: dai rumori credo stiano portando un cadavere e occultandolo nell’armadio. Poi discutono animatamente con lei che rinfaccia a lui di aver bevuto troppo. Fuori ancora tumulti. Non so come ma mi riaddormento

Hola

Stazione Termini, esterno sera

Roma, giornata intensa. Un megamix di monumenti, fontane, palazzi e piazze visti in rassegna, venditori abusivi e selfie in offerta. La città è sporca, abbandonata, ma mantiene intatto il suo fascino. Tocchi con mano la storia in ogni angolo e forse è destino crudele che sia immersa nei problemi e nei disagi: la perfezione non puó esistere.

Pranzo in un ristorantino al volo. Ci abbuffiamo di antipasti così che non ci godiamo il resto. Un po’ appesantiti andiamo in piazza San Pietro.
Ottaviano, Metro rossa, incubo file e borseggi, poi non succede nulla. Viaggio tranquillo.Albergo vicino alla stazione termini, crocevia di persone, trolley in extended version, razze e sogni traditi, studenti e criminali, giornate da sbarcare e profumi di cotture. Stanza 25, domani forse saltiamo la colazione, partiamo presto. Un riposo rilassante rotto dalle notifiche del cellulare poi una doccia e si esce.

Ancora Termini, grande kasbah che di notte necessita di attenzione. Statua del papa polacco, cerchiamo la piattaforma giusta, linea 38, facciamo i biglietti per farci notare ancora di più come alieni. La gente aspetta con rassegnazione il bus, che poi arriva. Un tizio chiede se vada al Nomentano, nessuno risponde. Entriamo dalla porta di dietro, così si dice, altri se ne fregano. Non siamo i soli a timbrare, po fa anche un signore e una ragazza riccia scura con un trolley viola che con difficoltà sistema. Così ci sentiamo meno alieni.

Ci sediamo negli ultimi posti, davanti a noi una coppia anziana parla di percorsi possibili in città. Lei, anello d’oro, stringe il ginocchio di lui. Un piccolo gesto che raccoglie l’amore di una vita. Forse un amore raro al tempo d’oggi.