Telefono senza fili (ovvero ciò che scrivi, ciò che si capisce)

Fa pensare e sorridere come spesso vengano percepiti i messaggi che mandi ma anche le cose che scrivi.

Vi ricordate il giochino “telefono senza fili” che facevamo da piccoli?

I bambini sono seduti in cerchio. Si stabilisce chi è il bambino che inizia per primo a pensare ad una parola, il quale la deve trasmettere all’orecchio del bambino che si trova alla sua destra.L’ultimo del gruppo la dirà ad alta voce. Quasi sempre ciò che dice è molto diverso dalla frase iniziale.

Così accade quando mandiamo un messaggio o scriviamo. Nell’epoca della disattenzione di massa e dei messaggi sfuggenti, si legge poco e male. Lo noto anche quando qualcuno commenta i miei stati o tweet.

Il problema è di tutti: la comunicazione è un lavoro a due. Chi manda il messaggio e chi lo riceve. Non sempre la colpa è di chi lo riceve.

Prendete ad esempio il fatto di lasciare il sabato del Charlie. Ho deciso qualche giorno fa di non mixare più in quella serata spiegando in maniera chiara e anche un po’ prolissa i motivi: un discorso musicale, di spazi e di stimoli. Nessun problema con nessuno. Preferivo onestamente fermarmi che continuare, sentivo di fare qualcosa senza piacere. Forse sembrava strano, in un’epoca di morti di consolle e di crisi economica e può apparire presuntuoso.. Penso però che la passione si alimenti anche dalle scelte. E quindi ora sono in attesa di altre situazioni.

Molti l’hanno interpretato come un addio definitivo al mondo della discoteca. Nulla di vero: eppure l’avevo spiegato! La “notizia” che è uscita è questa, e continuano a dirmi “mi spiace che abbia lasciato la disco” oppure “non hai abbandonato?”. Ed io ho sorriso. Come chi continua a credere che, visto che viaggio molto, io non viva a Cagliari ma in Spagna.

Le percezioni collettive sono clamorose e si autoalimentano mettendo assieme piccoli pezzi. In una piccola città come Cagliari si genera un telefono senza fili continuo, di notizie e crastuli. In un’epoca come questa, di messaggi numerosi e brevi, distrazione e multitasking umano (fare mille cose, aver mille pensieri contemporaneamente) capir male è facilissimo. Spetta a noi comunicatori essere ancora più chiari e coerenti. Forse lo spiegare troppo complica la vita: bisognerebbe ridurre i messaggi. Uno dei miei vizi. Credere che più parole possano colmare il vuoto di informazione. La gente è confusa e disattenta. Noi che l’abbiamo capito abbiamo le nostre colpe.

Ripeto: tranquilli. Non ho ancora deciso di pensionarmi da deejay 🙂

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