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San Siro

Sono complicato, lo ammetto. E ho sempre mille sovrastrutture mentali.
Alla fine da tempo per me andare allo stadio non è più guardare la partita. Meglio, è anche guardare la partita ma soffermarmi su tanti particolari inutili che compongono lo spettacolo, le persone, i sorrisi, i colori, i rumori, le chiacchiere e i volti. Rubare un po’ di vita e osservare.
E poi godermi a fine serata attimi di leggerezza con un panino e una birra media e prendermi la metro. Sono quelle sere in cui non vorrei mai lasciare Milano perché ti sembra sempre di essere al centro di qualcosa, eppure c’è una valigia da fare e un aereo, domani, da prendere

Il Sant’Elia

Oggi niente Sant’Elia per me, sono qui a Milano per gli impegni da dj. Mentre cammino per Porta Nuova, quartiere avveniristico, con un sole che fa spavento e picchia forte sui grattacieli e le auto impazzite per io Giro d’Italia penso a quanto lo stadio di Cagliari ha fatto parte della mia vita e di quella di tanti. Provate a farlo anche voi, dai!

Quanto ricordi tra gli spalti, quanti episodi, amicizie, quanta paura e quanta riconoscenza per quel luogo che ho iniziato a vedere mano per mano con mio padre in una lontanissima Cagliari-Inter del 1981, tribuna laterale numerata.
Io troppo piccolo e quel luogo troppo grande per me. Entravo gratis, da under12 accompagnato dal babbo.
Salivo le scale dopo aver superato gli sguardi delle maschere ed allora, finiti i gradini, cominciava la gioia, il continuo emozionarsi.

Mi innamorai dei colori, dei profumi di pipa e panini imbottiti e dei rumori della gente, di quei rituali domenicali fatti di palloni e bandiere. Mi batteva il cuore e se non era stadio la domenica erano capricci. Non c’era scampo. Terribile.
Poi la Coppa Italia con il Napoli di Maradona, la serie C quasi C2, i derby, la promozione con Ranieri, il concerto di Vasco, la curva, la Coppa Uefa, anni in cui io e lo stadio eravamo una sola cosa.
Il mio sant’Elia era quello dei sessantamila spettatori, del primo tabellone che ci emozionava, del ponte su Mammaranca, delle tribune lontane e scomode.

Abbandonai lo stadio per anni. Non rimpiansi mai quella scelta. Forse era giusta e doverosa dopo troppo tempo. Un riflusso naturale.

Poi, qualche anno fa, quando oramai non pensavo accadesse più, l’ho riscoperto dietro le quinte, come speaker, nei suoi meandri ogni domenica e a bordo campo.
Mai l’avrei detto che alla fine quel sogno da bambino sarebbe successo ma forse io ho avevo dato talmente tanto al Cagliari che il Cagliari mi ha restituito tutto.

Caro Sant’Elia, sarai pure vecchio e inutile, ma la mia generazione ti ringrazierà per sempre. Terrai sempre con te e con la tua anima un pezzo delle nostre storie semplici.

Ieri e oggi allo stadio

Mai avrei pensato nella vita, quando un giorno con mio padre entrai per la prima volta al Sant’Elia nel 1981 (ricordo ci fosse Cagliari-Inter) di fare lo speaker come tempo fa e poi scoprire tutti gli angoli segreti e i dietro le quinte dello stadio, il profumo degli spogliatoi e il campo da vicino. Tutto quello che accade attorno a una gara.

Da piccolo questo era un posto troppo grande per me, una scatola dei desideri capace di far battere il cuore non appena lo vedevi avvicinarsi dalla macchina o quando d’estate andavi al Poetto e se la domenica tuo padre non ti portava erano lacrime e porte sbattute. Ma lui aveva l’ingresso militari e io spesso mi infilavo gratis davanti a maschere che chiudevano tanti occhi di fronte ai bimbi.
L’urlo dei sessantamila del Sant’Elia faceva paura e spavento a chi come me si avvicinava al mondo con gli occhi di chi ha voglia di scoprirlo senza perdere nulla. Poi c’erano i colori del campo, della gente, le maglie in raso ennerre e i profumi di pipa. I giocatori che diventavano i tuoi miti, magari potevano essere anche quelli forse meno ricordati come Fabio Poli, Quagliozzi, Sorrentino, Malizia, Bernardini, Valentini, giusto perchè i primi ti restano più nel cuore come il mister Giagnoni e Tiddia.

Poi la curva nord, gli Sconvolts, altri anni bellissimi della vita, quelli del liceo, con la sciarpa e lo striscione, gli amici e i cugini. Ci furono le trasferte in nave, la prima nel 1993 a Genova.

Oggi qui è come fosse casa, dagli spogliatoi al campo, dalle panchine alle tribune. E’ finita quella magia e curiosità, forse tanto calcio nella vita ha avuto l’effetto riflusso e razionalità, sarà meglio o peggio? Di una cosa son sicuro: resta sempre bello trottolare da queste parti.

La violenza sta davvero allo stadio e in disco?

LA VIOLENZA STA DAVVERO IN DISCO E NEGLI STADI?

In questi anni è passato il messaggio che i luoghi peggiori del mondo fossero discoteche, locali notturni e stadio popolati di orde di zombie assetati di sangue, criminali, ubriaconi, droghini, pazzi, malintenzionati in servizio permanente.

Ogni volta che succede qualcosa in questi ambienti scatta subito una generale colpevolizzazione e la moralizzazione: CHIUDETE TUTTO, TUTTI COLPEVOLI.

