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La piscina

La questione è che per un’eternità metaforica—un’eternità costellata di “forse domani” e “ci penserò”— mi son iscritto finalmente a un corso di nuoto.

Perché? Per affrontare la mia palpabile, quasi corporea, apprensione verso l’acqua profonda. Timore per l’incertezza di ogni prossimo esercizio in acqua, e euforia perché, nel profondo della mia testa, so che ho la capacità di trascendere questa paura e voglio sfidare le mie paure.

Anna, la mia istruttrice, gridava ieri con una sorta di entusiasmo coercitivo: “Perché hai paura? Tu sei capace, lo sai!” mentre io mi aggrappavo al bordo. Sorridevo, riconoscendo la verità delle sue parole. Perché la paura è quel fastidioso collante che ti immobilizza nonostante tu possieda tutte le competenze per avanzare. È la paura di te stesso, del superamento di te stesso, e dei giudizi altrui. E a tutto ciò, mi dico: “Che se ne vadano tutti al diavolo”, inclusi i miei pensieri auto-limitanti.

Essere immerso in quella massa acquatica, con la sua gravità e l’attenzione solo su di essa, ha innescato in me un fenomeno di osservazione—osservazione di me stesso e dei miei compagni d’acqua.

Ogni persona con la sua personale odissea, con i suoi limiti e le sue resistenze. Il loro impegno funge da lezione per chiunque tenda a lamentarsi e rinunciare, come il sottoscritto.

E in questa continua odissea, tra palestra e piscina, mi sono ritrovato ora a dedicare cinque giorni a settimana all’esercizio fisico.

Me ne son accorto stamattina.

Ero felice ma anche consapevole che tenere questo ritmo sarà dura.

È un ritmo intenso, sì, ma la costanza sta erodendo le barriere tra me e una serie di benefici. C’è ora consapevolezza, disciplina personale, e una sorta di chiarezza mentale che va su ogni aspetto della mia vita, inclusa la mia professione creativa e, sí, anche quando sono DJ.

Ed è strano, perché con l’avanzare degli anni, l’attenzione alla cura del corpo e della mente diventa inevitabil. Dunque, ecco dove siamo: buone abitudini, cibo sano, passioni, discernimento e attività fisica. Non c’è più spazio per frivolezze, tranne forse per quei deliziosi sprechi di tempo e per i viaggi che rendono la vita degna di essere vissuta.

Mi chiamano “prof” ma…

Mi chiamano prof ma sono solo un modesto formatore.

Comincio oggi una nuova sfida, un po’ sulla linea del mio passato di questi anni di formazione professionale, un po’ come novità che mischia competenze, esperienze e soprattutto sensibilità.

Prima ancora che insegnare è motivare persone, giovani, che sono uscite dal percorso scolastico per tanti motivi – potete immaginare – e riportarle nel mondo “normale” e offrire una seconda chance.

Non è solo insegnare comunicazione, scrittura e social media, le materie che farò, anzi proprio quello forse è residuale. È molto molto di più. Spero di esserne all’altezza.

Cosa penso della guerra e delle guerre

Trattare la violenza e il sangue come una partita di calcio, i morti come vittime di serie A e serie B, il noi e voi, tifare per questo o quello, annullare la complessità del mondo per piegarla a semplicismi, non ci renderà persone migliori.

Questo approccio dialettico, caro a tanti, dimostra che quella violenza la teniamo anche noi, ma solo per una coincidenza fortunata non abbiamo i mezzi per operarla.

La teoria della “banalità del male” di Hannah Arendt è perfetta: le persone possano compiere azioni malvagie – o accettarle – senza necessariamente essere mostri, ma piuttosto seguendo semplicemente il conformismo e l’adesione a ideologie.

Non ci resta che esaminare criticamente e laicamente la nostra partecipazione e comprensione della violenza e della polarizzazione nella società.

Dj e speaker a Mondiali ed Europei di beach soccer ad Alghero

Bellissime cose!

Sarò Dj e speaker ufficiale agli Europei e Mondiali di beach soccer – World Beach Soccer Cup 2023 | Lido di Alghero | dal 19 settembre al 1 ottobre

La Spiaggia del Lido di Alghero sarà il palcoscenico del grande beach soccer internazionale.

L’evento è sempre in Sardegna, dopo l’edizione dell’anno scorso a Cagliari, ed è organizzato dal Comitato Regionale FIGC LND Sardegna, in collaborazione con BSWW Beach Soccer Worldwide, e patrocinato dal Comune di Alghero e dalla Fondazione Alghero.

Si parte con la EBSL Superfinal 2023, la fase finale dell’Europeo di beach soccer dal 19 al 24 settembre. 🇮🇹L’Italia, che nell’ultima edizione di Cagliari ha chiuso al terzo posto, è nel Gruppo A con Bielorussia, la Moldova e la Grecia.

