Fuggo dalla palestra che sono le 21. La doccia è un abbraccio caldo. Mai l’avrei detto fino a pochi mesi fa che di ritorno da un viaggio mi sarei lanciato ad allenarmi. Ho necessità che il corpo funzioni come la mente, che non sia più una cosa a sé. Decenni lasciando che si rincoglionisse dimenticando quanto fosse importante.
Dovevo dare un taglio a tante cose: ora penso a cosa mangio, cosa leggo e chi frequento. Sto diventando estremamente esigente in tutto. Selettivo. Meticoloso. Mi son portato sulla gobba un sacco di negatività, chili di roba, file, abiti, persone, idee accumulati in anni e anni. Sarebbe ora di alleggerirsi.
Ritorno a casa. Parcheggio l’auto e sto fermo a controllare un foglietto dove in viaggio avevo scritto qualcosa che mi servirà, i classici appunti di volo. Entro a casa, invento una cena volante, accendo un cd dei Dire Straits e lentamente penso a tutti gli impegni che domani avrò: idraulico, lavoro, radio, due appuntamenti. Sarà durissima.
Ceno con Renzi, decido di cambiare canale. Finisco, riordino. Tocca alla valigia. Meticolosamente srotolo maglie e maglioni. Poi la posta. Pagare la rai e il gas: controllo le scadenze.
Poi comincio a pensare che venerdì torno in consolle e mentalmente provo a delineare una idea di serata, sempre diversa. Più tosta, più leggera, che dischi inserisco, Quali tolgo?
Mentre il mondo si rincretinisce davanti a una tv io penso. Frullati di pensieri. Potrei venderli: “ehi voi, volete un frullato di pensierixi?” I miei cazzo di pensieri positivi, creativi, inutili.
La stanchezza comincia a farsi sentire e fa a pugni con la classica euforia figlia di ogni viaggio.
Chi vincerà? Il sonno o le mie notti infinite?