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Prima corsa dell’anno

Il ritorno comincia la mattina. A Merano c’è un bellissimo sole che rischiara la valle e permette di ammirare le Alpi.

La vita della cittadina riprende dopo un primo dell’anno di pausa quasi forzata, il traffico in centro convoglia attorno al fiume Passirio, e noi che dopo una ricchissima colazione fatta di proteine, e guai a pensare al viaggio che finisce, veniamo salutati da Franz dell’hotel con la sua solita cordialità. E poi dicevano che gli altoatesini fossero freddi e scorbutici!

Trecento chilometri quasi d’un fiato, cercando di bypassare il traffico della Brennero-Modena, entrando e uscendo dall’autostrada grazie al navigatore e tagliando per Affi per poi scivolare sulla Venezia-Torino, la A4. Volano i ricordi a Rovereto, uscita per le mie estati a San Valentino. Poi c’è Bergamo, pista di decollo di mille viaggi impossibili.

Ci fermiamo un attimo verso Brescia, l’autogrill rigonfio di viaggiatori di andata e rientro. Il pollo è secco, l’insalata non sa di nulla, ma io riprendo a far circolare sangue nella mia gamba appena operata.

Milano è anticipata da cartelli giganteschi, ma l’arrivo è lontano. Noi usciamo a Certosa, dopo mezzo giro di tangenziale, cozzando con il traffico del primo giorno di lavoro della grande metropoli.

Lascio lei in albergo, trovo al volo un lavaggio d’auto in zona Fiera Milano. E’ curioso che in cinque mesi d’auto ancora non abbia avuto tempo per mettere il mio bolide sotto le spazzole. Sono 9 euro e cinquanta, l’organizzatissimo Car Wash si trova sotto la Torre Hadid, quella storta, lasci l’auto in una moderna catena di montaggio con lavaggio veloce dentro e fuori.

C’è tempo per una spesa veloce, senza carboidrati e zuccheri aggiunti, e per riordinare casa. Metto a lavare frutta e verdura, attacco la lavatrice con i resti della vacanze e provo a pensare a cosa fare a cena. Semplice: insalata e un secondo.

Mi sento uomo di casa, anche se il caos non accenna a diminuire. Preparo per la mia prima corsa del 2018, come fosse un’idea geniale. Fuori non sembra esserci troppo freddo malgrado il calendario. Gigioneggio un po’, in quel classico momento di dubbio tra uscire e non uscire. Il caldo del riscaldamento della case del Nord e il divano ti coccolano. Invece la motivazione è più forte: cerco le cuffie e tra le cose c’è questo pezzetto di carta regalatomi da un caro amico, Matteo MrBizz Floris. Vorrà dire qualcosa?

Ci penso mentre scendo le scale e il freddo mi prende a schiaffi.

Prima corsa del 2018, prima corsa dopo l’operazione alla gamba. Sento il gelo nella porzione di faccia che resta fuori e la gambe vanno senza pensieri. Corro per una ventina di minuti, con il completo invernale fatto di pantaloni lunghi, maglietta termica, scaldacollo e cuffia.

L’iphone, che all’uscita di casa contava il 34 per cento di batteria, crolla con vergogna mi molla a poche centinaia di metri sul più bello, Heroes di Alesso. La mia colonna sonora motivante da corsa conta sempre una bella tracklist di canzoni da festival Edm.

Resto nel silenzio, io e il mio fiato, e le poche luci di strada. Giro e poi torno e non sento un filo di stanchezza. Pensavo peggio, dopo un mese di pausa. Invece capisco di aver ancora tanta voglia di correre, e non solo su una pista solitaria.

 

Ritorni in autostrada

Finisce la giornata.
Strada. Casello Affi. Autostrada del Brennero. Linea bianca sul grigio della strada. Luci e castelli. Cartelli verdi. Treno che sfreccia in lontananza. Radio. Frequenze. Streets of Philadelphia, Bruce Springsteen. I can’t tell you why, Eagles. Africa, Toto.

Svincolo, casello, uscita Rovereto sud. Temperatura che scende. Curve e tornanti. Nessuna stanchezza, questi ritorni alleggeriscono l’anima.

Addio occhiali

I miei viaggi cominciano sempre con la penalizzazione.

Frizzante come non mai, pronto per una nuova avventura, scendo dall’aereo, perdo gli occhiali da vista. Me ne accorgo al ritiro dell’auto. Torno in aeroporto, Linate, chiedo chiamo. Ripenso dove sono stato. Bar, ufficio noleggio poi rientro nell’area bagagli. Chiamiamo l’aereo. Nulla. Niente occhiali.
Riparto con l’auto. Una C4 cactus. Vetri oscurati. Tecnologica. Di quelle automatiche. Io son fermo a una Golf del 2006. Questa si spegne al semaforo. Un brivido: e mo’ si riaccende? E dove sono le luci? Poi megaschermi, navigatore, e tanto altro. Connessione automatica. Roba toga. Faccio retromarcia e addirittura mi appare l’immagine del retro.
Si parte. Penso di essere il solito personaggio da avventura. Chissà che accadrà. Tramonta il sole. Prendo l’autostrada BreBeMi. Poche auto. Chiamo tutti gli ottici locali. È possibile fare gli occhiali entro stasera? Sono le 19:30. Impossibile. Nessuno. Chiamo almeno dieci posti. Però rispondono, gentilissimi.
Ancora autostrada. BreBeMi. Pare sia costruita per nulla, un doppione, soldi buttati. Infatti si vede. Poche auto. Esco, pedaggio 10,50 euro. Minchia.

Il paesaggio si fa interessante. Monti, vallate. Brescia. Ma non entro. Poco sole oramai, ma tanto verde. I miei occhi ringraziano. Nonostante tutto e gli occhiali perduti.

(Comunque ho capito perché ho perso gli occhiali: mi sono volati. È il mio zaino multitasche di Amazon, quello grande per i viaggi impegnativi. Ha già fatto varie vittime illustri: caricatori di mac, di cellulare e altro ancora. È lui il bastardo traditore).