Eppure, se qualcuno ha l’accortezza di starci dentro, di osservare con occhio attento, cosa che probabilmente molti NON fanno, noterà cose stupefacenti: una maggioranza di gente perbene, che studia e lavora, che vuole solo divertirsi passando qualche ora serena, emozionarsi, inneggiare i propri colori, ballare e bersi qualche drink (se non guida quale sarebbe il problema?) e che magari non sta in giro a delinquere e rompere i coglioni.

I pazzi, i deviati, i criminali lo sapete che ci sono anche in altri ambienti giudicati a prova di crimine, sicuri e felici, tipo le famiglie del Mulino Bianco, le case perfette, le chiese, le coppie, i posti di lavoro, le strade dello shopping, i negozi, le scuole? Che dire della violenza che passa in tv, le risse tra politici, gli insulti e tanto altro?
Sapete che la violenza compone la società nel suo insieme e non solo negli ambienti che si reputano, senza aver dati e numeri, più pericolosi?

Come saperlo? Guardi la cronaca, tra crimini, minacce, abusivismo, furti, incendi, teppismo urbano non mi pare proprio che il problema sia lo stadio o il mondo della notte.

Anzi, sono luoghi d’aggregazione che forse, visto quello che c’è in giro, finisco per essere di gran lunga migliori. Eppure…Eppure…

Una data importante

Pagherei per dei fine settimana così, le infinite emozioni e il cuore che palpita tra un DJset potente e lo stadio.
Ieri ero tremendamente soddisfatto della serata da Linea Notturna e poi oggi mi sono emozionato, ho sofferto, ho gioito per una partita, la vittoria del Cagliari contro il Sassuolo: non mi accadeva da molto molto tempo. E pare che la mia presenza da speaker stia pure portando bene in un momento dove la squadra ha bisogno di punti… coincidenze positive!

Strano, vero? 
È stato bellissimo! E se penso che oggi, 24.01, ricorre pure una data importante, il compleanno del mio caro papà, credo che nulla sia stato casuale.
Ovunque tu sia tutto questo lo dedico a TE, ma anche a tutte le persone che mi hanno aiutato in questi anni a far fronte alla tua assenza.

(Volevo condividere con voi questo pensiero).

Le scale dello Stadio Sant'Elia

La prima è andata, con tanta emozione.
Chissà se ne seguiranno altre, ma va bene.
Certo, la vita è strana e a volte ti regala soddisfazioni inattese come quella di fare lo speaker in uno stadio, davanti a tante migliaia di spettatori, in una gara di caratura nazionale (c’era Cagliari-Catania). Soddisfazioni che ripagano tanto lavoro a dispetto di chi ha smesso di credere in te.

Ma è strana perché ti fa tornare in un posto quando meno te lo aspetti, un posto che pensavi aver perduto, come lo stadio e con la squadra della tua città. L’emozione più grande, prima ancora di leggere le formazioni, stando attento a nomi e numeri, è stata salire gli scalini del secondo anello e tornare indietro nel tempo, ricordarmi quante volte ho fatto quelle stesse scale con mio padre, dalla prima volta, un Cagliari-Inter del lontano ’81/82. Altri tempi, altri mondi, domeniche allo stadio, quante. E guai a non andarci. L’infanzia.
Poi ci fu il tempo della curva, delle trasferte, di un amore tradito.

“Gli amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano”, cantava Venditti.

Ecco, questa serata speciale la dedico a mio padre, a tutto il tempo passato, quel che mi ha dato e forse solo oggi l’ho capito. Perché si è quel che si è grazie anche a chi pazientemente ti è stato vicino.

Da lassù sarà certamente sarà felice di sapere che suo figlio ha risalito quelle scale, ha raggiunto un piccolo sogno, anche se dovesse durare solo questa notte.

E grazie ancora al Cagliari calcio e a radio Sintony.

Ps: il Cagliari ha vinto!

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Le scale dello Stadio Sant’Elia

La prima é andata, con tanta emozione.
Chissà se ne seguiranno ma va bene.
Certo, la vita è strana e quando te lo aspetti ti regala soddisfazioni inattese come quella di fare lo speaker in uno stadio, davanti a tante migliaia di spettatori, in una gara di caratura nazionale (c’era Cagliari-Catania). Soddisfazioni che ripagano tanto lavoro a dispetto di chi ha smesso di credere in te.

Ma è strana perchè ti fa tornare in un posto quando meno te lo aspetti, un posto che pensavi aver perduto, come lo stadio e con la squadra della tua città. L’emozione più grande, prima ancora di leggere le formazioni stando attento a nomi e numeri, è stata salire gli scalini del secondo anello e tornare indietro nel tempo, ricordarmi quante volte ho fatto quelle stesse scale con mio padre, dalla prima volta, un cagliari-inter del lontano ’81/82. Altri tempi, altri mondi, domeniche allo stadio, quante. E guai a non andarci. L’infanzia.
Poi ci fu il tempo della curva, delle trasferte, di un amore tradito.

“Gli amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano”, cantava Venditti.

Ecco, questa serata speciale la dedico a mio padre, a tutto il tempo passato, quel che mi ha dato e forse solo oggi l’ho capito. Perchè si è quel che si è grazie anche a chi pazientemente ti è stato vicino.

Da lassù sarà certamente sarà felice di sapere che suo figlio ha risalito quelle scale, ha raggiunto un piccolo sogno, anche se dovesse durare solo questa notte.

E grazie ancora al Cagliari calcio e a radio Sintony.

Ps il cagliari ha vinto!

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