Mai avrei pensato nella vita, quando un giorno con mio padre entrai per la prima volta al Sant’Elia nel 1981 (ricordo ci fosse Cagliari-Inter) di fare lo speaker come tempo fa e poi scoprire tutti gli angoli segreti e i dietro le quinte dello stadio, il profumo degli spogliatoi e il campo da vicino. Tutto quello che accade attorno a una gara.
Da piccolo questo era un posto troppo grande per me, una scatola dei desideri capace di far battere il cuore non appena lo vedevi avvicinarsi dalla macchina o quando d’estate andavi al Poetto e se la domenica tuo padre non ti portava erano lacrime e porte sbattute. Ma lui aveva l’ingresso militari e io spesso mi infilavo gratis davanti a maschere che chiudevano tanti occhi di fronte ai bimbi.
L’urlo dei sessantamila del Sant’Elia faceva paura e spavento a chi come me si avvicinava al mondo con gli occhi di chi ha voglia di scoprirlo senza perdere nulla. Poi c’erano i colori del campo, della gente, le maglie in raso ennerre e i profumi di pipa. I giocatori che diventavano i tuoi miti, magari potevano essere anche quelli forse meno ricordati come Fabio Poli, Quagliozzi, Sorrentino, Malizia, Bernardini, Valentini, giusto perchè i primi ti restano più nel cuore come il mister Giagnoni e Tiddia.
Poi la curva nord, gli Sconvolts, altri anni bellissimi della vita, quelli del liceo, con la sciarpa e lo striscione, gli amici e i cugini. Ci furono le trasferte in nave, la prima nel 1993 a Genova.
Oggi qui è come fosse casa, dagli spogliatoi al campo, dalle panchine alle tribune. E’ finita quella magia e curiosità, forse tanto calcio nella vita ha avuto l’effetto riflusso e razionalità, sarà meglio o peggio? Di una cosa son sicuro: resta sempre bello trottolare da queste parti.