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Andrea Doro, marketing a misura di impresa

Una di quelle persone conosciute su facebook per via dei contenuti, sempre interessanti e con il giusto piglio provocatorio che postava. Quando Andrea fa un’analisi di marketing non è mai banale e scontato, anzi stuzzica sempre un po’ la curiosità di chi legge. E così, dopo un bel po’ di tempo, e alcuni caffè e incroci mancati dalle rispettive vite e lavori (mea culpa!), ho deciso di intervistarlo a distanza.

Chi è, per cominciare, Andrea Doro? Uno che ha deciso, mi racconta, di seguire una strada in solitudine, dedicandola alla sua professione, che non trova sempre – come altre materie affini – giusto riconoscimento in una terra che vede ancora con sospetto tutto ciò che esula da storia, tradizione e così si è sempre fatto.

Ci sono molte cose in comune con alcune mie idee di vita e professione, ecco perchè era impossibile non metterlo dentro il mio sito tixi.it

“Dopo la laurea in economia, e il comodo e sicuro impiego in banca, mi accorsi che ciò che avevo studiato nell’ambito della gestione d’impresa, era, ahimè, soltanto pura teoria. Man mano che mi incuriosivo sulle dinamiche del fare impresa, mi avvicinavo sempre più a modelli e idee di gestione degli affari sotto un profilo realmente pratico, grazie ad alcuni grandi imprenditori, che ritengo ancora oggi dei mentori. Lasciai così la “sicurezza” del posto fisso, per studiare da vicino i fondamentali della promozione e strutturazione dei business. Oggi presto consulenze di content marketing, a professionisti e imprenditori di vari settori, lavorando con loro per comunicare il loro Posizionamento nel mercato.

– Cosa significa per te fare marketing?
Significa vivere la dimensione delle imprese sotto una luce fatta di regole scientifiche e ordine. Nella mia personale esperienza quotidiana, ragionare e attuare misure di marketing, vuol dire anche affrontare la complessità dell’economia da un punto di vista sicuramente privilegiato.

– E’ possibile fare marketing in Sardegna? Quali le possibilità, quali le difficoltà.
In Sardegna è possibile fare marketing, probabilmente, più che in altre regioni d’Italia. Il motivo è abbastanza singolare e quasi mai condiviso dagli operatori di settore, e riguarda la totale assenza di reale competitività…mi spiego meglio. Ciò che in Sardegna viene definito impropriamente marketing, è in realtà un estratto di uno stereotipo legato ad una visione popolare di questa che a mio modo di vedere è a tutti gli effetti una
scienza. In Sardegna abbiamo vari player operanti in singoli strumenti promozionali – ma neanche uno Studio progettazione marketing.
Le difficoltà di fare marketing in Sardegna, per quanto riguarda me e i miei colleghi in Rialzo Impresa, è unicamente legata al tempo e non, come si potrebbe pensare, alla mentalità dei sardi. Il tempo, a mio modo di vedere, ci darà l’opportunità di stimolare gli imprenditori coni principi del
marketing strutturale.

– Sardegna, le difficoltà di fare impresa.
In Sardegna, le difficoltà di fare impresa, non sono diverse o maggiori rispetto a qualunque altra regione d’Italia.
Vi è tuttavia una consistente criticità, legata al senso di rassegnazione imperante e alla cattiva abitudine di sentirsi vittime dei poteri economici esterni all’Isola.
In realtà, ritengo che anche questo non sia un vero problema, perché laddove si trovano imprenditori e imprenditrici con questi “difetti”, si possono trovare, matematicamente, anche i loro opposti – ed è dunque possibile creare sinergie straordinarie.

– Spesso di tende a confondere marketing e comunicazione, come vedi il rapporto tra queste due aree?
Sono convinto che la discussione tra quali differenze possano esserci tra marketing e comunicazione, sia del tutto inutile.
Quando si comprenderà il significato di marketing, forse lo si potrà rapportare al tema più generale della comunicazione.
È un po’ come distinguere l’oceano indiano e l’oceano Pacifico – per gli esperti la discussione non avrebbe mai fine – ai profani, basta pensare a due grosse quantità d’acqua salata, che bene o male trovano comunque un punto di incontro.

