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Mi chiamano “prof” ma…

Mi chiamano prof ma sono solo un modesto formatore.

Comincio oggi una nuova sfida, un po’ sulla linea del mio passato di questi anni di formazione professionale, un po’ come novità che mischia competenze, esperienze e soprattutto sensibilità.

Prima ancora che insegnare è motivare persone, giovani, che sono uscite dal percorso scolastico per tanti motivi – potete immaginare – e riportarle nel mondo “normale” e offrire una seconda chance.

Non è solo insegnare comunicazione, scrittura e social media, le materie che farò, anzi proprio quello forse è residuale. È molto molto di più. Spero di esserne all’altezza.

Cosa penso della guerra e delle guerre

Trattare la violenza e il sangue come una partita di calcio, i morti come vittime di serie A e serie B, il noi e voi, tifare per questo o quello, annullare la complessità del mondo per piegarla a semplicismi, non ci renderà persone migliori.

Questo approccio dialettico, caro a tanti, dimostra che quella violenza la teniamo anche noi, ma solo per una coincidenza fortunata non abbiamo i mezzi per operarla.

La teoria della “banalità del male” di Hannah Arendt è perfetta: le persone possano compiere azioni malvagie – o accettarle – senza necessariamente essere mostri, ma piuttosto seguendo semplicemente il conformismo e l’adesione a ideologie.

Non ci resta che esaminare criticamente e laicamente la nostra partecipazione e comprensione della violenza e della polarizzazione nella società.

Dj e speaker a Mondiali ed Europei di beach soccer ad Alghero

Bellissime cose!

Sarò Dj e speaker ufficiale agli Europei e Mondiali di beach soccer – World Beach Soccer Cup 2023 | Lido di Alghero | dal 19 settembre al 1 ottobre

La Spiaggia del Lido di Alghero sarà il palcoscenico del grande beach soccer internazionale.

L’evento è sempre in Sardegna, dopo l’edizione dell’anno scorso a Cagliari, ed è organizzato dal Comitato Regionale FIGC LND Sardegna, in collaborazione con BSWW Beach Soccer Worldwide, e patrocinato dal Comune di Alghero e dalla Fondazione Alghero.

Si parte con la EBSL Superfinal 2023, la fase finale dell’Europeo di beach soccer dal 19 al 24 settembre. 🇮🇹L’Italia, che nell’ultima edizione di Cagliari ha chiuso al terzo posto, è nel Gruppo A con Bielorussia, la Moldova e la Grecia.

Si comincia martedì 19 con la prima giornata dei gironi; venerdi i quarti con le prime due di ogni girone,sabato e domenica semi e finale.

A seguire la World Winners Cup: squadre maschili e femminili da tutto il mondo si sfideranno per cercare di succedere a Real Münster (GER) e Lady Grembach (POL), vincitori dell’anno scorso.

📲Tutte le news in tempo reale saranno sul sito ufficiale www.beachsoccer.com. Spazio importante anche sui nostri canali federali Figc LND CR Sardegna Facebook e Instagram e sul sito www.figc-sardegna.it

La manifestazione è promossa dalla Regione Autonoma della Sardegna – Assessorato del Turismo, Artigianato e commercio.

La routine dei miei viaggi

Mi sveglio presto. Medito, faccio colazione con un cappuccino, una spremuta e del pane abbrustolito con salsa di pomodori. Smaltisco un po’ di lavoro a distanza. Poi prendo lo zaino, cammino, osservo e prendo appunti. Cerco di assorbire tutto: particolari, rumori, profumi, suoni, scritte, persone. Chiacchiero e chiedo anche al solo scopo di sentire la risposta e attaccare bottone.

La musica in cuffia è solo nei momenti di relax o nel computer quando lavoro su Ableton.

Non guardo le notizie (anzi ne sto lontano), scrollo una sola volta la home di fb per non farmi incancrenire l’anima dal mix di battute e lamenti.

