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Capodanno e qualche lezione che ho imparato

Tra poco arriva il 2020 e ci sono due o tre lezioni che ho imparato e che volevo condividere con voi.

2019, anno di viaggi, Spagna, Portogallo, ancora Spagna, Svezia e ancora Spagna. Anno di luoghi del cuore, Sardegna, San Valentino e Santa Margherita.

Anno di eterni ritorni e rimessa in discussione di alcuni valori e consapevolezza del tempo che corre e che sia l’unico metro che regola la nostra esistenza.

Era maggio quando sono andato via da Milano e lasciavo un lavoro sicuro con una grande azienda come Volkswagen. Non era facile, non sono mancate paure e amarezze, ma quella scelta, folle, impossibile da comprendere per molti, maturata proprio quasi un anno fa di ritorno da un bellissimo viaggio tra Porto, Lisbona e Madrid, era necessaria. Perdevo la metropoli, i suoi ritmi, le sue opportunità, la sua internazionalità e connessione col mondo. Perdevo – forse – il sonno tranquillo di un lavoro e ritornavo alla precarietà, anche se si chiama libera professione e partita iva.

Si aprivano nuovi scenari, altri si chiudevano. Inutile dire che sembrava follia tornate nell’isola e ripartire da zero con due professioni (comunicazione e dj) altamente inflazionate e liquide, specie in un momento così delicato per l’economia.

Sono successe tante cose: ho ritraslocato in 2 giorni, ho preso una casa nuova con una vista fantastica, ho riaperto una nuova partita iva, suonato a un festival meraviglioso e a diverse belle serate, ho riabbracciato amicizie (altre le ho perse), ho aperto collaborazioni lavorative che mai avrei pensato, ho rimodulato le mie priorità, ma soprattutto mi son riavvicinato a mia madre, rimettendo al centro musica e scrittura.

Il tempo mi ha reso coraggioso, e ciò che spaventava è diventata forza nonostante sapessi che il rientro sarebbe stato complicato e non tutto di quello che avevo preventivato, il sistema che mi ero mentalmente creato, si sarebbe concretizzato, comprese le persone che mi dissero “torna, c’è spazio per te”. Anzi, quasi tutto è cambiato. Nuovi amici, nuovi obiettivi, nuove consapevolezze, nuovi problemi da gestire.

Rimettersi in discussione come uomo e come professionista, facile vero? A un certo punto ti stanchi e ti rompi le balle dei continui cambiamenti, no?

Il tempo é diventato il motore di ogni cosa. Tempo che scorre e che manca. Tempo prezioso, da saper declinare.

Oggi, guardandomi dietro, sono felice delle scelte fatte e anche degli errori e i passaggi a vuoto.

Mi sento fortunato per aver avuto tanto dalla vita, anche perché so che non è quasi mai arrivato per regalo.

Non dimentico le persone che mi hanno aiutato e quelle che mi hanno osteggiato, permettendo di migliorarmi. Ringrazio le critiche, quelle oneste, e anche quelle ingiuste.

Sono grato per tutte le difficoltà avute, per questi 365 giorni, compresi quelli complessi che, col senno di poi, decidono chi sei in base a come sai affrontarli.

La lezione?

Devi imparare ad amare tutte le difficoltà, fartene amico e complice. La gente come me è condannata a non aver mai un’esistenza perfetta e tranquilla. Deve fare, magari non bene, ma fare. Imperfetti e complicati, però senza possibilità di fermarsi.

Non abbiamo sponsor, non abbiamo sponde, non abbiamo tante boe a cui aggrapparci.

Noi solo noi, anche nei giorni di tempesta e in quelli dove non si vede il sereno. Ma se non fosse così, non saremo davvero noi stessi.

(Foto ipnotica)

6 lezioni

6 lezioni che le persone imparano troppo tardi nella vita:

  • la vita è troppo breve per essere sprecata In un luogo, in una relazione o in un posto di lavoro che non ci rende felice
  • sacrificare la propria salute per il lavoro non ha senso
  • nessuno dei momenti migliori della nostra vita potrà mai accadere fissando uno schermo
  • i social contano per la carriera
  • non smettere mai di imparare da quelli più bravi di noi
  • preoccuparsi non ha mai aiutato nessuno a far carriera o a vivere meglio. Il 98% delle volte ci preoccupiamo di qualcosa che non accadrà mai

Il miglior antidoto è l’azione e il coraggio di cambiare. Insieme. Scegliendosi i migliori compagni di squadra.

Quando finisce un evento

Quindi si chiude.

Ieri la finale, la cerimonia, la festa. Tutto è volato velocemente in questi Mondiali studenteschi.

Ora posso dirlo che è finita e da vecchio avrò un’altra bella foto nell’album dei ricordi, un altro bel momento di vita. Ho visto tante cose, la maggior parte bellissime.

Se nella vita vedi per una volta (come ho avuto la fortuna di vedere) israeliani, russi, iraniani, cinesi, armeni, kosovari, europei, sudamericani abbracciarsi senza tanti perché un po’ capisci che forse una speranza esiste ancora. 

Ad ogni fine evento le parole mi nascono dal cuore con tremenda facilità, forse rischiando di ripetermi spesso. Ma voglio un po’ raccontarvi questa sensazione, questo misto di stanchezza ed entusiasmo, pensieri e mal di testa.

Ti svegli (presto e senza motivo) e l’unica cosa che ti rimane è la stanchezza e i rumori di un hotel che pian piano si svuota. E voci che si allontano.

Un evento così non è un punto d’arrivo, ma di partenza perché impari mille cose, mille aspetti di lavoro e della tua vita, impari a conoscerti insomma: e ti accorgi che la strada della perfezione è sempre più lunga di quanto credessi.
Ma intanto si cammina, si cade, si continua a camminare…e si ringrazia chi ha puntato su di te, sperando davvero che in questo momento la forza sia con lui.

Ed eccomi qui, solo in una segreteria stranamente vuota, chiudendo le ultime cose perché malgrado tutto, le cerimonie e le feste, il lavoro non è finito, perché bisogna esserci fino all’ultimo, perché questo bellissimo mestiere non ha orari, non si chiude, non si fa il compitino e poi stop, ciao e grazie.

Scrivania di appunti e cose da finire. Cavi da recuperare, mail da inviare, pagine da rileggere. E prime valutazioni che arrivano: perché qui ad ogni delegazione è stato dato un foglio per giudicare tutti gli aspetti del Mondiale. Tra cui la comunicazione.

Metto in loop “Magic” dei Coldplay mentre il cielo davanti al Setar è un dipinto di nuvole e squarci d’azzurro, il vento tira forte, e penso già al prossimo domani, ai prossimi viaggi e progetti, spero bellissimi.
Spero che la vita me ne riservi altri. Spero di fare cose bellissime. Di migliorare, di capire, di sperimentare, di rischiare, di limare diversi aspetti ruvidi che ho. Spero di fare le scelte migliori e non farmi distrarre dalle stupidità, spero di trovare anche negli errori una sana lezione.

E anche oggi ricordo quanto il tempo sia breve per vivere veramente come si crede.