Quando la malattia entra silenziosamente e prepotentemente nella vita delle persone che conosci, una di quelle malattie che ti firmano condanne di vita e ti obbligano a cambiare il colore delle tue giornate,Viene spesso da pensare alla fortuna che hai avuto, una fortuna di cui non ti accorgi, alla tua salute e alla possibilità ancora di ridere e gioire, di andare un giorno al mare, di non dover ancora pensare al tuo ultimo giorno e a come il tuo corpo reagirà alle cure, a stanze d’ospedale e odori di alcool.

Ti senti inerme, umile, piccolo come l’ultimo granellino della sabbia.

Una piccola goccia in un oceano più grande di te, l’immensità della vita, i suoi destini e le sue leggi che noi non possiamo decidere nè sfuggire ma solo attendere con rispetto e devozione.

Credo che la felicità di tante giornate e serate passate possa regalarmi la forza di capire ed essere vicino a chi sta male, a non avere quel timore reverenziale di fronte al dolore che, vigliaccamente, ho sempre tentato di nascondere non pensandoci e scansandomi quasi che questo dolore fosse un difensore da superare palla al piede, con una finta o una giocata ad effetto, senza poi stare a guardare indietro.

Stasera non riesco a sorridere, riesco solo a pensare. A chi soffre, a chi conosco e probabilmente ha avuto l’amara conferma di quel male che lentamente ti porta via dal mondo.

Questa è realtà, che ci rende tutti fragili ed inermi, più capaci se ci pensiamo di misurare un sorriso e una stretta di mano, una parola o un’offesa. Di vivere ogni giorno cercando di pensare che possa essere l’ultimo. Di pensare che ogni ciao possa sempre rappresentare un addio. Di imparare ad amare non per soddisfare noi, ma per rendere altri più completi e con questa completezza, completarci un po’, perfezionarci, ambire a lasciare qualcosa su questo mondo.

Questi mesi, lo leggete dai miei stati, mi hanno fatto avere un atteggiamento diverso nei confronti della vita e del mondo. Un atteggiamento forse più riflessivo e pensieroso, attento a piccole minuzie di cui si compongono grandi sogni e speranze, a parole e frasi che mi hanno motivato e che vi ho sempre voluto offrire come piccolo regalo quotidiano, fossero esse mie oppure di grandi poeti e filosofi che ci hanno fatto battere il cuore con le loro metriche.
Sono forse apparso più filosofico e più sensibile – ad alcuni sicuramente ridicolo, ma ci sta anche questo nel grande calderone della vita – ma non credo sia male chiedersi il perché e il per come di questo mondo, fermarsi un attimo ad interrogarsi su qualcosa di più e profondo, sul senso del vivere, del soffrire, del lottare, sul male che colpisce delle persone che fino a ieri stavano insieme a noi.

Forse anche le malattie sono un segno divino, una rappresentazione, un messaggio. Ci insegnano che la sofferenza è una prova che rende gli uomini forti e degni, che li avvicina al cielo più di ogni altro bel gesto. Nessuno di noi vorrebbe provarle, ma noi tutti abbiamo il dovere di non abbandonare mai e poi mai chi ne sia colpito a una terribile condanna: quella di restare soli e senza affetto.

Domani un altro sole nascerà, un’altra spiaggia si riempirà. E ancora strade piene di auto, via vai di persone, caffè affollati.

Tu sarai ferma là, con i tuoi pensieri, occhi al cielo, sguardo perso alla ricerca di un perché, vita che ti sfugge di mano nella speranza di sapere perché è capitato.

Genetica, abitudini, statistiche.

Non conta nulla sapere il motivo.
Il perenne fluire della vita prosegue incessantemente. Spero riuscirai ad abbracciarti a quel rametto che ti salverà dalla corrente impetuosa che porta a valle ogni sogno e speranza.

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