Bisogna stare attenti; qualsiasi cosa accada sullo smartphone a distanza può cambiarti l’umore. Controllo in alcuni momenti precisi chat e mail. Mi fermo nei bar. Non c’è un tempo preciso. Ricomincio il cammino.

Vado avanti fino a sera, qualche volta mi metto le scarpette e corro. Poi inizia la revisione della giornata: tutto quello che ho scritto prende forma. Correggo, riassetto, taglio e incollo. Un lavoro di sartoria con le parole. Una forma grezza che servirà per modellare qualcosa.

Facendo cose continua! Nel segno e nel sogno di Sonia

Avanti con FacendocoseaCagliari!

“Nel segno e nel sogno di Sonia”.

Questo quasi-gioco di parole mi ha mosso nello scrivere insieme a Martha e Jaime il post per annunciare ufficialmente che il progetto Facendo “Cose” a Cagliari e in Sardegna va avanti, con tanti altri amici e amiche che ci aiutano.

Quel che possiamo e riusciamo a fare perché sarà davvero una bella impresa (e se volete aiutarci, perché no?) e chi lavora come me nell’editoria piccola sa che non è per nulla facile.

Grazie anche chi lo hanno fatto sviluppare – come non dimenticare il prezioso apporto di Gianmarco e di Francesco – e a tanti altri compagni di avventura.

Torniamo indietro.

Abbiamo fatto tesoro di tante chiacchierate e idee messe in campo quando c’era Sonia e avevamo pensato a un facendocose 2.0: è il momento di provare a concretizzarle.

Mi troverete e ci troverete anche là, anzi ci state già trovando da giorni con tanti contenuti e articoli.

Continuiamo con quello spirito divertente e leggero, per offrire un servizio alla città e all’isola ma anche per far circolare buone idee e cose. Interviste, eventi, curiosità.

Se avete qualcosa da proporre – idee, storie, news – scriveteci! 🙃

Sitges e la Catalogna, le due facce della Spagna

Prendere i treni di notte in stazioni vuote è una ginnastica per l’anima.

Lascio Sitges come sta per piovere.

La vitalità di queste città iberiche sul mare, così uguali con il “solito” lungomare di spiagge lunghissime, ristorantini, caffè , case basse e centro storico medioevale è sorprendente.

Ogni angolo rivela una ricchezza di storia e cultura, unendo il passato e il presente.

La Spagna e la Catalogna sono così, l’ho capito: tradizionali e rispettose del passato, tenuto orgogliosamente vivo delle insegne dei negozi fino alle feste religiose, ma pure consapevoli del presente e del dinamismo della società. Un compromesso, come nella lingua che rimastica i termini inglesi e li propone nella versione locale.

Si respira sempre una grande vitalità. La musica, il movimento continuo della gente, le birre come fosse una fabbrica, l’olio in ogni dove, la spiaggia come un agorà, i bimbi che giocano ovunque a pallone con le maglie del Barcellona, i parchi e le piazze affolate di giovani e anziani e la chiacchiera quasi fastidiosa della gente.

Non a caso qui è passato, leggo, anche il Modernismo catalano. Gli artisti continuano a trarre ispirazione perché l’aria sfuggente glielo suggerisce.

Ho incrociato così la storia di Santiago Rusiñol y Prats, artista, scrittore e drammaturgo catalano che ha esercitato in un’epoca di impressionante effervescenza nella cultura di una Catalogna borghese e cosmopolita.

La Chiesa di Sant Bartomeu i Santa Tecla, quella che si nota in ogni cartolina e foto, sembra quasi tuffarsi in acqua. Una bella scoperta all’interno: è ricca di ornamenti e di particolari. La trovi vicina al mare – strano, rispetto al solito – una sentinella silenziosa, un baluardo dalla furia delle onde che oggi non hanno dato tregua. Divide la città in due, così come due spiagge, la Platja de Ribeira e de La Fragata e quella di San Sebastià.

Proprio vicino alla Chiesa c’è il museo del Cau Ferrat fondato da Rusinol per conservare e mostrare la sua collezione d’arte. L’ha donato alla città per l’affetto che provava.