– Parlaci del tuo progetto e della tua attività a Porto Torres.
La mia attività, nata dalla collaborazione con Andrea Pinna, è semplificabile in un concetto unico: il servizio del marketing strutturale.
L’idea nacque dal poter diffondere i nostri studi teorici e sul campo, verso il tessuto economico sardo, in prima fase, e a livello nazionale successivamente.
Il percorso che ci portò a decidere di unirci in questa difficile avventura, fu stimolato dall’individuazione di quella che noi definiamo “una falla di sistema”. La falla che fummo in grado di individuare, era ed è legata ad un’errata percezione dei servizi di marketing.
In Sardegna (ma anche nel resto del Paese), vi è la convinzione che il marketing espresso in servizi per le Imprese, riguardi singoli strumenti (Social Media, blogging, e-commerce o media offline), e quindi non tutto ciò che dovrebbe comprendere la progettazione di un brand.
Pensammo che a colmare questo gap, potesse essere la nuova scena formativa composta da nuovi ed importanti nomi in ambito di materie quali il brand positioning, i sistemi di marketing detti misurabili o i metodi di acquisizione automatica.
Purtroppo, anche in quel frangente, ci accorgemmo che più che altro si era attivata una sorta di bieca catena di Sant’Antonio della formazione marketing.
Pensammo dunque di scomporre, quasi a livello molecolare, ogni tipologia di sistema proposto dai personaggi più seguiti, e scoprimmo che in realtà, sia sul lato marketing Service, che su quello legato alla formazione, vi era più che altro una spinta emotiva degli utenti, stimolata dall’idolatria
verso stili di vita venduti un tot al chilo. Fu un duro colpo. Ma fu quella scoperta, che ci portò a studiare – testare ed implementare, tutte quelle misure correttive e concrete di marketing, basate sulla micro economia del tessuto italiano, e fu a quel punto che coniamo la definizione di marketing strutturale.
Oggi, questo nostro sistema, è accettato da decine di partners aziendali, collaboratori interni ed esterni, e sopratutto dagli Imprenditori e le Imprenditrici che diventano nostri clienti. La nostra missione è anche quella di smascherare quelle pratiche ingiuste, specie in ambito formativo, anche perché taluni sono ancora convinti che per far funzionare un’impresa, sia sufficiente crogiolarsi in un perpetuo e costoso aforismario.

– L’approccio che spesso usi è ironico-polemico, pensi possa essere seguito? Non lo trovi rischioso?
Grazie per la domanda. Spesso mi viene posto un quesito simile. Il mio modo di esprimere i concetti viene spesso travisato. Ora, se per lavoro non mi occupassi di comunicazione, potrei sostenere che ciò è del tutto casuale…in realtà molti utenti considerano i miei modi al limite dell’arroganza e della spocchia. Per essere totalmente sincero, ciò che sostengo nei miei post facebook, e il modo con il quale sviluppo il testo, è dettato, il 99% delle volte, da vera e propria
rabbia. La differenza tra me (ed anche i miei colleghi), ed alcune altre persone interessate al mondo delle imprese e del marketing, che seguono certi stili di scrittura “dirompente”, è che nel mio caso, la rabbia, viene da ciò che incontro tutti i giorni nelle mie attività.
Quando un giorno sì, e l’altro pure, vedi imprenditori che cascano nelle reti di qualche agenzia di furboni, o ti imbatti nei soliti trucchetti di dialettica mista a retorica da quattro soldi, che trascinano nel nullismo, chi ha sudato tutta una vita per tirare su un’impresa, arrabbiarsi diventa il minimo.
Quando vengono omessi i fondamentali del marketing e della vendita, per ottenere dei profitti più facili ed immediati, sacrificando la vita di Imprenditori ignari, perdona l’espressione, ma mi si girano le palle.
Non so se è una metodologia che funziona, quello che so è che continuerò ad esprimermi liberamente, per come vedo il mondo delle imprese e seguendo i principi fondanti del sistema del marketing strutturale.

