videoIn una delle ultime serate da dj che ho fatto quest’estate sono stato a Seui, un piccolo paese della Barbagia.Prima della mia esibizione sono state protagoniste varie scuole di ballo che proponevano delle coreografie mettendo in pista giovani e adulti che si esibivano in vari generi musicali, dal latino all’ultimo tormentone del Gangnam style, dal pop al reggaeton.

Due ore intense, non senza qualche divertente siparietto, seguite dal pubblico che circondava ordinatamente la pista, pubblico di varie età, proveniente anche dai paesi limitrofi.

Mi sono ricordato una frase che il presentatore, un giovane consigliere del Comune di Seulo, ha detto: queste feste in piazza pur nella loro semplicità sono occasioni per rivedersi e per uscire dalla noia che attanaglia spesso il territorio. Una noia pericolosa, terribile, che porta la gente (soprattutto i giovani) al disagio e al male di vivere. Incontrarsi e fare è una piccola ricetta, forse di questi tempi poco, ma meglio di niente.

La serata era divertente, accompagnata dai suoni del vicino autoscontro.  Alle tue spalle il paese appariva nella sua magia come un piccolo presepe nel buio. E poi c’erano loro, sul palco che poi era un campo di basket in asfalto, i ballerini, le ballerine e le insegnanti. Vedere l’entusiasmo e la passione con cui venivano realizzate le coreografie è stato bello. Non c’erano grandi nomi, grandi scuole, grandi esperti, ma c’era tantissima passione in ogni gesto. Voglia di far bene, senza pretese.

Una cosa che ho notato, però, è stata la totale assenza tra il pubblico di cellulari che riprendevano e facevano foto. Sapete, tutte quelle lucine che accompagnano oramai ogni evento della nostra vita. Qualche foto, sì, ma nulla di più. Tutti seguivano attenti.

Esistono davvero, ho pensato, posti al mondo dove la brutalità del riprendere-fotografare-immortalare ogni cosa – che è diventata una nostra droga e malattia – non ha ancora colpito le persone, capaci di godersi dal vivo uno spettacolo senza per forza riprenderlo, perdendosi l’attimo vero e proprio e chiudendo tutto a una scatola digitale.

Non è detto, insomma, che la civiltà e il progresso siano sempre e solo necessari per vivere.

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