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Sconfitta e riscatto

Molti anni fa una grande realtà imprenditoriale, di cui non farò il nome, mi cercò per curare la propria comunicazione.

Dopo vari incontri, telefonate, documenti, voli, chiacchierate, i rapporti si interruppero di colpo. Capii che non erano più interessati ma naturalmente non arrivò mai una chiamata e una spiegazione. Sparirono.

Più avanti scoprì che il motivo era semplice, ovvero che fossi molto “conosciuto”, con tanto di pagina fans, follower, sito personale branding e loro avrebbero preferito un low profile. Ci sta, ci mancherebbe. E poco importa che con qualcuno avessi rapporti di stima e amicizia. Non servì a nulla. Ripresi la mia strada e cercai di dimenticare buttandomi sul lavoro e le serate da DJ.

La domanda che mi feci spesso, appena seppi la motivazione, era: ma se non avessi avuto quel “seguito” e non mi fossi fatto conoscere in giro con il lavoro e la comunicazione quando mai mi avrebbero quasi preso con loro? E rimase sempre il dilemma oltre a un po’ di amarezza, che non manca mai. Quando pensi di essere sbagliato e vivi nella colpa di aver fatto ciò che fa uno come me, che non ha giornali, amicizie potenti o salotti che lo appoggiano. Ti pubblicizzi da solo con tutte le forze che hai. Questa dovrebbe essere percepita come una prova di coraggio e di valore, ma non è sempre così scontato.

A distanza di anni, sono accadute tante belle cose. Tante attestazioni di fiducia e collaborazioni importanti (anche qui a Milano, dove ora vivo) e ho capito che in fondo non sempre i rifiuti e le sconfitte siano un male, anzi. La vita rimette tutto in ordine. Quando ti succede qualcosa che mette in gioco la fiducia in te stesso e la tua stima sappi sempre che è il normale gioco delle cose. Ti troveranno mille aspetti che non vanno, mille problemi, mille punti deboli ma se lavori bene e ci metti amore qualcuno ti viene sempre a cercare. E col senno di poi continuo a esser certo che ci abbiano perso loro.

La miglior difesa è il distacco

Il mio segreto della felicità passa sempre più per mollare le cose che non posso cambiare, le persone che non offrono nulla, le situazioni che danneggiano, i clienti inutili, le collaborazioni controproducenti.
Sono tutti casi in cui ho investito tempo e passione, qualche volta mettendo avanti pure il cuore, dimenticando me stesso.
Lasciare e poi evitare quando chiederanno di te, esserci solo per chi dà fiducia e valore alla tua presenza.

Verità giornalistiche e fiducia

Leggendo certe parole di alcuni genitori della scuola di Cagliari dove dei piccoli migranti iscritti hanno scatenato reazioni (compreso il famoso “bagno riservato”) mi è venuto il dubbio se queste fossero vere oppure no, tant’erano assurde. 

“Stai attento a quelli lì, abbiamo paura, le malattie e l’età”. Robe prese da qualche film che parlava di apartheid. Ma siamo nel 2016, in una città discretamente benestante e civile. 

Le interviste radio/tv hanno confermato il fatto dalla viva voce di alcuni protagonisti e quindi posso essere sicuro che sua accaduto. Però certo giornalismo, la maggioranza, ci sta abituando a dubitare sempre:tante e tali balle e trucchetti acchiappa-clic, parole rubate e inventate, che finché non vedi e senti le situazioni e non sai bene chi scrive un pezzo (e la sua onestà) non credi più a nulla di quello che leggi. 

Chiunque, se ci pensate, può inventarsi racconti e parole e non hai modo più di verificare. O spiegatemi come si possa fare se non tramite video o audio o presenza fisica. Perchè non potrebbe succedere? Perché nell’ansia di fare notizia e accessi tanti non dovrebbero farlo? Chi garantisce il lettore? La fiducia è caduta. Non esiste quel patto intimo tra giornalista e lettore ma solo uno che scrive (anche quel che vuole) e uno legge e crede a tutto quello che legge. Purtroppo, ripeto.