Campioni in caduta e sport nazionale

È fin troppo facile giudicare un campione in caduta. Anzi, ho notato che il campione, il fuoriclasse, il personaggio di successo viene criticato e sacrificato sull’altare del moralismo con una velocità assurda, quasi non si ricordi che anche lui è un uomo, con tutti i suoi limiti e i suoi difetti, e il fatto di avere successo non lo privi della sua natura.

Invece alla massa piace vedere la caduta, lo strisciare, il declino, la fine di chi magari il giorno prima lo aveva applaudito. Schwazer e non solo, perché gli esempi si sprecano. E su facebook parte l’ironia, quella – per intenderci – che arrivava anche a toccare il disastro della Costa e Fukushima con una semplicità assurda, quasi che i morti e le sofferenze fossero anche passabili di ironia, in nome di uno strano concetto di “libertà” che permette a tutti di dire tutto, e mai di tacere quando è giusto.

 

La vita è difficoltà, errori, sangue, cadute e sbaglia. Voi non ne fate mai? Io tanti.

Scrive Gramellini sulla Stampa: “L’animo umano è complesso e Schwazer ci tocca una corta profonda, rappresenta l’uomo del tutto o niente, la morale degli eroi e dei malvagi. Invece la vita di noi normali è un compromesso quotidiano e sfiancante tra bene e male, fantasia e senso comune, disciplina e tentazione”.

 

Ieri in tv è stata una bella lezione di vita e credo che sia bastata per far capire che nessuno sia così esente da colpe dal poter giudicare gli errori altrui. Tutti li fanno. Sicuramente il pianto di Schwazer (uno dei pochi che non ha tirato fuori poteri forti, complotti e chissà che altro tanto cari in questi tempi) non ci basta, le scuse e le ammissioni di colpe non serviranno.

 

Ci fa pensare al rapporto stretto tra successo ed eccesso. «Voi non avete idea di quanti sacrifici abbia fatto, allenamenti durissimi, mentre io desideravo solo una vita normale, di vedere la mia fidanzata non una volta al mese: la maratona mi fa nausea».

 

Forse una vittoria è già una droga in sé, perché poi cominciano ad accendersi i riflettori, l’impossibilità di sbagliare per non venire risucchiati dalla severa critica e dall’opinione pubblica che devasta non solo la vita sportiva ma anche e soprattutto quella personale, messa a nudo come non mai.

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