– Ci sono aree di marketing (tipo di aziende, prodotti, servizi) che ti colpiscono di più?
Sicuramente vi sono dei macro settori come quello della Sanità privata, per il quale nutro un forte interesse.
Dal mio punto di vista non esistono “aree di marketing”, ma solo strutture uniche di marketing. Mi spiego meglio: negli ultimi anni, è passato il messaggio che il Marketing sia suddiviso per aree o per tipologie. Nella mia visione, il marketing può essere al massimo suddiviso, in analitico, operativo e strategico.
Sicuramente sono molto più propenso all’operatività del marketing, perché credo fortemente nella praticità e nei numeri.
Per quanto riguarda prodotti e servizi interessanti, ultimamente, né ho potuto conoscere diversi, di cui non posso parlare per via della riservatezza. Posso comunque dire che c’è un fermento e un trend in crescita nel settore dell’automazione tecnologica dei processi di gestione delle aziende.

– Come nasce una tua analisi di un’azienda? Su quali basi? Come ti muovi?
Quando analizzo un’azienda o l’attività di un professionista, seguo ciò che noi chiamiamo lo schema srutturale.
Innanzitutto voglio conoscere ogni dettaglio, ogni percorso ed ogni passaggio l’imprenditore o l’imprenditrice abbiano compiuto fino al giorno del mio arrivo. Sulla base di ciò che posso inserire nello schema, inizio a tracciare una “linea di semplificazione” dei processi, riguardanti: la focalizzazione, il collocamento strutturale dell’iniziativa nel mercato, i livelli di protezione e la struttura di compattazione dell’offerta.
Potrei scrivere centinaia di pagine per spiegare questo processo, ma per semplificarlo ed essere molto breve, immagina ciò che un Ingegnere è tenuto a valutare nel momento in cui viene chiamato a progettare l’edificio per un asilo.
Un ingegnere responsabile, non valuta ciò che saranno i colori delle pareti, o quanti fronzoli dovranno avere le colonne di entrata dell’edificio, un vero professionista si preoccupa di compiere analisi idrogeologiche sul terreno, calcolare meticolosamente i carichi statici e quelli dinamici – aggiungere la massima ridondanza di sicurezza alle strutture, valutando che al suo interno dovranno coesistere delle persone, o come in questo caso, dei bambini.
Solo dopo queste considerazioni, può nascere una forma riconoscibile. Solo al termine di un duro percorso di progettazione, una Struttura può immettersi nel mercato e stabilire la propria identità univoca.

– La situazione più curiosa che hai vissuto con un cliente.
Ho assistito a varie situazioni curiose. Ricordo in particolare un ciente. Gli facemmo un cnsulenza su un suo progetto già in essere, e come sempre, lo mettemmo al corrente di tutta una serie di possibili criticità. Tra l’altro, erano criticità che avrebbero seriamente compromesso il suo investimento e probabilmente anche la sua futura credibilità come individuo. Ricordo che fu molto soddisfatto della cnsulenza che, come sempre, era a pagamento. Come forse saprai, siamo l’unica realtà in Italia, a far pagare le consulenze iniziali.
Ad ogni modo, per lo step successivo, prepammo una dettagliatissima scheda di piano operativo di marketing strutturale, contenente anche tutte le misure attuative per eliminare la possibilità di incappare in qualunque tipo di criticità. Ci rispose che anche sua cognata faceva piani operativi di
marketing strutturale e che glielo avrebbe sviluppato gratuitamente. Fu esilarante anche perché il metodo del marketing strutturale è una nostra creazione, e nessuna agenzia al mondo ne conosce i dettagli. Ridemmo per giorni.

– Vedo il tuo spirito polemico quando parli di istruzione e università, come mai  e cosa proporresti?

Questa domanda è interessante. Provengo da una formazione economica ma da quando ero un semplice universitario ho sempre visto i tremendi errori di un sistema scolastico come quello italiano. Ultimamente sto svolgendo dei seminari presso l’Università proprio su questo tema che mi sta davvero a cuore.
Il problema di base è rappresentato dall’incapacità dell’università di formare degli studenti adatti a vivere al mondo di oggi e non negli anni ’70.
Gli studenti oggi devono avere strumenti ben diversi, che sono dati data la velotià della società e della tecnologia e il sistema non può più permettersi il lusso di far sprecare tempo per lo studio di materie teoriche come una volta. Vorrei prendere come esempio la facoltà di economia, ovvero quella da cui provengo.
Tale facoltà non si occupa minimamente di impresa. Non aiuta lo sviluppo di una mentalità imprenditoriale o semplicemente autonoma agli studenti ma rappresenta, di fatto, solo un ponte tra loro e il mondo del pubblico impiego. Questo aspetto era accettato fino a qualche decennio fa ma oggi, per me, rappresenta la forma più bassa di un sistema che dovrebbe istruire e dare una cultura alle persone presenti.

