Tra le tante riflessioni che si possono fare dopo la visione di 1984 Orwell c’è l’impoverimento della lingua, la strategia di riduzione delle parole a disposizione delle persone.E’ ció sta succedendo. Sempre meno parole, sempre più frasi fatte, luoghi comuni. Pensieri ridotti a scatolette preconfezionate e timore di usare termini difficili.  

Ricordo un incontro in una scuola con Renato Troffa Sabot: alcuni studenti non intervennero dicendo di aver paura di non trovare le parole. In realtà non sapevano come esprimersi. Grave.

Leggere facebook conferma ció che sta accadendo, anche solo quando dopo un compleanno ci si trova a scrivere sempre “grazie per aver speso un po’ del vostro tempo”. Oppure quando leggi e rileggi stati fotocopia e diffusi con frasi come oggi è solo (nome serata), vivi e lascia vivere, dovrebbe essere vietato, su i bicchieri, vivo in paradiso e tutto il campionario di copia incolla lessicale e di frasi che tutti usano, accantonando la creatività e il pensiero. 

Oramai l’utente medio ha ridotto la sua azione a: condividere passivamente contenuti altrui senza certificarne la verità o usare frasi altrui (spesso di autori senza citarne la fonte) o commentare in maniera superficiale qualcosa. Non elabora nulla di personale. Un pensiero scritto, una visione.

Le parole scarseggiano. Automaticamente i pensieri. Come in 1984.

Se togliete alle persone le parole cancellate il mondo. Già tanti hanno perso il mondo. 

Solo le buone letture e le conversazioni interessanti potranno salvarci. Ma sono tempi duri.