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New York, the Bronx

il Bronx che ti aspetti. Dicono sia il quartiere (anche se si potrebbe parlare quasi di provincia, visto la grandezza) più malfamato della terra, ma solo in parte è vero, in parte è un puro stereotipo. Almeno per quel poco che ho visto.

E’ una periferia, disadattata, dove gli sguardi sono tutto fuorché amichevoli e i negozi d’alta moda assenti. Dove hai sempre la sensazione che possa accadere qualcosa.
Molta gente staziona ai bordi della strada, negli angoli, alla porta dei locali. Barbieri, bar, negozi di roba usata, sfasciacarrozze e rivendite di casalinghi a prezzo basso. Times square è davvero lontana e le persone mostrano il loro volto meno elegante.

Pare che l’unica zona davvero pericolosa del Bronx è il South.
Gli italiani, che ora hanno una loro parte, la little Italy, ci abitavano negli anni Settanta e gestivano i traffici. Dopo il Bronx iniziò ad affollarsi di neri che subito presero in mano il business della droga che era in mano alla mafia.
Ecco, leggo, all’inizio i neri iniziarono a scontrarsi con gli italiani, successivamente eliminati gli italiani, iniziarono a scontrarsi fra di loro, organizzati in bande. Questo a sud, zona che ho evitato di visitare.

Oggi il Bronx è eterogeneo. Tanti neri ma anche ispanici e messicani. Angoli malfamati e strade normalissime. Gente povera mischiata a loschi individui con fare sospettoso. Rifiuti, auto ammaccate e discariche. Belle palazzine e anonime costruzioni.

Qui è nato l’hiphop, forse semplifico troppo. La musica si sente ovunque come parte essenziale, anima delle strade, così come il degrado, i playground e i graffiti. Questa è un’altra parte di New York dove non puoi non passare.