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I viaggi ci fanno star bene
Qualche giorno fa era la giornata del benessere mentale, per ricordarci che la salute non è solo quella del corpo o del conto in banca o il successo a costo di calpestare tutto e tutti.
I viaggi non curano malattie, non fanno miracoli, ma offrono nuove visioni e spunti per vivere meglio, per uscire dalla provincialità e dell’invidia. E poi qualcosa ancora: la comprensione delle differenze, il rispetto e la sensibilità verso il prossimo.
Due giorni a Santu Lussurgiu
Il racconto di due giorni a Santu Lussurgiu, un viaggio, quasi per caso, a dicembre del 2020.
LA SERA A SANTU LUSSURGIU
Immaginate di lasciare la 131 e accendere la macchina del tempo, trovare dopo chilometri e chilometri di pioggia e nebbia un luogo dove il tempo scorre lento, dove non esiste la frenesia delle giornate scandite dai ritmi imposti dalla moderna società, dove lo stress delle città è davvero lontano.
Un luogo che si nasconde tra luci giallognole e solitudine dettata dal freddo e dal lockdown. Un luogo dove, se ci arrivi quando è sera come me oggi, sembra di stare immersi in una favola di Collodi.
Eccomi allora scendere in strada, nelle meravigliose e antiche vie acciottolate, ammirare gli angoli, i ricordi, i rumori, tra un tocco di campane e una grondaia, un uscio che sbatte lontano e il più classico dei profumo di caminetto.
Fantasma nella sera, accompagnato solo dai passi. Quando trovo la pizzeria, con un portone di casa e un scritta di legno con scritto APERTO mi chiedo se sia davvero una pizzeria. Ma l’indirizzo è quello giusto. Prendo coraggio, busso e appare una vecchia osteria con un camino enorme, una tovaglia biancorossa e il proprietario novello Mangiafuoco.
Sembra un luogo del passato, dove i viandanti si riparavano dalla neve aspettando che finisse la tempesta. Perchè qui a Santu Lussurgiu, borgo immerso nelle rocciose vallate del Montiferru, si respirano le atmosfere del passato.
Parlo con il simpatico signor Mangiafuoco – lo chiamo così con rispettoso affetto, non avendogli chiesto il nome – che mi racconta che qui prima c’era un fienile e gli animali. Poi questo spazio è stato liberato da una decisione dell’amministrazione e dato in concessione. Che dietro c’è un bellissimo vecchio mulino, purtroppo crollato e non si sa quando lo rimetteranno in sesto. Che quando la pizzeria era aperta si respirava un’altra aria. Ora son tutti a casa.
In pochi minuti, mentre prepara una pizza fragrante, mi racconta del Carnevale, della musica, di una grande attività culturale, della tranquillità che si respira. Dice che d’estate sia tutto più animato. E io aggiungo: perché togliere questa sensazione fatata del freddo e dell’inverno? Io amo il freddo!
Mi sento a casa, sento un luogo dove poter ritrovare la propria anima.
Vado via riprendendo la strada per l’intricato dedalo di viuzze poco illuminate, silente e pensieroso. Ho una strana sensazione, la solita: ma come sarebbe vivere a Santu Lussurgiu?


IL GIORNO A SANTU LUSSURGIU.
E quando viene giorno, Santu Lussurgiu riserva altri colori e altre emozioni, sempre speciali
Oggi c’è il mercato e la piazza sotto la chiesa di Santa Maria degli Angeli si è animata di gente che contratta la verdura e gli oggetti in vendita. Qualcuno scherza sulla mascherina e le donne, riempita la busta della spesa di gustosi prodotti, tornano nella case perdendosi in questo intricato dedalo dove ora fanno da padrone i rumori di artigiani e lavoranti.
Al Bar Raju Ruiu – modernissimo e caldo – mi fermo per colazione osservando un po’ di vita, gli operai che asfaltano la strada, i passanti, incrociando un gruppo di ragazze universitarie che prepara un esame al tavolo vicino, chiacchierando anche dei docenti e del futuro del proprio corso. Studiano scienze sociali, così ho capito.
Dal ristorante Bellavista al primo piano si gusta un menù di terra, con un sottofondo musicale jazz che rompe il silenzio.