Queste istituzioni non si prendono mai la responsabilità reale di cosa succede agli studenti, se così fosse racconterebbero loro fenomeni come la “sostituibilità” nel mercato, ovvero processi moderni e reali che dovranno toccare con mano una volta usciti da quelle istituzioni.
Oggi viviamo in una società formata da algoritmi, bot automatici, macchine che compiono lavori e automazioni senza che le aziende sostengano costi fissi come i lavoratori.
Io stesso con Rialzo Impresa ho dei sistemi totalmente automatici che lavorano 24h su 24 senza aver bisogno dell’intervento umano. Tutto questo andrà spiegato un giorno a tutti quei ragazzi che in buona fede, pagano le tasse universitarie, studiano e non potranno trovare nessun posto di lavoro e se non ci pensano le istituzioni a dirglielo, nel mio piccolo, ci penserò io. Ciò che le istituzioni non vogliono vedere è il progresso tecnologico della società che porta a rivedere totalmente i programmi ministeriali e le metodologie di insegnamento.
Dovrebbero fornire competenze specialistiche agli studenti, aiutarli a sviluppare una mentalità di gruppo, a ragionare da persone libere e autonome, a rendere loro delle figure-chiave insostituibili sul mercato. Fare tutto questo significherebbe mettere in discussione tutto e purtroppo questo rappresenta per loro, un problema.
Faccio un esempio molto pratico: chi entra in economia si ritrova con manuali da studiare come la “concorrenza perfetta” che sappiamo, come affermano gli stessi docenti, essere un modello totalmente teorico e irrealizzabile. Si ritrovano poi con materie come “diritto fallimentare” e in generale con una cultura penalizzante, negativa e volta alla non-costruzione di un pensiero autonomo e imprenditoriale.

E’ un paradosso che non sappiano da che punto iniziare per costruire un impresa ma conoscano alla perfezione il fallimento di essa. Non ci sono materie moderne, non si fanno lavori in gruppo, non c’è un ufficio di orientamento al lavoro, non si crea un Business Plan, non si insegna il Business Model Canvas.
Non credo che la mancanza di tutte queste discipline possa giustificare la parola “economia” in tali facoltà.

– Oltre la professione, come si racconta Andrea Doro?

Sono un ragazzo giovane ma che ha avuto la fortuna di incontrare persone che mi hanno fatto conoscere la realtà delle cose. Intendo il vero lavoro, i sacrifici, gli errori comuni e le difficoltà locali. Ho passato davvero un inferno, ma lo rifarei altre mille volte. Non ho mai amato la superficialità, le persone senza polso e chi non prende mai una scelta. Oggi posso affermare che per raggiungere alcuni obiettivi non bisogna solo avere competenze o tenacia ma bisogna avere una dote che non viene insegnata da nessuna parte. Parlo della consapevolezza di poter perdere tutto. Per me è stato così. Per tanto tempo ho dovuto fare delle rinunce, sia rapporti sentimentali, sia di amicizie o contratti lavorativi. Vedevo i miei coetanei uscire, divertirsi, far festa, fidanzarsi mentre io dovevo far finta di nulla, ingerire il rospo e andare avanti sapendo che ciò che avrei ottenuto mi avrebbe ripagato di tutto l’impegno. Così è stato. Oggi sono una persona che ha pochissimi amici ma veri, mi piace viaggiare, vedere il bello di ogni situazione, di ogni esperienza, affrontare le mie giornate con un’ottica volta all’imparare e a creare valore per i pochi che mi stanno attorno e hanno fiducia in me. Odio le faccende domestiche lo ammetto, automatizzerei tutto quel comparto, ahimè, è un mio punto debole.
Amo il buon gusto, la classe e ascoltare i racconti e lo storytelling calcistico di epoche passate.

