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"Barcellona, vai ancora là?"

Certo che cambia tantissimo il clima tra un volo Ryanair e uno di qualsiasi altra compagnia, già dal gate di partenza a Elmas, che magari sta nel primo piano con accesso diretto al velivolo e non dal basso, dopo la classica attesa snervante nel corridoio e la camminata in pista.
Volo pieno a metà, d’altronde chi va ora a Barcellona dopo la baldoria? Gli sconfitti come me, attaccati all’offerta low cost quando la festa è finita e vedi solo il resto.
Ora tutti tornano, immagino cosa debba essere il volo da Girona, truppe di persone ben vestite con buste pesantissime trofeo dello shopping e racconti di gesta epiche e applauso stile curva nord.
Qui la calma regna sovrana. Divido la fila di posti con una bella ragazza che come me legge un libro. Non capisco il titolo. Io pure vado avanti con il mio, l’Estate di Ulisse Mele un noir di uno scrittore sardo, Roberto Alba, che ho pure intervistato su radio Sintony. Ride ogni tanto.
Il posto al centro è vuoto: c’è il mio giubbotto e il suo. Il caldo è tanto: usa come ventaglio uno di quei cartoncini con le disposizioni di sicurezza in volo così che il suo bel profumo inonda il mio posto. Io provo a occupare il tempo con cose inutili: leggo, ascolto musica, rifaccio le playlist del mio ipod. Voliamo tra passato e presente. Il mondo pare attenderci. Ci accontentiamo di poco.
Eccoci, il bip annuncia che stiamo scendendo verso Barcellona. Le luci sono tante. Registro conversazioni di altri passeggeri dietro di me che probabilmente ci vivono e vantano Barcellona come posto fantastico, seconda casa. Mi ritrovo. Le conversazioni tra viaggiatori in Spagna e semplici turisti del weekend sono davvero diverse. I secondi liquidano tutto a disco e calcio. Troppo poco per capire quanto in un viaggio ci sia da apprendere.
Annuncio con le disposizioni di atterraggio, spagnolo e inglese. Ci sono sei gradi a terra. Già lo sforzo per capire le parole pronunciate riattiva il mio cervello sopito da settimane di accallonamento. Nessun applauso. Si scende con tranquillità, nessuna scena da arrivo Ryanair. El Prat è semi deserto, pavimenti lucidi puliti, vetrine illuminate e resti di Natale. L’autobus aspetta. Direzione Plaça de Catalunia.

“Barcellona, vai ancora là?”

Certo che cambia tantissimo il clima tra un volo ryanair e uno di qualsiasi altra compagnia, già dal gate di partenza a Elmas, che magari sta nel primo piano con accesso diretto al velivolo e non dal basso, dopo la classica attesa snervante nel corridoio e la camminata in pista.
Volo pieno a metà, d’altronde chi va ora a Barcellona dopo la baldoria? Gli sconfitti come me, attaccati all’offerta low cost quando la festa è finita e vedi solo il resto.
Ora tutti tornano, immagino cosa debba essere il volo da Girona, truppe di persone ben vestite con buste pesantissime trofeo dello shopping e racconti di gesta epiche e applauso stile curva nord.
Qui la calma regna sovrana. Divido la fila di posti con una bella ragazza che come me legge un libro. Non capisco il titolo. Io pure vado avanti con il mio, l’Estate di Ulisse Mele un noir di uno scrittore sardo, Roberto Alba, che ho pure intervistato su radio Sintony. Ride ogni tanto.
Il posto al centro è vuoto: c’è il mio giubbotto e il suo. Il caldo è tanto: usa come ventaglio uno di quei cartoncini con le disposizioni di sicurezza in volo così che il suo bel profumo inonda il mio posto. Io provo a occupare il tempo con cose inutili: leggo, ascolto musica, rifaccio le playlist del mio ipod. Voliamo tra passato e presente. Il mondo pare attenderci. Ci accontentiamo di poco.
Eccoci, il bip annuncia che stiamo scendendo verso barcellona. Le luci sono tante. Registro conversazioni di altri passeggeri dietro di me che probabilmente ci vivono e vantano Barcellona come posto fantastico, seconda casa. Mi ritrovo. Le conversazioni tra viaggiatori in Spagna e semplici turisti del weekend sono davvero diverse. I secondi liquidano tutto a disco e calcio. Troppo poco per capire quanto in un viaggio ci sia da apprendere.
Annuncio con le disposizioni di atterraggio, spagnolo e inglese. Ci sono sei gradi a terra. Già lo sforzo per capire le parole pronunciate riattiva il mio cervello sopito da settimane di accallonamento. Nessun applauso. Si scende con tranquillità, nessuna scena da arrivo ryanair. El Prat è semi deserto, pavimenti lucidi puliti, vetrine illuminate e resti di Natale. L’autobus aspetta. Direzione Plaça de Catalunia.