“Una tagliata di sardo modicana con patate” mi consiglia la giovane cameriera con i capelli a spazzola. Di fronte al mio tavolo si apre una veduta speciale che abbraccia i tetti del paese, su cui il fumo dei comignoli si eleva, quasi volesse difenderli dalle intemperie di questo 2020 o forse dalle ansie e dello stress del mondo che corre a pochi chilometri da qui.
CONSIGLI
Dove alloggiare: bnb Templars Guest House
Dove mangiare: ristorante Bellavista | bar Raiu Ruiu | Locanda del Convento
TUTTE LE FOTO https://www.facebook.com/media/set/?set=a.10221533550502158&type=3


Perché le persone hanno bisogno di vederti
Sono appena atterrato a Milano, dopo un’oretta tra le nuvole. Bellissima sensazione! Il cielo è coperto e l’aria afosa. Prendo ora la 74 e vado in centro per poi godermi una serata in Isola. Sarò a casa stanotte, la mia piccola dimora meneghina.
Domani metterò musica – se si parla di dj si può dire? – a un evento sportivo con il Comune di Milano e la Fondazione Milan in un bell’impianto sportivo in centro, zona Moscova, il Playmore.
Amici conosciuti grazie a Corrado Melis che mi ha coinvolto nella manifestazione Superleague al Terrapieno in questi anni e che ancora ringrazio. E poi in questo weekend amici e contatti di lavoro. Si prova a fare tanto in poco tempo.
Pensavo in volo che in queste due settimane di ritorno in terra sarda ho incontrato tantissime persone.
Mi son stupito da quanta energia positiva e gentilezza ho ricevuto.
Mi son emozionato nel vedere il cambiamento negli occhi di tanti, nonostante le difficoltà e la crisi economica. Un caffè, una chiacchierata, una cena,,anche un saluto veloce magari per caso. È successo talmente tanto che sembra passato un anno
Mi son ricordato quanto sia importante il rapporto umano, stabilire legami prima ancora di fare collaborazioni e lavori assieme, che siano un progetto di comunicazione o una serata da DJ.
Ho capito che per quanto possa essere sui social la gente vuol sapere che tu esisti veramente. Ti vogliono vedere, toccare, incontrare. Vogliono vedere che sei degno di fiducia e che sei veramente come racconti.
Quando capiscono che sei la persona “giusta” si aprono con te. Nascono amicizie o collaborazioni, tutto é possibile. Ti danno quanto ricevono, se non di più.
Allora perché muoversi sempre? Perché viaggiare? Finché non ti muovi non accade nulla. Devi far increspare l’acqua che stagna, stupire, invitare, incontrare, proporre, chiacchierare prima di tutto per il gusto di farlo, al di là di quel che accade. Prima di dare una mano agli altri devi riuscire a toccare il cuore delle persone.
Porto, l’anima mercantile e la malinconia
Raccontare una città in due o tre giorni è sempre complicato ma i miei viaggi sono questi, assaggi di un posto e poi voglia già di ripartire.
Porto, un gradito ritorno, dopo quattro anni. In quel caso fu un salto fugace, una mezza giornata, dopo un bel tour del Portogallo, causa il volo per l’Italia (da qui è molto più conveniente che volare su Lisbona). Ricordo il ripido centro storico, le viuzze cresce di vento oceanico e la Ribeira. Era tarda primavera, e il clima sicuramente più favorevole. Dopo quell’assaggio, aver più tempo come ora significa colmare tutta la curiosità per questa città storica e accattivante.
Dall’aeroporto al centro si arriva in quaranta minuti con una efficiente linea della metro (costo del biglietto: 2 euro) che vi catapulta nelle atmosfere leggere e malinconiche di Porto. Vi trovate immersi nel vecchio e storico centro di Porto, da cui si snoda la città è relativamente piccola e compatta, visitabile a piedi ma con un po’ di coraggio e sacrificio, causa le ripidissime salite. Se poi decidete, come me, di correre, allora preparatevi a tanta fatica!