Quanto l’amore per gli artisti ha dato lustro alle città? Ma questo amore non va isolato: è poi attaccamento continuo di chi ci vive.

That’s all fuck!

Il Viaggio che sa di Cammino sta per finire.

Ho ancora un po’ di tempo per me come le ultime Brooklin incartate d’argento che spuntavano dalle tasche dei Levi’s prima della scritta minacciosa BENVENUTI A CAGLIARI.

La stanchezza affiora. Le gambe – per fortuna – resistono bene, la testa pure. Aveva ragione è quell’amico che fa il verso al venerdì per dirmi “le gambe sono tutto!”.

Le storie sul quaderno sono avanzate. Ho fatto foto, pochssimi video. Ho ascoltato poca musica seguendo più i rumori e i silenzi. Ho corso un pochino, quanto bastava per dire che l’ho fatto. Ho camminato molto. Credo che in totale abbia accumulato non meno di cinquanta chilometri, tanti con lo zaino di oltre dieci chili. Mi accorgo che posso togliere ancora qualcosa per renderlo più leggero. Una maglia in meno e forse il computer. I libri letti con l’ebook non sanno di nulla, sono sesso senza coito.

Ho meditato ogni giorno provando a cogliere l’energia dei luoghi, il genius loci. In alcuni casi mi son immerso, in altri ho dovuto aspettare, in altri mi son sentito estraneo. Ho imparato qualche parola e frase di castigliano che non avevo. Ho letto in catalani. Ho visto e ballato la sardana. Ho fatto tante gaffe. Non ho capito cosa mi dicevano gli altri e ho risposto YES. Ho incrociato storie di artisti e persone che voglio approfondire. Ho letto un po’di Pessoa e Proust, faticosi e intensi che meritano attenzione e cura. Potevo mangiare meglio, questo è vero. Ho riaffermato il mio amore per i treni, specie la notte, e la salvezza dei bus.

El prat è immenso, ma senza poesia. Le vetrine patinate, i caffè con logo studiato, le cose unitili del duty free.

Due persone urlano. Riconosco la parlata. “Lo vedi che imbarcano là?!”. Nella moltitudine dell’aeroporto sono protagonisti della scena. Sono sulla strada giusta per il gate. Incontro un amico che non vedevo da tempo immemorabile. Anche lui è innamorato di questo paese e ha la fidanzata spagnola. Chiacchieriamo e raccontiamo un po’ di esperienze e viaggi, paesi da vedere e scene da viaggiatori. Tipo che quando l’aereo atterra nella nostra città tutti si alzano in piedi prima che il comandante tolga l’indicazione delle cinture. Sorridiamo anche perché l’aereo per Cagliari sia sempre parcheggiato in fondo alle piste.

Caos allla partenza. Bagagli che volano. Davanti a me un sardo dice a uno spagnolo che ha lagato per avere lo zaino in cappelliera, ma lo spagnolo gli chiede di metterlo sotto che altrimenti non sta il suo trolley. Alla fine stanno tutti e due. Le hostess sono le più pazienti e sorridenti che abbia visto.

In volo vicino a me c’è una coppia spagnola che legge un portentoso volume turistico sulla Sardegna. Si sofferma sul Sulcis. Confermo l’ottima scelta con una frasettina che mi preparo da Google traduttore.

Atterriamo. Il venticello caldo e umido della Sardegna. La prima scala mobile non funziona. Cartelloni sardi. Sardo buono, sardo bello, compra sardo. Non rubare la sabbia ched’ è peccato. Lo sguardo degli agenti della finanza. Niente sapone nei bagni. “Ha cambio?” solita scena al bar con quello sguardo di traverso che solo noi, solo noi, canterebbe Cutugno.

Stazione di Elmas Aeroporto. L’obliteratrice non funziona. I turisti hanno timore di essere multati. Un anziano francese fa la foto alla rotaia e sorride. Nessuno a cui chiedere. Avremo sbagliato posto?

