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Me la prendo comoda. Ieri sono arrivato a mezzanotte, mi godo un po’ di tempo per me. Esco, ricca colazione e vado in giro.
Oviedo è la città ideale per passeggiare.

Buona parte del suo centro storico è pedonale. Direzione piazza della Cattedrale, sotto l’imponente torre campanaria del tempio gotico. Le vie che la circondano racchiudono tutto il sapore della tradizione. Quello che piace a me: passeggiare senza una meta e provare per un po’ a immergermi in quest’atmosfera. Più tardi partirò, non so ancora bene per dove, ma direzione est.

Oviedo è già un ricordo. A bordo del solito pullman Alsa, biglietto e si va sull’oceano verso Gijon, altra tappa decisa last minute. Per proseguire sempre lambendo l’oceano, perché c’è bisogno sempre di un mare al tuo fianco e del suo orizzonte infinito.

Doveva essere un salto ma la ruota ha girato e dopo aver pensato di partire a Llanes mi sono proprio fermato a Gijon. Non pensavo di restarci per la notte ma ho deciso così, preso dal piacere di questo posto.

La città si affaccia sul Golfo di Biscaglia, è divisa in più zone, un bel porticciolo, vari lungomare, centro storico ricco di caffè (sono in cerca del vino al miele, la sidra) scogliere a strapiombo sull’oceano, prati verdi e cielo stranamente sereno (dicono spesso tormentato). E poi spiagge immense per la gioia dei surfisti ma occhio che, come è accaduto qui alla Playa di San Lorenzo, le maree inghiottono velocemente chilometri di battigia. E così (ricordate la foto su facebook?) c’era una lingua arancione che ora è diventata mare incazzato, spruzzi e onde micidiali.

Èi nteressante, modernista architettonicamente, molto amata dagli scrittori… ci sarà quindi qualcosa di strano nel fatto che ci resti un po’? (tranquilli, non mi permetterei mai di definirmi scrittore, non vorrei turbare qualcuno con queste aspirazioni).

In attesa che aprano le sidrerie (i locali dove servono la deliziosa sidra) mi godo gli ultimi raggi del tramonto davanti a un mare che non si risparmia. Mi basta l’aria, gli schizzi vicino a me e l’orizzonte per capire che la felicità costa davvero poco.

Torno, mi rilasso un po’, penso al nulla. Guardo la stanza. Riesco. Compro frutta in un piccolo market.
E quando l’ultimo raggio di sole va via e si accendono le prime lampare, il freddo punge e l’aria profuma di cucina dei ristorantini, eccola, puntuale, immancabile, lei: la malinconia.

Tutti i locali si colorano di verde: c’è la champions league. Televisori accesi, in onda Barcellona-Manchester. Dopo tanto vagare, guardare menu e non capirci (come sempre) nulla, mi infilo nella peggior taverna, dove il solito gruppo di anziani con birra in mano commenta la partita, un bel fuoco cucina carne. Eccoci qui, nulla di elegante: posto di quart’ordine con tovaglie di carta e vetrine da rosticceria. Mi arriva una bottiglia di sidra che il cameriere, un signore di mezza età, stappa e versa con gran cerimoniale.
Il piatto arriva dopo mezz’ora in cui mi ammazzo con pane e sidra, dolciastro miele di vino. Intervallo, telegiornale, frastimi al Governo Rajoy e poi meteo Spagna. Domani al nord piove. Consumo tutto in poco tempo, pago e poi esco.

Ho vanificato tutti i chili persi dalle camminate con la solita cena ignorante.

È nell’aria la solitudine dei viaggi, le strade deserte, i locali che si svuotano.
Domani si parte per Bilbao.

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