Posts tagged libano

Cosa resterà del Libano?

Provo a riassumere questo assaggio senza presunzione di aver capito tutto.

Forse resterà il volto di questo bimbo che mi gioca davanti e poi si siede sorridendo e curioso a guardare quello che scrivo. Me lo chiedo ora.

Potrei dilungarmi per giorni a parlare di questa esperienza: narghilè, taxi collettivi, autisti pazzi, attraversamenti a rischio, moschee e chiese, spazzatura, palazzi crivellati dalle pallottole, cibi speziati, soldati e armi ovunque.
Il Libano non è tutto il Medio Oriente ma racchiude tanto di nostri e di medioriente, tale da sentirti a casa ma anche lontano. Racchiude quello che è stato molto Medi Oriente prima che la politica e le armi distruggessero tante realtà come questa. Forse era quello l’obiettivo: evitar che ci fosse un Medio Oriente aperto e capace, con la sua complessità, di essere nonostante tutto un posto fantastico dove le persone potessero convivere. Che non vuol dire senza problemi, disagi, errori e senza ritardi. Ma il mondo non è solo casa nostra e non viaggia alla nostra velocità.

Beirut, quelle contraddizioni che afferri solo quando scendi in strada e cammini senza meta, vedi la vita normale di giovani e anziani convivere con continuo rischio di attentati, la voce del muezzin e poi le campane delle chiese, i vecchi e i giovani, le donne col velo e quelle occidentali, tutte bellissime, la lingua inglese, il francese e l’arabo, il mare e la cortina di monti, le case distrutte e i grattacieli che sembra New York, il caos delle periferie e l’ordine svizzero del centro.
Contrasti, tanti contrasti, con l’inconfondibile musica araba in sottofondo (finalmente qualcosa di nuovo rispetto a El taxi) a far da collante. Ci sono tante cose che ti lasciano perplesso ed altre che ti fanno innamorare tremendamente di questi viaggi complicati in cui l’amico medio ti dice “ma cosa vai a fare?” ed io rispondo “A vedere, a capire, ad amare”. Alla fine scopri che non ci sono monumenti, siti archeologici, luoghi. Che la forza qui è il palazzo, la gente, l’aroma in strada, l’anima, quell’anima che cogli solo nei posti dove c’è stata vita e sofferenza, non in certi centri che sembrano la riproposizione delle nostre città mercato. Il mio viaggio sta tutto in questo. Nelle piccole cose che porti e che ora, a due minuti dall’imbarco, ti fanno scendere quell’immancabile lacrima mentre i bimbi continuano a giocare con un carrello e il sole comincia già a mormorare di aver sonno e sono le 4. E’ difficile da spiegarlo. Una ricarica di vita. Poi senti la voce di un incazzatissimo italiano che litiga al telefono e capisci che tutto sta per finire. Che stai tornando a casa. Che dovrai misurarti di nuovo col nulla. Che la felicità non sia spesso e volentieri nei posti sicuri e ricchi, ma anche altro, dove meno ti aspetti.

Grattacieli e chiese a Beirut

Dov’eravamo rimasti? Facciamo un salto a ieri, la puntata al quartiere di Downtown, la parte avveniristica della città. Camminata di un’oretta sullo splendido lungomare, incrociando venditori di pistacchi, pescatori e semplici anziani che fanno ginnastica, per trovare una Beirut completamente diversa da quella araba.
Forse sorprendente ma per i miei canoni di viaggiatore poco interessante: palazzi, grattacieli, Zara, Massimo Dutti, Ferrari, Pizza Hut e vari negozi firmati.
Cosa ci sarebbe di entusiasmante? mi son chiesto. Nulla. Insipida. Così come quell’hamburger consumato in un bar francese di cui nemmeno ricorderò il nome.
Non mi ha lasciato NULLA.
Però c’è sempre qualcosa di interessante e toccante, come la vicinanza tra palazzi distrutti dalle bombe della guerra civile e nuovi e sfarzosi grattacieli. La presenza assidua (rassicurante?) dei militari in mimetica e carro armato in ogni angolo e zona di un centro completamente blindato e a prova d’assalto (in alcuni casi ci sono anche le barricate). Impossibile entrare a Nejmenh Place. A Beirut tutti gli obiettivi sensibili, che siano chiese, moschee, scuole, università, mc donald, palazzi presidenziali, residente, ambasciate, sono controllati dall’Esercito.
Superati i militari, a pochi metri c’è il Suck (che è una città mercato elegante e senza fortunatamente i maleducati delle nostre latitudini), le auto di grossa cilindrata che sfrecciano, gli ingressi affascinanti e le strade pulite. I grattacieli continuano a nascere. I lavori fervono. La città cresce più di quanto si pensi. I soldi girano. Ma ti resta davvero poco di questa zona. Neanche le luci delle vetrine di Armani ti colpiscono o ancora Rolex. Ma Beirut non è solo lusso e sfarzo. Anzi. Meglio ributtarsi nella verace quotidianità della Beirut orientale. Quella sì, che almeno ci emoziona.

Verso il Libano

Tra qualche giorno partirò in Libano. Programmare un viaggio così in solitaria, diverso dalla solita e rilassante tappa europea, è un bel lavoro: ascoltare le persone che ci sono state, leggere le guide, controllare i percorsi, adeguarsi a quelle che sono le usanze di un paese molto diverso dal tuo, in un contesto culturale differente. E poi la registrazione sul sito della Farnesina e altre piccole ritualità di un viaggiatore dilettante.
Noti particolari interessanti che allargano ancora di più la tua curiosità e consapevolezza che il mondo sia tutto da scoprire. Dai semplici gesti delle persone a cui fare attenzione ai posti dove è sconsigliato andare per motivi di sicurezza, da come è consigliato spostarsi a come comportarsi fino a ciò che si può fotografare.
Non vi nascondo l’emozione di questi giorni, che supera forse un pizzico di paura in un momento storico certamente unico e particolare.
Il Medio Oriente, lacerato da guerre e conflitti (possono non pesare anche sulle nostre coscienze?), con la sua bellezza struggente, i suoi colori, profumi e paesaggi, mi ha sempre ispirato. Ora ho la prima possibilità, dopo l’assaggio di Istanbul, di vedere qualcosa.

Poco, ma quanto vorrei. Imparare e capire. 
Il resto sarà tutto da vivere con gli occhi di un bambino e la testa del viaggiatore mai stanco, rispettoso di tutto ciò che vedrò.