Il treno ha la temperatura di un discount d’estate. Una voce squillante ricorda gli abbonamenti pendolari. Il controllore ha un codino, un ciuffo bianco e doppio orecchino. Controlla con tono gentile. Tempi che cambiano.

Niente fermata a Santa Gilla, che poi mi chiedo ancora a cosa serva. Domande senza risposta.

Stazione di Cagliari, corsa finita.

Piazza Matteotti. Transenne. Cacca di cane. Panino mangiato a metà. Sguardi torvi. Transenne. Solo i turisti hanno sguardi curiosi e pieni di fiducia.

Poi ci sono io, viaggiatore a casa mia. Che poi casa mia è un concetto pericoloso, prevede un proprietà e la presenza di un “altro” che non sarebbe a casa.

Fine della poesia. La più grande missione è trovarla ancora, in una terra bella e violentata, che come me ha paura del mare e di tutto quello che c’è fuori. Quella poesia, dove si è nascosta? Questo bel venticello da qualche parte ci porterà.

Gratitudine di fine estate (da dj)

Gratitudine.

Sì, l’estate non è finita.

Ho due ore di ritardo di volo, biglietti del pullman bruciati e non ho capito bene a che ora arriverò in Spagna.

È stata una stagione musicale potentissima.

Ancora non ci credo ma la metto tra migliori della mia oramai lunga vita da dj. Tantissime serate, eventi, festival e due dischi usciti su Spotify.

Penso alla stranezza della vita come il cuore che provo a fare per questa foto, attirandomi – giustamente – i sorrisi e le ironie di chi mi sta vicino di posto. Ci rinuncio, non riesco a farlo bene.

Questo cuore è come me, imperfetto e incerto, asimmetrico e tutt’altro che memorabile. Il cuore di chi prova a far quadrare le cose e mentre si architetta a cercare una perfezione che non raggiunge mai poi le cose vanno.

Todo se cumple, lo dico spesso.

L’importante è il senso. Significa amore e gratitudine.

Sono arrivate tante belle cose che hanno lenito i dolori delle mancanze.

Grazie a chi c’è stato, ieri come oggi, sotto la

consolle a ballare o in qualche locale ad ascoltare i miei djset, ma anche a chi solamente mi ha supportato con tanto affetto.

A presto! 🫶

Grazie in particolare

Bacàn Club Nautico Chia Palazzo Doglio Sunshine Rey Costa Rei Sardegna Maiori Villasimius Porto Turistico Calasetta Soul Club Saia

Sono andato a vedere Paul Kalkbrenner al Red Valley

Red Valley, un Cagliari-Olbia andata e ritorno, gli Articolo 31 e soprattutto Paul Kalkbrenner.

(Pezzo lungo ma ne vale la pena)

15 agosto, una promessa rispettata: andare al Red Valley. Laura e lo staff sono gentilissimi nonostante la mia richiesta in extremis. Laura mi risponde nei giorni caldi, dopo qualche secondo, su whatsapp: c’è altro da aggiungere sulla sua professionalità e disponibilità?

“Purtroppo” le mie serate da dj mi negano spesso il piacere di godermi, senza l’ansia della consolle, tanti appuntamenti ed eventi musicali.

Parto alle quattro e mezzo. La 131 è lunga e arsa dal sole. Ho tempo per un caffè all’oasi di Sant’Ignazio dopo Sardara, poi proseguo la salita continua verso Olbia.

Arrivo in serata, il traffico è scorrevole tranne qualche rallentamento: le navi sono in partenza, il sole è andato via creando una tavolozza di colori in lontananza. Da lontano, appare il palco del Red Valley con la sua sagoma imponente: ecco la direzione!

