Una colomba sul Sant’Elia

Mi ero ripromesso di non scrivere nulla sul Sant’Elia e invece non ho resistito. Lo ammetto: non so resistere alle tentazioni, soprattutto che riguardano passioni come il calcio e la città dove vivo.Parlo da ex tifoso del Cagliari, ex perchè ho messo di seguirlo dai tempi dello spareggio contro il Piacenza a Napoli. Un amore che è andato scemando un po’ prima, dalla semifinale uefa con l’Inter a Milano, una delle mie prime trasferte, quando ancora sentivo il richiamo della curva e il profumo di sigari, canne e fumogeni, il viaggio in nave e l’emozione delle prime volte. Altri tempi: quarta superiore, sciarpette e amore, cori in giro per la città, striscioni a bomboletta, passione che si divideva anche con il Milan, l’altra mia squadra.

 

Al S.Elia non vado da tanto: lo stadio prefabbricato non lo conosco, per darvi uno spettro temporale della mia assenza. Ero abituato alla curva dei gradoni, prima che ci fossero le poltroncine (che poi finirono quasi tutte lanciate sotto), settore “eagles” e poi “sconvolts” e ancora prima alla tribuna laterale e poi nei distinti quando andavo mano nella mano con mio papà e si entrava con l’abbonamento militare per lui e per me un ingresso ammiccando una “maschera” o ridotto causa età e statura. Altri tempi, altro Cagliari. Prima partita della mia vita Cagliari-Inter del 1982-83, ultimo anno in A prima del trionfale ritorno con Ranieri.

 

La vicenda dello stadio ha caratterizzato anche qualche mio stato (polemico, ci mancherebbe) ma trovare colpevoli e innocenti (non i tubi, s’intende) è difficile. Per giudicare bisogna sempre spogliarsi (non è facile) delle ideologie politiche e della passione da tifosi, ma anche delle antipatie per Zedda e Cellino.

La vicenda segue perfettamente il leit motive di Poetto, Tuvixeddu e anfiteatro, i modi di fare della vecchia amministrazione, il “così si fa a cagliari”, la prassi, l’agire, le modalità, i rapporti con i soggetti privati e il pubblico nella nostra bella città. Non sempre chiari, non sempre certi. Nodi che poi arrivano al pettine. Un po’ tutti se ne sono sempre avvantaggiati.

 

Simpatico o antipatico il presidente Cellino ha dimostrato in questi anni di saperci fare: non nei modi ma nei risultati. Gestendo la squadra e l’azienda con perfezione e abilità, spregiudicatezza da Principe di Macchiavelli, puntando i piedi  e facendo le dovute marcie indietro(dichiarazioni su stampa, iniziative clamorose, colpi ad effetto), garantendosi introiti e bilanci in attivo. Non è poco in un mondo dell calcio fortemente indebitato. Il Cagliari calcio è diventato da cenerentola a modello e realtà di tutto rispetto. Chi non lo ammette, fa un delitto alla propria onestà intellettuale. E’ stato bravo anche nel ruolo di presidente di governo e opposizione, tra posto in lega e strali contro il sistema calcio di cui fa parte.

 

Il rapporto con l’amministrazione è un peccato originale: andava avanti per decenni a “sa casteddaia”, approssimativo e pieno di falle, con mezzi accordi e consensi temporanei. La precarietà dura sempre poco, soprattutto quando si parla di due entità con fini diversi. E infatti è sfociata subito in “guerra”, frutto anche di una simpatia e sponsorizzazione politica per il centrodestra del numero uno di viale La Plaja (Massimo Cellino è stato anche candidato per le regionali) e di un sindaco di altro colore e tendenza politica.

 

Zedda ha solo la “colpa” di ereditare una situazione portata avanti dalla vecchia amministrazione e di voler mettere i paletti. Snocciola canoni non pagati, affitti a prezzi stracciati della struttura, manutenzioni della struttura non effettuate. Fa l’amministratore puntiglioso, forse pure con qualche suggerimento esterno.  Cellino fa l’imprenditore, gestisce i suoi interessi e li vuole perseguire al massimo. Obiettivo, senza neache girarci attorno, è avere il S.Elia, possibilmente a costo zero.

Per perseguirlo ogni strada è possibile: la giocata (abile) dello stadio a Elmas, la squadra a Trieste, lascio la società, vendo tutto, ora basta, le uscite sui giornali. Alimenta polemiche e poi sdrammatizza. I giornali fanno eco, i tifosi seguono con attenzione. Provocazioni che Zedda raccoglie a metà. Lui minaccia (pignoramento dei diritti sky in caso di mancato pagamento dello) ma poi si ricorda che mandare via Cellino significa automaticamente toccare il cuore dei tifosi. E i tifosi possono anche non avere pane e case, ma la squadra…questo no!

 

In questo derby sportivo-istituzionale-amministrativo-politico a rimetterci come sempre sono loro che, nel turbine di passioni e diamore per la squadra, non possono che tifare per il presidente e addebitano alll’amministrazione tutte le colpe. Abile mossa celliniana, tanto di cappello!

Invece è proprio il presidente che ora ha la palla tra i piedi. Deve comprendere velocemente che il vento è cambiato e che la guerra di stilettate e dichiarazioni non produrrà nulla di buono per il Cagliari. Lo stadio a Elmas è una chimera, Cellino lo sa, Zedda sembra convinto del suo.

Quindi, se proprio tiene ai suoi tifosi e ai suoi interessi si metta al tavolo con Zedda: saldi questi debiti e cominci ad avere un rapporto franco e certo con chi governa la città, senza sentirsi un perdente. Sarebbe un gesto di fair play importante, ma anche un passo che farebbe guadagnare tanti punti al Massimo rossoblù. Ma, sia chiaro, anche Zedda non può fare il primo della classe: sia consapevole che il Cagliari è un bene della città, un motivo di gioia di tanti appassionati, compreso chi non se la passa proprio bene. Comprenda – da buon politico – che in Italia e a Cagliari i tifosi spesso contano anche più degli elettori, triste realtà ma è così.

 

Sembra un caso ma tra poco è pure Pasqua.

Leave A Comment