 

 

 

Astenersi complottari

Immaginatevi solo a Milano un sushi bar con personale cinese e proprietario pugliese. Cinesi efficienti come macchine, gentili e professinali e lui che ci mette il calore meridionale, si occupa dei clienti, saluta tutti sorride, bacia e ricorda perfino i nomi dei clienti. E se non ti conosce parla con te. E la cucina? Un mix di Puglia, Giappone e Cina.
Locale pieno.
Lezioni di marketing allo stato puro.

(Astenersi complottari)

Marketing e comunicazione, gemelli diversi

Esco dall’ufficio di un cliente e scrivo due parole per evitare una confusione che spesso si fa.
Comunicazione e marketing per quanto interconnesse sono due attività diverse. Necessitano di esperienze diverse. Difficilmente un comunicatore, che maneggia parole, strumenti e contenuti, può essere un genio di marketing. Vale anche il discorso opposto. Ovviamente ognuno ha anche una base di strumenti e competenze minime dell’altro, come un attaccante che sa difendere e un difensore che sa anche attaccare.

Mi sforzo sempre di spiegarlo per non generare illusioni e non vendermi mai per quello che non sono. Penso sia onesto anche se perdi clienti (ed io per questo motivo ne ho persi). Ma alla lunga la specificità paga se ben accompagnata anche dal resto ed è bellissimo condividere un lavoro con chi sa fare bene il marketing. Ci contaminiamo a vicenda.
Il mio pensiero finale? il comunicatore è semplicemente il braccio armato del marketing.
Ovviamente ognuno la vedrà diversamente

In Sardegna nessuno crede nei social?

 

Qualche ora fa mi hanno girato un’intervista a un giovane scappato dall’Isola perché, leggevo, «qui nessuno crede nei social».

Le esperienze fanno benissimo e se ha trovato il suo Eldorado non posso che fargli i complimenti, anche se fare confronti tra realtà di milioni abitanti e opportunità con quattro gatti come noi, è davvero difficile.
Riprendo la sua frase «qui nessuno crede nei social»: è davvero così? Siamo così arretrati su questo fronte? In termini di innovazione siamo sempre stati dei pionieri. Manovriamo il web da tempi non sospetti e siamo una delle poche regioni in Italia dove qualcosa si muove davvero.

Vorrei comunque mostrargli una bella lista di attività, aziende e istituzioni locali che che seguo e nei social ci credono eccome. Investono fondi e chiamano pure persone che ne seguono la comunicazione. Altri magari non possono. Altri magari non percepiscono, ma arriveremo anche a quelli, ne sono sicuro.

Bisogna però sporcarsi le mani: qualcuno spieghi alle aziende e alle istituzioni, ai negozi, le opportunità dei social (e della comunicazione in genere), trasmetta la propria passione ed esperienza, si proponga seriamente, come provo sempre a fare con possibili clienti.

Credere nei social significa cambiare totalmente la visione della promozione che hanno tanti, legata ancora agli spot tv e agli spazi sui giornali, agli slogan “i migliori siamo noi” e quant’altro. Ma il risparmio e le possibilità sono davvero infinite. Tocca a noi, sul campo, conquistare la fiducia e i clienti. È come un’eco di montagna. Qualcuno lo sentirà.

Diceva un tale: io non aspetto clienti, io li creo.

Comunicazione, palloni gonfiati e qualità

Spesso scrivendo su facebook indirettamente arrivano lezioni interessanti per il tuo lavoro.

Ieri ho fatto su facebook una battuta sull’illuminazione di un grande magazzino della mia città, la Rinascente, paragonandolo al noto Harrod’s di Londra. Ho ricevuto nel giro di poche ore oltre 160 mi piace. Qualche tempo prima avevo fatto una riflessione sulla vita e recuperato 8 mi piace.

Sia chiaro, esempio come tanti, vuole  dire poco o nulla. Ma se fossi poco attento potrei pensare: ecco cosa vuole il mio pubblico! L’ho capito! Già. Devo fare il comico, scrivere battute, ironizzare. Niente spessore, solo leggerezza. E’ tutto chiaro, finalmente!

Il target, il nostro faro quando decidiamo di fare comunicazione e marketing. Perchè senza capire a chi ci stiamo rivolgendo, specificando il più possibile, non possiamo elaborare nessun messaggio o campagna.

