Appunti sparsi dell’ultimo viaggio a Barcellona. Un po’ in ritardo, ma eccoli qui! Buona lettura 🙂

Beh mi avvio al mio alloggio. Una bella camminata, da Plaça Catalunya fino a Barceloneta. Due chilometrini e nessuna stanchezza. Anzi, una scelta. Farsela a piedi. Ogni tanto qualche goccia di pioggia asciugata dal venticello caldo. Auto che sfrecciano, colori di semafori. E poi c’è lei, la città, sempre animata anche di lunedì, anche di notte.
Bentornato Tixi.

Alla fine si può pensare che in viaggio si stacchi completamente. Dipende. Io ho un’altra teoria. Alimentare in viaggio il lavoro che fai a casa. Nulla si blocca.
Reperibilità e organizzazione. Il viaggio come investimento, come se fosse l’affitto di un ufficio o un corso.
Un lavoro come il mio, di comunicazione, si svolge per la maggior parte online e la latitudine spesso conta tanto quanto. Certo, la presenza e fisicità hanno un’importanza fondamentale, sarebbe impensabile non esserci, presi come siamo dallo stare sempre online. E alcune collaborazioni, giustamente, ti richiedono presenza assidua. Altre invece no, perché se ci pensi creare contenuti nuovi e originali, aggiornare siti e pagine, progettare eventi o pensare ha bisogno di stimoli e leggerezza mentale.
Niente traffico, auto, distrazioni. Tutto secondo i tuoi ritmi.

Non importa dove tu sia, importa farlo bene. E il viaggio è una ricarica unica di idee e entusiasmo. La facilità con cui pensi e scrivi è sorprendente. Superi il blocco del foglio bianco, le inibizioni e tanti limiti.

Stamattina, dopo una bella corsa, una colazione in un chiringuito e poi tanto lavoro a distanza.
Di fronte a questo mare, Ipad acceso, bloc notes e cuffie, possono nascere infinite opportunità…

Quanta vita di fronte al mare ad aspettare il calar del sole, a chiacchierare in fintoinglesespagnolo con sconosciuti e sconosciute. Ecco, la spiaggia si svuota, il chiacchiericcio e le ultime pallonate. I chiringuitos fanno le tapas ed io qui vicino il mare, sorseggiando sangria e mojito, pensando alla vita che scorre e sentendomi leggero

Qualcosa da condividere da Barcellona.
La stanchezza dopo una notte catalana
Il rumore della pioggia (eh si, piove)
Un vicino di balcone sconosciuto con cui converso
La bandiera catalana nel nostro balcone
“El taxi” diffuso da qualche casa vicina
Il clima amichevole e familiare di Barceloneta
L’assoluta sensazione di leggerezza esistenziale

Barceloneta è un posto fantastico. Stavolta ho la mia casa da queste parti!
Barceloneta è il barrio nel senso più vero del termine. Il quartiere, il vicinato. I bambini che si rincorrono tra i vicoli, le pallonate, le bandiere catalane e i panni stesi, le urla e le donne anziane che ancora pranzano davanti all’uscio di casa, i suonatori, chi ti attacca bottone, i bar e le botteghe di altri tempi, le vie strette, le case con i balconi vicini, una umanità variegata non catalogabile e diversificata, oltre al profumo di maria nell’aria. Un po’ come Marina e Castello.
Venire qui significa smacchiare la propria anima e aprirsi al mondo senza i nostri cazzo di pregiudizi, ma anche ritrovare emozioni perdute.
Barcellona è questo: una metropoli che tiene le sue radici e identità. Le piazze, le persone, i locali, i rumori.
Questo me la fa amare e mi fa tornare qui senza un motivo.
Per me Barcellona e la Spagna sono una parte dell’anima. Per me Barcellona sono le piazze, le persone, il mare, gli angoli non le vie turistiche e i tour organizzati. È altro.
Non puoi mai sentirti solo, sei sempre coinvolto, ma riesci pure a respirare e a trovare i tuoi spazi.

Volevo condividere qualcosa tra ieri e oggi a Barcellona:

Il risveglio piovoso
Il mare in tempesta al mattino e i surfisti a sfidare le onde
Una passaggiata per Graçia
Le chiacchierate inattese “ah, sei italiano?”
La soddisfazione di un allenamento finito
Un mojito sotto le stelle
I suonatori gitani che riscaldano l’aria dei vicoli bui
Le spese nei market aperti fino a tarda notte
Il mio quaderno che prende appunti e l’anima mia che ringrazia

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Tapas e poi pescado frito. Misuro le mie nostalgie dell’ultima sera in un bar di Barceloneta. Il mio tavolo è di marmo, con una tovaglia a scacchi giallo neri. Vista strada, in cui passano anime perse per le vie del barrio dei pescatori.
Una cerveza, un’altra cerveza. Mi perdo. I miei occhi incontrano quelli della dolce cameriera portoricana. Forse ci sta. La musica latina mi ricorda i tempi andati all’Havana di Gianni Casella, inonda la sala e copre il vociare di commensali.
Il proprietario tira dentro i cartelli col menu.
Non ho programmi precisi, tra poco in riva al mare, c’è un vento tremendo, a sfogare rabbia e pensieri, nostalgie e ricordi, con un mojito più grande di me. Un espresso, prego, e la cuenta, gracias.
La cuenta dei miei sogni.

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Mi ritrovo anche oggi qui, a Graçia. Casuale? Forse perché la tranquillità di questo quartiere, poco inflazionato dai turisti che come formiche camminano veloci e imbustati tra Rambla, Catalunya e Sagrada, mi fa rilassare enormemente.
Mi fermo in una piazzetta poi trovo un localino per pranzo. Un’insalata e un secondo. Chiedo di ricaricare il cellulare. Computer, connessione e si lavora.
Mi concentro come non mai a chiudere una valanga di roba che avevo in sospeso tra comunicati stampa, aggiornamenti di siti e pagine facebook, mail.
Fuori comincia a piovere.
La gente non sembra interessarsi, continua il suo lento camminare. I furgoni vomitano casse di derrate.
La pioggia non cambia i movimenti. Perché qui, a Barcellona, gli unici che han fretta sembrano sempre e solo i turisti. Fretta di vedere, comprare, consumare.
Loro, i catalani, guardano tranquilli. Si siedono ovunque, scalzi, appollaiati, per terra, incuranti dei modi, del vestire e della forma. Con la loro bottiglia. Con il loro chiacchiericcio.
Aspettano il tempo senza rincorrerlo.

Partire è un po’ morire. Volo la sera da El Prat. C’è tempo ancora, eppure la malinconia prende il sopravvento.
Sveglia, colazione con i resti della spesa. Doccia e valigia incastrando abiti e oggetti. Lascio la casa che mi ha ospitato con un po’ di tristezza (grazie Airbnb!). Quattro passi, giro l’angolo ed è mare. Immensamente. Gli atleti sono in movimento. Cielo grigio, vento forte, onde alte, poca gente in spiaggia, un profumo di fritto di mare dai ristorantini sotto. E ancora vento, non più caldo. Il più classico degli ultimi giorni.