L’area industriale, dove si svolge il festival, è vasta, piena di spazio e parcheggi. Scelta azzeccata. Faccio una pausa a un bar caffe di un distributore di benzina in una strada chiusa. Per loro questi giorni sono un eldorado: posizione strategica, tantissima gente di passaggio ma nessuno strozzinaggio. I caffè vengono 1,10, la birra, buona e fresca, 3,50 euro. Onesti. Il bagno, a pagamento (sarebbe anche giusto) è pulito.

Cinque minuti di camminata e sono già agli ingressi. L’accesso vip/media sta dalla parte opposta a quello normale, dove si sviluppa una lunghissima e ordinata fila. Si sente già l’EDM dell’esibizione di Vlady. Il vocalist incita la folla che risponde in preda alla crescente emozione per l’evento. Decine di persone guardano l’evento da una rampa stradale.

L’area vip si riempie alla spicciolata. Le parlate che incrocio sono tante: milanese, toscano, gallurese, inglese e tedesco. I look vanno dalla camicia bianca o a righe marcata alla più classica t-shirt. Sui tavoli arrivano di continuo bottiglie con cestelli illuminati.

I divanetti sono marcati e son situati nella pedana più bassa. Sopra il banco bar ruotano delle piccole discoball.

Tutto è organizzato perfettamente e anche scendendo tra la folla e godendosi l’evento “dal basso” il Red Valley non lascia spazio ad allestimenti precari e raccapezzati: tutto è brandizzato, chiaro e senza troppa fila. Cibo e acqua, food, birra e cocktail. Mi chiedo se siamo davvero in Sardegna dove il confine tra (tanti) eventi e sagre – con tutto rispetto – è sempre labile. Dove la musica quasi mai è centrale ma viene riempita di inutili orpelli.

Tananai indossa una camicia bianca che dura il tempo di una prima sudata: poi è una canotta nera, volto rassicurante e sorriso da bravo ragazzo. I telefonini si accendono e spengono. I genitori accompagnano i figli provando a cantare le canzoni.

Il giovane cantante dialoga col pubblico. Chiede a tutti di non affidarsi a guru o esempi. Racconta di sè e di canzoni nate durante periodi bui, nelle cantine. Chiude con Tango, dedicata a una coppia ucraina divisa dalla guerra, e la voce del pubblico lo accompagna.

Negli intervalli la musica accompagna il veloce movimento delle maestranze che a tempo di record fanno i cambi palco. Red è la scritta che domina, che sia l’evoluzione del marchio? La line up rispetta quasi puntualmente gli orari. Non è mai scontato che accada.

Quando entrano gli Articolo 31 le generazioni si danno una mano. “Un urlo per l’articolo31” con l’urletto di Jad. Poi Funkytarro, Gente che spera, 2023. “Voglio parlare con la musica” dice J-Ax, ma in verità parlerà anche senza. Volume, Italiano Medio, Domani smetto, La mia ragazza Mena, Domani, Spirale ovale.

J-Ax, accompagnato anche da Space One che supporta la voce, racconta le critiche: “Contro di noi c’è sempre discriminazione. In passato perché eravamo ignoranti di periferia, oggi perché io e Jad abbiamo i 107 anni insieme. È ageism, spiega, “dicono che dovresti smetterla di comportarti da ragazzino e vestirti da animatore. In verità siamo orgogliosi di quello che siamo stati e che siamo e promettiamo di non diventare mai dei vecchi tristi come quelli che ci criticano. Noi siamo un classico, voi dei vecchi di merda”. Applausi. Immancabile capitolo mariujana: “Come nel 1994 continuiamo a dire che su certe cose la gente abbia diritto di decidere”. La sfida: facciamo un Coffee shop a Olbia. Arriva così Ohi Maria e Maria salvador. Poi ancora “Disco paradise” con un altro filo polemico: “A volte ci dicono falliti o in questo caso venduti. Quando chi chiamano venduti significa che abbiamo un pezzo in classifica. Per seguire gli Articolo non ci vuole età ma mentalità”. Dito puntato al cervello.