Strade con case e palazzi decorati, chiese che si materializzano dietro l’angolo e vi sorprendono per la bellezza e la cura, vie pedonali e poi la Ribeira. Non aspettatevi un tour ragionato, ma la solita mia passeggiata random senza troppi programmi.
Non potrà passare inosservata la torre “Torre dos Clérigos”, molto vicina alla chiesa Baroque Clérigos vi darà un primo assaggio. Grazie alla posizione vantaggiosa della torre, ci sono bellissimi panorami su tutta la città che fanno valere la pena la fatica di salire 240 gradini. C’è la libreria Livraria Lello, l’ispirazione per la libreria e le scale di ingresso nei libri scritti da J.K. Rowling, Harry Potter. La facciata esterna della libreria è decorativa, mentre la scalinata centrale è semplicemente mozzafiato. L’interno decorato ha trasformato il negozio in una grande attrazione turistica, con un biglietto d’ingresso di 3 euro. Purtroppo la fila era tanta e non sono riuscito a entrare.
Non può mancare una passeggiata nel Viale degli Alleati (Avenida Dos Aliados): il cuore monumentale di Porto, che conduce alla Câmara Municipal do Porto (municipio), con la sua caratteristica torre campanaria di 70 metri. La grandiosità degli edifici di marmo e granito che fiancheggiano l’Avenida Dos Aliados. C’è poi la grande Praça da Liberdade, l’ufficiale centro di Porto, che conduce anch’essa alla Câmara Municipal do Porto (municipio)
Ancora una ripida salita e alla sommità trovate la Chiesa di Sant’Ildefonso con i suoi esterni ricoperti da migliaia piastrelle tradizionali di azulejos dipinte di blu, una costante degli edifici di Porto e che potrete ammirare a Sao Bento, una stazione ferroviaria tra le più belle d’Europa.
Tutti ve lo diranno, e anche a me è accaduto, che dovete per forza andare alla Ribeira in prima serata, l’antica sezione della città che segue il fiume. Piccole vie e ristoranti si materializzano in questo dedalo di strade acciottolate, case basse, balconcini fioriti e panni stesi. Tutto modesto e interessante. Un paesaggio urbano unico per i viaggiatori che amano questa esperienza. Immancabile qui una cena (il baccalà e la francesinha saranno i must) o un bicchiere di vino con il panorama del Ponte Luis I sul Rio Douro. Il ponte – progettato da uno degli allievi di Eiffel – ha due sezioni, quello bassa per pedoni e auto, quella alta, panoramica, per la metro di superficie e i pedoni vi permette di godervi uno scorcio unico della città e poi accedere anche alla funivia di Gaia.
La notte ha un effetto scenico unico, lo stesso vale per il tramonto.Sempre dal lato opposto alla Ribeira, proprio accessibile o con un ripido percorso delle vie del quartiere o prendendo la funivia, c’è Vila Nova de Gaia è la zona delle cantine del porto e dei magazzini dei mercanti. Se proprio avete voglia, tranne il sottoscritto che ha deciso di star leggero, non potete evitare tour di degustazione. Ognuno dei mercanti di Porto offre un tour delle proprie cantine e questo solitamente termina con una degustazione.
Porto, come il Portogallo, ti conquista con la sua atmosfera leggera e malinconica, popolana e mercantile, un po’ di sporcizia e angoli che sorprendono il viaggiatore, musiche e chiacchiere che si perdono nell’aria, le sue tortuose salite e discese, e i profumi delle caldarroste – in questo periodo di fine dicembre – e delle cucine. Un’altra città dove lasciare un frammento di cuore!
E ora via, una stazione e un treno: si parte per Lisbona.
Se trovi errori nell’articolo scrivi a info@tixi.it: 🙂
Bucarest, secondo giorno!
Sempre un’emozione svegliarsi in un’altra città. Guardare fuori dalla finestra e osservare orizzonti differenti.
Non nevica ma il termometro segna zero gradi. Riscaldamento a palla, i rumori della città e lo stomaco in ebollizione dopo la notte. Ma la colazione continentale, abbondante di dolce e salato, metterà tutti d’accordo prima dell’esplorazione.
Bucarest, sei mia!
La sala per le colazioni è un piano sopra camera mia. Si parla italiano, c’è una comitiva di persone che sembrano qui per lavoro.
