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E' tutto un caso

Metti che (non scrivo per assurdo perché non posso sapere) ci fosse un terremoto ancora più grave di quello di ieri e milioni di italiani dovessero partire e fuggire in poco tempo per salvare la pelle. Poche cose, forse nemmeno un bagaglio, sicuramente lo smartphone (ah, scappi e usi il cellulare? L’ho sentito tempo fa). Terrorizzati e senza più nulla. Una casa, un posto dove stare. 

Prenderebbero le navi e partirebbero senza sapere dove. Partirebbero tutti, onesti e criminali. Ladri, innamorati, pensionati, imprenditori, violentatori, poveri cristi, mignotte, furfanti, leoni da tastiera, vip, fintivip, preti e persone per bene. Mi pare (i giornali ci aiutano) che l’Italia abbia tutte le categorie. Direzione Albania. Ex Jugoslavia. Grecia, Turchia, Marocco perchè sono i posti più vicini.

Oppure in Svizzera o in Francia o Spagna. 
Metti, poi, che dopo un po’ qualcuno di questi paesi a fronte delle migliaia di sfollati italiani iniziasse a incazzarsi perchè vengono ospitati negli alberghi o dove volete e nutriti e assistiti e alzasse barricate, scendesse in piazza e dicesse NO AGLI ITALIANI, PRIMA GLI ALBANESI, PRIMA GLI SVIZZERI, CI RUBANO I SOLDI. Oppure anche una regione vicina, iniziasse a lamentarsi dell’afflusso di sfollati, come si è letto sui piani d’evacuazione in caso di eruzione del Vesuvio (ricordate quanti lamenti?)
Voi dite che non potrebbe mai accadere? Voi che vi lamentate oggi? Pregate allora. Pregate che non accada mai. Pregate di rimanere sempre nella categoria fortunati, nelle vostre case calde, potendovi guardare Netflix o sorseggiare un bel caffè la mattina parlando di Renzi o dell’olio di palma. 
Devo darti una brutta notizia: la storia e il destino non si conoscono e quando chiudi la porta e il cuore ai drammi altrui, mettendo davanti i tuoi interessi, chissà che poi nei cicli e ricicli non tocchi la stessa sorte. 

Essere fortunati non è un concetto eterno. E’ solo un colpo di culo. 

Sei nato in paradiso e non sei nato in Iraq o Siria. Sei nato sotto un cielo azzurro e non sotto un azzurro offuscato da bombe. Non è un diritto, non sei migliore, non hai fatto nulla, non hai versato sangue, è solo un destino. E’ solo culo. Sei stato abituato a pensare che te lo meritassi, finché ti va bene. 

Basta poco, una terra che trema, un fiume che esonda e ti ritrovi anche tu, più che padrone, migrante a casa tua.
Siamo tutti in equilibrio sull’abisso.

Verità giornalistiche e fiducia

Leggendo certe parole di alcuni genitori della scuola di Cagliari dove dei piccoli migranti iscritti hanno scatenato reazioni (compreso il famoso “bagno riservato”) mi è venuto il dubbio se queste fossero vere oppure no, tant’erano assurde. 

“Stai attento a quelli lì, abbiamo paura, le malattie e l’età”. Robe prese da qualche film che parlava di apartheid. Ma siamo nel 2016, in una città discretamente benestante e civile. 

Le interviste radio/tv hanno confermato il fatto dalla viva voce di alcuni protagonisti e quindi posso essere sicuro che sua accaduto. Però certo giornalismo, la maggioranza, ci sta abituando a dubitare sempre:tante e tali balle e trucchetti acchiappa-clic, parole rubate e inventate, che finché non vedi e senti le situazioni e non sai bene chi scrive un pezzo (e la sua onestà) non credi più a nulla di quello che leggi. 

Chiunque, se ci pensate, può inventarsi racconti e parole e non hai modo più di verificare. O spiegatemi come si possa fare se non tramite video o audio o presenza fisica. Perchè non potrebbe succedere? Perché nell’ansia di fare notizia e accessi tanti non dovrebbero farlo? Chi garantisce il lettore? La fiducia è caduta. Non esiste quel patto intimo tra giornalista e lettore ma solo uno che scrive (anche quel che vuole) e uno legge e crede a tutto quello che legge. Purtroppo, ripeto.

