La pioggia mi sorprende mentre scendo dalla stazione di Sao Bento, le meravigliose Azulejos che ornano l’atrio sono sempre là a ricordarmi l’azzurrino che ti insegue in ogni angolo. Finalmente la città si è animata, come se questi giorni si fossero nascosti tutti al mio arrivo. Allora puoi vedere delle figure interessanti in giro, se solo hai la lentezza di non correre e aspettare. Come il plastificatore dei documenti che all’occorrenza sa tirar fuori gli ombrelli senza peròc conquistare l’attenzione di veloci e distratti passanti malgrado lanci qualche epiteto alle più belle signorine. Un altro uomo, capelli lunghi e polo scolorita, sta suonando la chitarra dentro un negozio di strumenti musicali, per attirare l’attenzione di un incrocio altrimenti senz’anima se si esclude l’alternarsi tra verde e rosso. Note che riscaldano in questa sera che anticipa l’autunno che qui si presenta attraverso duri venti d’oceano che non lasciano scampo alle case leggere di Porto, non sempre troppo riscaldate e pronte agli inverni. Si cammina nei pavimenti eleganti ma scivolosi fatti di bianco sanpietrino prima di trovare posto nei bar di fortuna che si dividono tra botteghe e caffé infighettati da grafiche senz’anima e menù con immagine coordinata e poi quelli retrò che restano orgogliosamente legati a vecchie insegne e mobilia poco alla moda, dove baristi dalle storie infinite puliscono con stracci di fortuna banconi di birre abbandonate. Mancano otto interminabili minuti all’arrivo della mia stanza, mentre il vento mi toglie il cappuccio della testa e mi fa sentire la pioggia sul capelli. Inizio a sentire pire la stanchezza ma forse di più la fine del viaggio e il rientro alla normalità. Ultimo sprint, ennesima salita, come un mediocre Coppi credo di aver ben sostituito oggi la mia corsa che avevo scritto nel quadernino rosso con le camminate tra Figuera, Coimbra e ora Porto. La pioggia è pericolosa, presentarti agli imbarchi con un raffreddore potrebbe portarti a denuncia. Negli ultimi metri sento ancor più l’anima di Porto in un barbiere che aspetta un cliente che mai arriverà e una bottega di frutta dove la commessa sceglie a perfezione i fichi da inserire nel sacchetto di carta grigia, andando poi a indicare il prezzo con la penne. Più ti allontani dal centro più accadono cose. E la pioggia, come di incanto, lascia spazio al sole. Ultimo tramonto portoghese, almeno a sto giro. (Di Coimbra e Figuera da foz parlerò più avanti 😎)