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Primavera, nonostante la quarantena

Oggi l’aria sa finalmente di primavera. Cercate di rubare un po’ di sole, respirate a pieni polmoni se potete.
Poi penso: da Nord a Sud si moltiplicano le iniziative e i gesti di solidarietà. Alberghi che danno ai medici stanze gratuite a Udine, medici in pensione che tornano in corsia, negozi e professionisti che concedono servizi e cittadini che preparano pasti per i medici. Ma non basta: a Napoli si ristrutturano a tempi record padiglioni di ospedali. A Milano si è accelerata la macchina organizzativa.
Alcuni dei tanti esempi.

Insomma, è solo la paura di morire o anche una generosità e operosità che in fondo abbiamo, al netto di diffuse caccia alle streghe e invidie da vicini frustrati?
Ecco di cosa bisogna parlare. Cosa bisogna scrivere in giro. Cosa bisogna comunicare. Per farci voler bene, per imitare i gesti positivi.

Ricorderò sempre le parole della guida polacca di un campo di concentramento che visitai qualche anno fa: nonostante tutto, prima o poi la primavera arriva.

(Ci vediamo in diretta alle 15 sulla pagina Facendo “Cose” a Cagliari. Parliamo di belle cose con Sonia Carta!)

Il cazzotto nello stomaco

Una delle tappe meno preventivate di questo viaggio è stata oggi, il museo del comunismo, dove sono andato con tutta la curiosità di un amante della storia contemporanea. Un posto probabilmente snobbato dai più.

Dopo il classico percorso fatto di poster incomprensibili e illustrazioni inneggianti a leader politici e falce e martello, cimeli, busti dallo sguardo fulminante, oggetti e racconti del comunismo in Cecoslovacchia, è stato davvero toccante vedere il video. In dieci minuti raccontava un popolo lottare per la libertà, con dentro tanta violenza e tanta resistenza. Polizia, repressione, arresti. Immagini crude, forti e vi ammetto sinceramente che qualche lacrima è scesa pensando alle loro sofferenze e a quei volti che rischiavano la vita. Poi vedi oggi questo paese.

Vedi la sua gente che è la stessa che sfidava la polizia e i soldati russi in quella piazza comodamente famosa per lo shopping. C’era ancora qualche altra cosa da vedere. Ho salutato. Sono andato via dal museo con tante altre domande, un po’ più infreddolito del solito, pensando a quelle immagini, schivando volti e odori dell’ora di pranzo. Io e i miei perché.

Avevo forse ricevuto un bel cazzotto nello stomaco.

Primavere a Milano

Certo che trovare la primavera a Milano fa davvero ridere. E così, camicia e giubbottino, gusto un cappuccino carissimo con muffin, cercando soluzioni sul come mangiarlo, nel primo bar a portata di mano.

Cielo grigio metallizzato e città che mi avvolge con i suoi rumori e ritmi forsennati.

Mi butto sul 14 che arriva lentamente sul classico viale alberato, doppia corsia e preferenziale di mezzo. Mi accoglie un caldo umano, un misto di facce di ogni età e generi. Inserisco il biglietto sputato due secondi dopo dalla macchinetta rossa. Mi siedo, posto verde, mentre una stanca voce impersonale ricorda la fermata.

Registro pezzetti di discorsi e telefonate, frugo per un attimo nelle vite di sconosciuti vicino a me. Un classico rituale da non miricordoquantianni ci vengo. Oggi è un viaggio nonviaggio. Volo verso un ufficio, passando per il centro.

Eppure questo luogo non mi affascina. Sarà bello, stimolante, ricco. Pieno di luci e vetrine, auto e moda. Ho degli interessi. Ho delle prospettive. Forse. Non ci vivrei. Manca un mare che dia spazio ai tuoi pensieri. Manca il Sud che non è solo un luogo fisico, ma un concetto esistenziale, una filosofia.