Finita la diretta su radio Sintony, corsa in aeroporto e ora partenza per la Svezia.

Comincia così un nuovo viaggio, atteso da quasi due mesi e deciso quattro giorni fa. Un mese intenso di lavoro si è appena chiuso e come tradizione, prima che se ne riapra un altro, il viaggio è lo spartiacque, il tasto “a capo”, i puntini di sospensione, l’extended di un pezzo house, il cambio scena, l’intervallo di una gara.

Un respiro profondo alla scoperta di una nuova terra lontana, con uno sbalzo (mica da ridere) di venti gradi, con la voglia di (ri)prendermi me stesso, il mio tempo, quella manciata di giorni di riposo per ripensare cose nuove e rielaborare quelle esistenti.

Gli altri passeggeri incastrano valigie, i bimbi si lamentano, rumori di clic di cinture e cappelliere che si chiudono, i motori si scaldano: rituali classici di un volo mentre io sono già bello e sistemato, con il mio zainetto kinder dei mondiali e un sole fortissimo che batte sui finestrini.

Scalo a Bergamo, poi Stoccolma. Arriverò quasi alle undici. Chissà in che condizioni ma chi se ne frega.

Vivi e non aver paura.

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