Migranti a Cagliari

Ho recuperato un po’ di cose, tra me e i vicini, abbigliamento, scarpe e oggetti per la pulizia personale, quel poco che potevo per aiutare queste persone. Ora mi avvicino all’ex Motel. Quando andranno via si ricorderanno che la Sardegna è un luogo speciale, terra di amicizia e accoglienza.
Vivere è sempre diverso che vedere in tv e leggere. Ne ho sempre costantemente bisogno per capire e farmi le mie piccole idee sul mondo.

Prima sono stato al Motel Agip. Ho portato qualcosa per i migranti che stanno là da qualche giorno, ho provato a chiacchierare con qualcuno, ho incrociato e ricambiato sorrisi, ho detto ciao e fatto il cenno con la mano.

Mi sono commosso durante il primo video, ho provato in questi pochi minuti a capire cosa stesse accadendo a due passi da casa. Forse un pezzo di storia. Era importante capirlo dal vivo. E l’ho fatto da solo, con discrezione e semplicità, senza temere per un attimo qualcosa.

Ho visto tanti ragazzini, bimbi in tute colorate giocare a pallone, altri prendere il sole, altri chiedermi un euro e una giacchetta, altri ripulire i giardinetti. Ho visto volontari faticare. Ho visto tranquillità e incrociando sguardi ancora una volta mi son detto fortunato di tutto quello che ho e mi son chiesto come facessero loro, dopo tanto penare, naufragare e fuggire dal sud del mondo, con il nulla addosso e forse solo la direzione nord, a continuare a sorridere e sperare.

Dissotterrare la paura, il nostro compito.

Forse anche oggi in quei volti ho scoperto un piccolo pezzo delle verità che sto cercando da tanti anni.
(Consiglio a molti, specie ai tanti ragazzi che mi leggono, di portare qualche loro capo d’abbigliamento comodo o scarpe – si cercano taglie S e M, prodotti per igiene bimbi, comunque passare anche al Motel Agip, scambiare un gesto e un sorriso con questi ragazzi, la sensazione sarà davvero speciale)
Ps trovate tutte le info nel gruppo https://www.facebook.com/groups/1725438017727582/

Io non scriverò Je suis Paris

Io non scriverò Je suis Paris. Io sono qualsiasi innocente a qualsiasi latitudine venga ucciso.

Oggi sono vicino a Parigi, ieri nel Sinai, in Medio Oriente, domani chissà.

Sono il cristiano, il musulmano, l’ebreo.

Sono chi è vittima dell’odio politico o religioso, chi non c’entra niente, chi sta nel posto sbagliato.

Sono chi non etichetta nessuno e chi non lancia parole d’odio anche quando scorre il sangue.

Sono chi apre le porte nelle notti di tempesta, sono chi unisce non chi crea divisioni.

L'Europa, le persone

Una foto scorrendo facebook tra un djset e un altro mi colpisce: un bimbo tedesco aspetta i profughi alla stazione.

Sta succedendo in tante parti del continente.

Gente semplice che accoglie altra gente.

Non è forse bellissimo?

Allora penso a tante cose.

Perché essere europei è prima di tutto un gesto, un sentimento.

Perché la gente vuol far parte della storia, non subire passivamente.

Perché abbiamo tanto da imparare, noi col nostro provincialismo ignorante e i nostri distinguo.

Perché prima delle analisi politiche, delle logiche economiche, dei partitini, dei padroni a casa nostra, degli accordi e delle monete, delle geografie, dei commenti sul web, dei titoli e degli editoriali, ci sono le persone. LE PERSONE.

Eppure dico, viva l'Italia

Siamo sempre un bel paese! Inutile negarlo.  Ne ho le prove.

Sapete quanto sono critico nei confronti dell’Italia, ma c’è qualcosa che ancora mi fa sentire orgoglioso: il nostro buon cuore.

Non tiriamo gas contro i profughi. Non li marchiamo. Non alziamo muri.

Ne abbiamo salvati migliaia in mare. Li accogliamo come se fossero nostri figli pur con le nostre difficoltà.

Ecco un motivo per cui stavolta dico che siamo, comunque, un popolo meraviglioso.

(Pensieri patriottici a Barcellona)