“Certo che i campioni li riconosci anche da come si siedono. Loro non sono come gli altri giocatori. Sono più leggeri, ti sfiorano appena, sembra quasi che rimangano a metà tra lo stare seduti e l’alzarsi. I giocatori comuni invece si adagiano, si alzano e si riseggono continuamente; a volte, per scaramanzia, rimangono immobili per una intera azione; urlano, sbraitano senza la minima classe. I campioni li senti soffrire in silenzio, sono sempre lucidi, non si nominano quasi mai. I mediocri non parlano altro che di se stessi, delle loro azioni migliori; le raccontano così frequentemente da farle sembrare addirittura più numerose, fino ad auto-convincersi di averne fatte davvero tante. Il campione è preciso, si ricorda tutto, soprattutto dove ha sbagliato; piuttosto che ripetere un errore venderebbe l’anima al diavolo.”

La Panchina si interrompe guardando la Palla in cerca del suo consenso.

“Io,” comincia a dire la Palla, “non amo schierarmi e criticare questo o quello, però la differenza è evidente. Molti la chiamano classe, altri talento, taluni dono divino, ma per me, che la tocco, la differenza è molto più oggettiva. Tra i piedi di un campione ti senti tranquilla, sai che ti sta per accadere qualcosa di ben definito, anche se non puoi intuirlo; quando avviene, ti senti parte di un disegno, dove, quello che più ti sorprende, è che quanto più semplice appare ogni compito tanto più è complesso. Non ti annoi, non è la solita pappardella che certi giocatori ti propinano continuamente riuscendo ad essere monotoni anche quando sbagliano. Con i campioni è come andare al cinema continuamente, magari non cambi genere, ma la storia muta ogni volta.”

Annuisce la Panchina, “sai che la cosa più buffa che ho notato in tanti anni è che l’età dei giocatori non c’entra nulla con la loro abilità? A volte sembra che l’esperienza sia un’invenzione dei giornali.”

“In effetti,” riprende la Palla, “ho visto ragazzini superare situazioni laddove altri, molto più grandi, non sapevano nemmeno da che parte cominciare. Forse ha ragione quel tale che dice che certe cose non hanno tempo, perché, se vai piano, non ci arrivi nemmeno a cent’anni.”

La Panchina diviene più seria e comincia a fare strani pensieri su quei paradossi, cari ai Fisici, che tirano in ballo la velocità: “Vuoi vedere che dipende tutto dalla frequenza con la quale affronti determinate situazioni, non dall’età, quella che chiamano esperienza?”

Non c’è replica. La Palla, oramai, dorme sotto un cielo di stelle, per le quali, forse, la risposta non è un mistero.

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