Una cameriera di mezza età, capelli castano chiaro e occhiali professoriali, porta altre marmellate.
La scelta dolce e salato è generosa. Mi concentro sulla pulizia dell’uovo riuscendo sul finale a portar via, dopo tanto lavoro, attaccato al guscio, un po’ di bianco. Insoddisfatto, inizio a pensare alle tappe di oggi.
Un respiro lungo, mi concentro sul tavolo e comincio dal salato. Acqua, acqua!. Ho bisogno di comprarmi la mia solita bottiglia d’acqua da viaggio facendo attenzione che non sia gassata.
Prima tappa è il Palazzo del Parlamento di Bucarest, il secondo edificio più grande al mondo (il primo è il Pentagono!) che svetta in tutta la sua imponenza, costruito recentemente ma che tenta di riecheggiare i fasti del passato.
Ci giro attorno, attorno il vuoto. Il freddo mette a dura prova la mia resistenza, mi infilo al primo bar per una cioccolata con latte. E guardo Bucarest che passa davanti, senza lo stress di visitare tutto ma anche per allontanarmi e respirare aria diversa. Prendere appunti, pensare. Perdere tempo. In fondo questo è un modo di viaggiare.
Bulevardul Unirii, ampi vialoni, razionalismo sovietico, alberi spogli, Battiato in cuffia, vecchie insegne e casermoni di epoca comunista.
Vento dell’Est, storia contemporanea, Europa, vi amo!
CENTRO STORICO – Quando lascio le geometrie sovietiche i centri storici sono piccole carezze in grado sempre di stupirti. Le case diventano basse, i profumi dei ristorantini, zuppe e arrosti, salgono nell’aria e le chiacchiere creano complicità. Cambia anche la sensazione e la mia musica in cuffia. Ora è tempo di Kings of Convenience!
Lo stomaco sta già dando segni di ribellione, ma il posto è a due passi. Caru cu bere, antica birreria con atmosfera ottocentesca, punto di riferimento di intellettuali e artisti. Ecco perché ci sono anche io.
Difficile trovare l’ingresso di questa bella galleria nel quartiere storico di Bucarest, ma se la trovate amerete questo posto!
PIAZZA DELLA RIVOLUZIONE
Questa è una piazza particolare e probabilmente pochi ci fanno caso. Io purtroppo ho un debole per la storia contemporanea e ogni mio viaggio ricerca qualcosa che ho visto in tv da piccolo.
Il 21 dicembre 1989 il dittatore romeno Nicolae Ceaușescu pronunciava qui il suo ultimo discorso dal balcone del palazzo del comitato centrale. Il popolo era oramai contro, l’eccidio di Timisoara un fatto che aveva fatto cadere nel baratro il paese, e il suo regime durato venticinque anni oramai alla fine.
Quattro giorni dopo lui e sua moglie furono condannati a morte durante un processo sommario di un tribunale militare.
È strano, dopo aver visto questi avvenimenti alla tv – ricordo ancora che ero a pranzo con i parenti a Poggio dei Pini – essere qui, dove un pezzo di storia (tragica) contemporanea europea è stato scritto. L’inizio di una rivoluzione.
Lasciato da parte l’arrosto mi butto su questo localino che propone una rivisitazione in chiave moderna dei prodotti del territorio. Ambiente giovane e musica house fanno il resto!
Notte a Bucarest. Centro storico, disseminato di lounge bar, localini e disco. La bellezza delle rumene è risaputa. Si ballano dance e house con bassi che si incrociano tra locali.
Il freddo pungente fa perdere sensibilità alla pelle, invita a star dentro e consumare palinka, superalcolico balcanico, in quantità.
Dopo una passeggiata per il centro storico, mi fermo in galleria per una rilassante shisha. Sto da ieri sera e mi sembra già di esserci da una vita!
Barcellona, un’altra possibilità
“Quando si dorme all’aperto ci si sveglia sempre all’alba, e non c’è un caffè a Barcellona che si apra molto prima delle nove.”
(George Orwell)
Qualcuno mi chiede perchè io sia spesso a Barcellona. E’ possibile amare una città fino all’anima? E’ possibile avere un rapporto speciale con un luogo?
