di Karen Lojelo

Alcuni di noi scri­vono. Sì, scri­vono da sem­pre, o da poco, e non parlo solo di noi, quelli che fre­quen­tano que­sto rifu­gio, parlo di tanti, tan­tis­simi, sparsi per il mondo da sem­pre, da quando sono state inven­tate le let­tere e le loro com­bi­na­zioni. C’è chi scrive appunti, sca­denze, liste della spesa, cal­coli mate­ma­tici per tenere i conti. Si scri­vono un sacco di cose. Utili, inu­tili, belle e brutte. Giu­di­zio sog­get­tivo senz’altro.

Ma un’alta per­cen­tuale scrive per il gusto di scri­vere, o per neces­sità, ma scrive per scri­vere.

Pen­sieri, emo­zioni, sto­rie vere e sto­rie inven­tate, libe­ra­mente tratte ecc.

Si scrive del dolore, della feli­cità, del rim­pianto, della scon­fitta, della vittoria.

 

Scri­vere è tera­peu­tico dicono alcuni, forse in alcuni casi un dono, un hobby… un vizio.

 

Le parole sono state inven­tate per comu­ni­care, per con­di­vi­dere i nostri pen­sieri con chi ci vive o ci passa accanto. A volte, scri­vere è più facile che par­lare, per­ché si ha modo di espri­mere un con­cetto dall’inizio alla fine, ed in que­sto modo, il biso­gno innato del genere umano di comu­ni­care e soprat­tutto di farsi capire può più facil­mente essere colmato.

 

Non credo ci sia biso­gno per que­sto di tenere una sorta di dia­rio, anche chi scrive un rac­conto, un romanzo, una sto­ria di fan­ta­sia, in realtà lo usa per dire qual­cosa, per dare un mes­sag­gio, per con­di­vi­dere un pen­siero o un punto di vista e i per­so­naggi diven­tano fun­zio­nali a que­sto scopo. In realtà qual­cuno scrive tenen­dosi per sé il frutto della sua penna ma alla fine credo che in fondo speri che un giorno qual­cuno vada comun­que a leg­gere e possa così final­mente capire quello che lui aveva da dire e magari non è riu­scito a comunicare.

 

Poi, come per magia, alcune volte le parole ven­gono com­bi­nate tal­mente bene che rileg­gerle sem­bra com­pia­cerci, anzi lo fa e fa bene a chi legge.

 

Ci sono com­bi­na­zioni di parole che arri­vano tal­mente den­tro lo sto­maco che alla fine diven­tano cita­zioni.

A volte rileg­gen­doci ci capiamo meglio per­fino da soli, o capita a distanza di tempo di stu­pirsi di ciò che si è scritto, a distanza di anni capita addi­rit­tura di pen­sare: E io avevo già capito tutte que­ste cose senza essere riu­scito a met­terne in pra­tica nessuna?

Scri­vere può essere una sal­vezza, si sente spesso dire che le cose più belle si scri­vono men­tre si sof­fre… beh almeno in quei casi possiamo affer­mare che sof­frire sia ser­vito a qual­cosa… e poi il punto forse è che quando si è felici è dif­fi­cile fer­marsi a scri­vere della pro­pria gioia, per­ché si è troppo presi a vivere.

Quindi tutte que­ste parole che girano intorno a noi, nella mente, nella bocca della gente, sono un dono pre­zioso che ci per­mette di entrare in con­tatto con ciò che sta fuori e ciò che sta den­tro. Ci met­tono in con­tatto. Le parole uni­scono, sepa­rano, puni­scono, fanno sen­tire amati, con­si­de­rati, odiati. Le parole aprono un varco, met­tono in guar­dia, fanno riflet­tere, cam­biare idea, per­met­tono di met­tersi in discus­sione, per­met­tono di rac­con­tare una sto­ria, per­met­tono di non dimen­ti­care, aiu­tano a ricor­dare e se dette bene pos­sono per­fino cam­biare le cose che non ci piacciono.

Le parole sono pre­ziose. E pen­sare che ne spre­chiamo tante, per­fino nella Bib­bia è scritto: …Ma dì sol­tanto una parola… ed io sarò salvato.

Forse sono pro­prio le parole che pos­sono salvarci.

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