Nel privè i bimbi scorrazzano, i grandi fanno selfie e video, le donne salgono sui divanetti per ballare. Elodie dopo gli Articolo 31 fatica ad aver lo stesso contatto col pubblico. Normale. La sua band è internazionale, le coriste supportano egregiamente, i pezzi cominciano a essere tanti ma la sua presenza sul palco, nonostante la bellezza e la grazia, un abito nero che lascia molto spazio all’immaginazione, concede solo qualche fiammata. Anche lei lo ammette nei saluti finali “Grazie. Avevo paura perché siete davvero tanti”.

Poi arriva lui, l’ospite che attendevo. Paul Kalkbrenner.

Il palco si fa minimale: via batteria, piano, microfoni e chitarre, resta una consolle e sua strumentazione davanti. Non ci sono piatti o cdj.

L’artista tedesco suona senza compromessi, effetti speciali o vocalist, lavora sul mixer e computer intensamente, gioca con le frequenze in maniera quasi ansiogena.

Suono diretto, techno di matrice tedesca, con lunghi inframezzi che anticipano la potenza del kick e del basso. Cominciano viaggi sonori senza tregua. Partenze e arrivi. Ci sono le più “conosciute” No goodbye, Sky and Sand, La Mezcla, Jestrupp.

I video sui grandi schermi diventano in bianco e nero per dare un effetto più residuale, lo riprendono sul viso con la sua alchimia scenica e vanno a scrutare le sue mani. Felpa nera laccetti bianchi, si accende diverse sigarette e beve, guarda il cielo in perfetta connessione col suono.

La luce pulsante segue il ritmo, il suono crea un’atmosfera di continua anticipazione. Man mano che il ritmo si sviluppa, la gente – la techno, inutile dire, non è un genere di massa in Italia, figuriamoci in Sardegna – inizia a sentirsi a suo agio, lasciandosi trasportare dai pulsanti beat non certo simili a quelli sentiti fino a mezz’ora fa. Le percussioni ipnotiche e i bassi profondi si fondono con melodie roteanti e intricate, creando un’esperienza sonora coinvolgente.

Kalkbrenner alterna in oltre un’ora e mezzo momenti di tensione ed energia a pause emotive, permettendo al pubblico del Red Valley di vivere un caleidoscopio completo di emozioni. Strati sonori e transizioni fluide e lunghe tra i brani nascono, come dicevo, dal suo controllo sulle attrezzature per manipolare i suoni, aggiungendo effetti audio e modulazioni che intensificano l’esperienza.

Quando il set si avvicina alla conclusione, il tedesco regala al pubblico una traccia finale, la storica Aaron, che unisce tutti gli elementi chiave del suo stile musicale.

La commistione tra pop e techno merita un elogio per il Red Valley. Riuscire a portare un artista come PK e buttarlo nella mischia alza l’asticella del festival che, come mi ha raccontato Laura tempo fa, vuol essere un contenitore di sfaccettature musicali.Senza nulla togliere agli altri, in particolare ai grandi Black Eyed Peas, il vero colpo è stato lui.

Abbiamo assistito all’audace connubio di generi che solleva il livello artistico, talvolta sfidando i preconcetti con qualche rischio coraggioso. E se taluni, specialmente i giovani, si interrogheranno sulla presenza di Kalkbrenner al Red Valley, già il semplice fatto di esporre e sentire il suo nome potrà innescare una curiosità che porterà gli ascoltatori a esplorare le sue playlist o a godersi le sue performance dal vivo (e i generi musicali affini). È un atto di semina, un’opportunità per arricchire l’esperienza musicale di chiunque.

Quando torno a casa, i pensieri mi avvolgono in quelle tre orette di strada statale. Dopo quasi centocinquanta chilometri, passato l’oristanese, finalmente incrocio un bar per far colazione. Un’oasi nel deserto. Nel cappuccino caldo ci sono ancora energia e briciole di musica del Red Valley. La musica, quel mistero magico, un linguaggio universale scolpito nell’etere, che parla direttamente alle emozioni, superando le barriere della parola e connettendoci in ogni momento. La musica, finalmente al centro.