Molti credono che l’amore passi sempre e solo per le persone. Io rispondo: anche. Poi ci sono le mille cose che ti rendono felice nella vita e tra queste ci sono i luoghi dove sei stato bene.
Molti intrecci miei personali finiscono a Barcellona. Il mio primo viaggio scolastico, nel 1985. Il calcio. La canzone degli Zero Assoluto. Il mix perfetto tra la velocità metropoli e l’anima del vicinato. L’allegria. La musica. La politica. Le fughe alla ricerca di me stesso. Le notti infinite nelle discoteche del Porto Olimpico.
Eppure Barcellona non mi piaceva. Io amo la Spagna. L’ho vista, girata, assaporata. Con lo zaino e i bus dell’Alsa. Camminando verso Santiago. E la Spagna non è Barcellona. Ma un giorno questa idea è cambiata, quando ho capito che questa città fosse una dimensione perfetta per quello che cercavo. Allora ho deciso: amerò senza distinzioni l’una e l’altra.
Barcellona ti ruba con la sua meraviglia, quando le prime luci dell’alba rischiarano le strade silenziose, mentre la gente torna a casa dalla festa e gli addetti del comune lavano le strade lercie ridando nuova freschezza. Quando la sera si accendono le luci e ti perdi solitario nelle viuzze del Barrio Gotico, del Raval o di Gracia alla ricerca di un posto dove mangiare.
Ti ruba con quella sensazione di libertà e leggerezza che si trasforma in voci e musica per le strade, piazzette che si aprono d’incanto dove incrociare giovani e anziani, baretti nascosti e librerie, bandiere indipendentiste che spuntano nei balconcini che osservano e benedicono i bambini che giocano a pallone sulle strade con le maglie di Messi.
Il Barrio gotico, decadente e suggestivo, ti regala sempre a qualche angolo nascosto in cui puoi perderti e con l’istinto trovare una chiesa, Santa Maria del Mar, la più bella tra le chiese.
Ti ruba il Raval, dove sono stato spesso per via della mia “casa”, un quartiere multietnico e un tempo covo di intellettuali e artisti, oggi pieno di strani personaggi, non sempre raccomandabili, mignotte e migranti.
Ti ruba l’anima quando fuggi delle inflazionate Ramblas e ti vedi aprire il Port Vell e la grande passeggiata fino a Barceloneta, altro mondo incantato da scoprire fino all’alba quando è d’obbligo bere un mojito in uno dei tanti Chiringuiti e osservare da lontano il profilo dell’Hotel Vel, uno dei simboli della rinascita.
Barcellona è stata questi anni la mia America, i miei weekend, i miei eventi, il Sonar, il Brunch, il BBF, le mille scoperte. Perchè quando smetti di fare il turista e diventi una via di mezzo tra viaggiatore e abitante cominci a vederla nel suoi particolari intimi. Il mercato di Santa Caterina, Gracia e i suoi ristoranti o lo skyline della città dal Bunker del Carmel.
Un giorno, salendo in questa altura spesso sottovalutata da tanti, iniziai a ripensare a tutte le cose fatte in questa città e a quelle che avrei voluto fare.Tuttavia, tutte le esperienze e le emozioni, positive e negative che questa città mi hanno trasmesso, hanno comunque creato in me un sentimento e una voglia di tornarci sempre.
Magari, un giorno, ci concederemo una possibilità. Reale e non più fuggente.
Lunedì dei lunedì
l lunedì dei lunedì.
Volo da Cagliari alle 7, arrivo alle 8, alle 9,10 già al pc. Esci alle 18,20, un’ora di traffico impazzito, quaranta minuti di supermercato e devo ancora comprarmi la marmellata “solo zuccheri della frutta”. La pelle segnala allergie. Ho ancora due o tre orette di lavoro da fare tra testi da redigere, report e musica da ordinare per una serata qui.
Non mi lamento, è la vita che ho scelto. Prendo ogni singola cosa come esperienza e la vivo attimo per attimo. O forse questa vita mi ha ingoiato e nemmeno vedo i colori e i contorni. Forse mi ha rotto i coglioni e bisogna tirare a dadi e ricominciare a sfidarla.