Eppure non credo che sia così facile, vi spiego perchè:

1) il marketing e la comunicazione hanno dei principi base ma vivono di sperimentazione continua: prima di sapere cosa possa piacere al vostro target, dovete sperimentare. Spesso tanto. E capire dagli indizi come dei bravi detective quale sia la strada giusta.

2) quanto siamo sicuri che i ‘mi piace’ siano un successo (e duraturo)? Vediamo spesso circolare video virali, pagine fan, articoli in cui il vanto è il numero di like e visualizzazioni. Passato un po’ di tempo, tutto evapora. I fenomeni del web. Oramai è chiaro. Non servono a granchè se dietro non c’è strategie.

3)  quanto siamo sicuri che quei 150+ mi piace si tradurranno in contatti e vendite o rimarranno solo attestazioni generiche di stima, affetto o semplici pacche sulle spalle?

Il target è fondamentale. Ma senza qualità e spessore nei contenuti, nessun marketing e comunicazione funzionano. Ovvero sappiamo bene che gattini, qualunquismo, meme, video virali e altri contenuti low cost creino molto ascolto. Ma hanno anche una forza relativa e un valore temporaneo. Inoltre che identità aziendale/personale trasferiscono a chi vi segue? 

Forse aggregano, diventano palloni gonfiati ma alla lunga esplodono.

E noi “comunicatori” (brrrr che parola infima) abbiamo un compitino importante. Ogni strategia in ogni campo deve riuscire a dare anche qualità. Questo non vuol dire che l’ironia e la leggerezza non debbano esistere, ovviamente commisurati al contesto in cui operiamo.

Sono un teorico della umanizzazione del messaggio. Dare calore a ciò che si scrive, far vedere che ogni istituzione e azienda hanno persone e non automi, conta più di avere strategie perfette. Ma questo è un altro discorso. Ne parleremo un’altra volta.

Intanto diamo qualità alle campagne e ai messaggi. Proviamo a essere noi quelli che indicano la strada, e non solo a farci travolgere dagli eventi e dai gusti. Con il massimo dell’ascolto e dell’umiltà. O perlomeno sforzarci e provare. Che dite?

Lezioni di Marketing a Gardaland

Gardaland è una grande lezione di marketing. Ogni anno una nuova attrazione, spazi rivisitati, curiosità e servizi. Quest’anno il labirinto verde è diventato area giochi per bimbi con sabbia e lo Space Vertigo si è trasformato in questo adrenalinico Oblivious.

Un’attenzione al cliente che insegna tanto agli osservatori curiosi.

Qualcuno risponderà le solite frasi come “quando ci sono soldi è tutto facile”, io non sono proprio d’accordo. Servono pure le idee e la capacità di reinventarsi.

Molti imprenditori all’investimento preferiscono l’auto da sfoggiare o altre inutilità, buttando soldi giusto per farsi vedere (liberi di farlo), appena gira una moda/una tendenza la cavalcano (senza neanche sapere poi in cosa consista) finché non viene completamente svenduta, vedi il tormentone dell’aperi.

Ringraziamo invece gli innovatori: la cassa ringrazierà sempre.

Markettin caddozzone

Bene, hai la tua aziendina, il tuo localino, il tuo servizio.
Apri la tua pagina (molti usano il contatto personale, errore), fai la grafichetta, il rendering, ci incolli qualche frase tipo “elegante, fashion, leader sul mercato, professionale, ecc” e poi credi che sia tutto finito? Invece no. Hai perso. Vuoi sapere perché?

– se il tuo personale è sgarbato HAI PERSO
– se cuochi, dj, fotografi, barman, promoter, cassiere, buttafuori sono scadenti HAI PERSO (come sapere se sono scadenti? basta guardare il curriculum)
– se non comunichi (e bene) HAI PERSO
– se non pubblicizzi quel che fai in giro (e bene) HAI PERSO
– se non guardi il mercato e i tuoi competitor HAI PERSO
– se non ti aggiorni HAI PERSO
– se non sorridi HAI PERSO
– se non ascolti il cliente HAI PERSO
– se ti lamenti per una critica costruttiva HAI PERSO
– se non rispondi ai messaggi e alle chiamate, pur lasciando i contatti HAI PERSO
– se pensi di risparmiare facendo tutto tu HAI PERSO

Ci vuole davvero poco per perdere!

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