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Perché Vasco è un grande

Mai come oggi Vasco dimostra di essere un’eccellenza della musica italiana, capace stagione dopo stagione, di lasciare sempre il segno.

Apprezzo Vasco a periodi, sia nei lavori vecchi che nuovi, e da DJ non posso far altro che riconoscere l’evidenza e provare ammirazione sincera per un artista che ha portato il rock in Italia a livelli a cui praticamente nessuno ha mai osato aspirare, facendosi accompagnare da alcuni dei migliori musicisti italiani e non solo.

Anche questo tour è stato un evento da record, che ha dimostrato come si possa organizzare qualcosa che non era mai stato tentato prima. Non solo un concerto, il tour, l’attesa febbrile ma una campagna marketing straordinaria e unica, culminata con le navi brandizzate.

L’età conta tanto quanto. La freschezza di questo Vasco fa paura a tanti, giovani vecchi e adulti invecchiati presto e lamentosi, a chi pensa che gli anni siano qualcosa da tenere in considerazione come valore assoluto.

Conta il talento, la passione, la voglia, lo spessore. Quelle non le trovi drogando visualizzazioni di youtube e ascolti su spotify. Non le trovi facendo la meteora con un pezzo stagionale con il ritmo e la parola del momento.

Dopo decenni di onorata carriera, Vasco ha costruito fans che attraversano più generazioni, la dimostrazione di un carisma che non diminuisce con l’età e la capacità di stare ai margini del music business imbruttito attuale e delle starlette da quattro soldi.

Vasco continua però a dividere e vedo alcune ragioni per cui anche una star di alto livello generi critiche:

– Più arrivi in alto, più aumenta la visibilità e il numero di ammiratori come quello di chi ti odia. Non si sfugge, nel bene e nel male.

– Più una personalità si innalza rispetto alla moltitudine e più diventa un bersaglio facile da colpire.

Vasco è il rocker numero uno, indubbiamente in Italia, e pertanto non stupisce che la sua idea ‘personale’ di rock italiano abbia scontentato altri. In un paese poi che vive di rabbia repressa.

Soldi, fama ed il raggiungimento di grandi obbiettivi inevitabilmente causano invidia da parte di chi, per qualunque motivo, sente di essere stato defraudato dal destino della sua parte di gloria.

La gloria terrena però non è un contenitore chiuso, e se qualcuno ottiene un risultato non ci sta automaticamente privando della nostra parte.

Ognuno è artefice del suo destino e probabilmente tante critiche a Vasco, come ad altri, arrivano da chi non ha mai provato sul serio a fare quello che ha fatto lui. E ce ne sono tanti.

Ma lui esce anche stavolta vincitore assoluto, con la musica.

Perché ha cantato storie, perché ha saputo attraversare stagioni e momenti anche personali difficili, perché ha capito che la vita é un brivido che vola via, più di tanti altri.

Liberi liberi

Mi piacerebbe spesso potermi sdoppiare e non rinunciare a nulla. Sono un ingordo di emozioni e vita, lo ammetto.
Mentre scrivevo, ieri sera, a mezzanotte, ho pensato: sto in un posto meraviglioso, dentro un silenzio di grilli e cicale con stelle appese in cielo e sarei voluto stare anche a Modena Park. C’era il cuore d’Italia oggi e vedere quelle immagini in tv mi ha messo dentro una sana malinconia. 
Là, nella solita Emilia che ho imparato a conoscere e amare, terra di contadini, buon vino, tavole imbandite, sudore, rock eccessi e cantanti, è passata oggi una parte della mia vita, raccontata da Vasco, uno dei cantori della mia infanzia e adolescenza. 

E allora giù di emozioni, il mio primo concerto proprio con lui a 14 anni (Fronte del Palco, 1989 al Sant’Elia), i jukebox, il Liceo Pacinotti, lo stadio, la curva e i primi Sconvolts, le cassettine dell’autoradio in macchina e nel walkman, le gite e le feste di paese quando ancora non c’erano i finti hipster e la gente di oggi che va a far passerella, le estati che non finivano mai, le canzoni che non ti abbandonavano e diventavano le uniche certezze in una vita che cambiava velocemente dalla giovane età a quella adulta nascondendo sempre felicitè e incertezze.
Vasco, 65 anni, potenza ed energia da vendere, vita spericolata da condividere, errori e debolezze che fan parte naturale della propria esistenza, come ferite e cicatrici che restano ma che ci mettono a confronto con il dolore e l’umana precarietà, e la dimostrazione che nessuno è morto e nessuno deve rinunciare a nulla finchè non è sepolto.
Liberi liberi siamo noi… è una storia d’amore, la più bella, con noi stessi.

Addio stadio Sant'Elia

Oggi niente Sant’Elia per me, sono qui a Milano per gli impegni da dj. Mentre cammino per Porta Nuova, quartiere avveniristico, con un sole che fa spavento e picchia forte sui grattacieli e le auto impazzite per io Giro d’Italia ho pensato a quanto lo stadio di Cagliari ha fatto parte della vita. 
Quanto ricordi ci ho lasciato tra gli spalti, quanti episodi, amicizie, quanta paura e quanta riconoscenza per quel luogo che ho iniziato a vedere mano per mano con mio padre in una lontanissima Cagliari-Inter del 1981, tribuna laterale numerata. 

Io troppo piccolo e lo stadio troppo grande per me. Entravo gratis, da under12. Salivo le scale dopo aver superato gli sguardi delle maschere ed allora cominciava la gioia, il continuo emozionarsi.
Mi innamorai dei colori, dei profumi di pipa e panini imbottiti e dei rumori della gente, di quei rituali domenicali. Mi batteva il cuore e se non era stadio erano capricci. 

Poi la promozione con Ranieri, il concerto di Vasco, la curva, la Coppa Uefa, anni in cui io e lo stadio eravamo una sola cosa. 

Il mio sant’Elia era quello dei sessantamila spettatori, del primo tabellone che ci emozionava, del ponte su Mammaranca, delle tribune lontane e scomode. 
Abbandonai lo stadio per anni. Non rimpiansi mai quella scelta. Forse era giusta e doverosa dopo troppo tempo. Un riflusso naturale.
Poi, qualche anno fa, quando oramai non pensavo accadesse più, l’ho riscoperto dietro le quinte, come speaker, nei suoi meandri ogni domenica e a bordo campo. 

Mai l’avrei detto che alla fine quel sogno da bambino sarebbe successo ma forse io ho avevo dato talmente tanto al Cagliari che il Cagliari mi ha restituito tutto. 
Caro Sant’Elia, sarai pure vecchio e inutile, ma la mia generazione ti ringrazierà per sempre. Terrai sempre con te e con la tua anima un pezzo delle nostre storie semplici.