Poi ci sono i ricordi del weekend in Sardegna, delle belle persone incontrate, delle storie ascoltate e il piacere di cambiare sempre prospettiva e non annoiarsi.
C’è più gusto a essere imbruttiti(xi).
Weekend per caso
I weekend nascono così, per caso.
Una sensazione, un’idea, un’autostrada o una stazione, senza troppi programmi, senza itinerari scritti, vada come vada con il rischio di sbagliare strada e girare a vuoto. La voglia di fuggire da Milano è sempre troppo forte e allora hai una rosa di scelte ampia. L’autostrada indica le direzioni. Stavolta la ruota ha girato sul lago, per il mio amore e la mia ricerca dell’acqua come materia esistenziale. Un vecchio ristorante a Como, una locanda del 1920 a Blevio, a pochi chilometri dalla città, coccolato da due gentili governanti e immerso in un’atmosfera d’altri tempi. Oggetti e suppellettili antichi e due bambole non proprio incoraggianti mi circondano.
Una stanza grande con lavandino e bidè, il cui senso mi sfugge. Apro l’armadio, per paura di strani incontri notturni. La notte è un concerto perfetto di silenzio e rumori della natura.
Al risveglio mi aspetta una meravigliosa vista sul lago. Dopo la ricca colazione, un altro sguardo al panorama e poi via, direzione Bellagio. Le curve e la gallerie non fan paura. La strada si restringe spesso bisogna stare attenti. Una sosta in un bar che dà sul lago, l’arietta fresca mista a caffè amaro ed eccomi qui immerso nei pensieri, respirare aria e far gioire gli occhi. Io mi fermerei pure qui.
Monaco di Baviera
Faccio ammenda per non aver scritto ancora nulla di Monaco. Ci provo, dai.
Monaco, città che rispecchia a perfezione l’idea della capitale centro-nord europea: geografie metropolitane perfette, case curate, tetti spioventi, bei palazzi, pulizia e ordine, riscaldamento avvolgente, verde e giardinetti diffusi, freddo compreso. Certo, è solo un’impressione veloce da viaggio, lo ammetto.
Dall’aeroporto alla città in venti minuti una comoda linea metropolitana vi porta in centro. Il primo impatto alla stazione dei treni, la mia destinazione è del solito mix di velocità, facce e etnie diverse e profumo di cucina, fritto e arrosto a ogni ora. Il cielo è grigio da venerdì, anche qui come da copione. Il tedesco è materia ostica e non sempre nei ristoranti e nelle birrerie si trova alternativa in inglese. I menù lasciano scampo: mentre il portafogli si alleggerirà il tuo peso guadagnerà. Ma ne vale la pena finché, come oggi, secondo giorno e mezzo di cucina bavarese, non alzerò bandiera bianca e cercherò la cucina italiana che qui non si nasconde di certo.
Città a misura d’uomo con un centro storico concentrato – la gioia dei viaggiatori! – dove si possono ammirare molti diversi stili architettonici, dalla Chiesa gotica di San Pietro (St. Peter’s Kirche) al fascino rococò della Chiesa di San Giovanni Nepomuceno (Asamkirche). Monaco di Baviera è stata gravemente danneggiata durante la seconda guerra mondiale, ma molti edifici sono stati ricostruiti e riportati all’originale bellezza.
Poi c’é l’area più moderna, con la Torre Olimpica e il museo d’arte Pinakothek der Moderne.
Monaco è la patria di alcune delle birre più pregiate al mondo, nonché simbolo di una vivace cultura birraia. Ti giri e c’é una birreria legata a una fabbrica. Venerdì ho fatto tappa in una delle migliori fabbriche di birra di Monaco, la nota Hofbräuhaus, che fu fondata dalla famiglia reale e teatro di uno dei discorsi storici di Hitler. Ci si siede in tavoli comuni, atmosfera di condivisione, non è impossibile far amicizia con altri. Condividevo un tavolo con una famiglia americana e due ragazze irlandesi. Oltre alla birra, il maiale e il pretzel (salatissimo pane bavarese) ho saggiato anche la mediocrità del mio inglese!