Si comincia martedì 19 con la prima giornata dei gironi; venerdi i quarti con le prime due di ogni girone,sabato e domenica semi e finale.

A seguire la World Winners Cup: squadre maschili e femminili da tutto il mondo si sfideranno per cercare di succedere a Real Münster (GER) e Lady Grembach (POL), vincitori dell’anno scorso.

📲Tutte le news in tempo reale saranno sul sito ufficiale www.beachsoccer.com. Spazio importante anche sui nostri canali federali Figc LND CR Sardegna Facebook e Instagram e sul sito www.figc-sardegna.it

La manifestazione è promossa dalla Regione Autonoma della Sardegna – Assessorato del Turismo, Artigianato e commercio.

La routine dei miei viaggi

Mi sveglio presto. Medito, faccio colazione con un cappuccino, una spremuta e del pane abbrustolito con salsa di pomodori. Smaltisco un po’ di lavoro a distanza. Poi prendo lo zaino, cammino, osservo e prendo appunti. Cerco di assorbire tutto: particolari, rumori, profumi, suoni, scritte, persone. Chiacchiero e chiedo anche al solo scopo di sentire la risposta e attaccare bottone.

La musica in cuffia è solo nei momenti di relax o nel computer quando lavoro su Ableton.

Non guardo le notizie (anzi ne sto lontano), scrollo una sola volta la home di fb per non farmi incancrenire l’anima dal mix di battute e lamenti.

Bisogna stare attenti; qualsiasi cosa accada sullo smartphone a distanza può cambiarti l’umore. Controllo in alcuni momenti precisi chat e mail. Mi fermo nei bar. Non c’è un tempo preciso. Ricomincio il cammino.

Vado avanti fino a sera, qualche volta mi metto le scarpette e corro. Poi inizia la revisione della giornata: tutto quello che ho scritto prende forma. Correggo, riassetto, taglio e incollo. Un lavoro di sartoria con le parole. Una forma grezza che servirà per modellare qualcosa.

Facendo cose continua! Nel segno e nel sogno di Sonia

Avanti con FacendocoseaCagliari!

“Nel segno e nel sogno di Sonia”.

Questo quasi-gioco di parole mi ha mosso nello scrivere insieme a Martha e Jaime il post per annunciare ufficialmente che il progetto Facendo “Cose” a Cagliari e in Sardegna va avanti, con tanti altri amici e amiche che ci aiutano.

Quel che possiamo e riusciamo a fare perché sarà davvero una bella impresa (e se volete aiutarci, perché no?) e chi lavora come me nell’editoria piccola sa che non è per nulla facile.

Grazie anche chi lo hanno fatto sviluppare – come non dimenticare il prezioso apporto di Gianmarco e di Francesco – e a tanti altri compagni di avventura.

Torniamo indietro.

Abbiamo fatto tesoro di tante chiacchierate e idee messe in campo quando c’era Sonia e avevamo pensato a un facendocose 2.0: è il momento di provare a concretizzarle.

Mi troverete e ci troverete anche là, anzi ci state già trovando da giorni con tanti contenuti e articoli.

Continuiamo con quello spirito divertente e leggero, per offrire un servizio alla città e all’isola ma anche per far circolare buone idee e cose. Interviste, eventi, curiosità.

Se avete qualcosa da proporre – idee, storie, news – scriveteci! 🙃

Sitges e la Catalogna, le due facce della Spagna

Prendere i treni di notte in stazioni vuote è una ginnastica per l’anima.

Lascio Sitges come sta per piovere.

La vitalità di queste città iberiche sul mare, così uguali con il “solito” lungomare di spiagge lunghissime, ristorantini, caffè , case basse e centro storico medioevale è sorprendente.

Ogni angolo rivela una ricchezza di storia e cultura, unendo il passato e il presente.

La Spagna e la Catalogna sono così, l’ho capito: tradizionali e rispettose del passato, tenuto orgogliosamente vivo delle insegne dei negozi fino alle feste religiose, ma pure consapevoli del presente e del dinamismo della società. Un compromesso, come nella lingua che rimastica i termini inglesi e li propone nella versione locale.

Si respira sempre una grande vitalità. La musica, il movimento continuo della gente, le birre come fosse una fabbrica, l’olio in ogni dove, la spiaggia come un agorà, i bimbi che giocano ovunque a pallone con le maglie del Barcellona, i parchi e le piazze affolate di giovani e anziani e la chiacchiera quasi fastidiosa della gente.

Non a caso qui è passato, leggo, anche il Modernismo catalano. Gli artisti continuano a trarre ispirazione perché l’aria sfuggente glielo suggerisce.

Ho incrociato così la storia di Santiago Rusiñol y Prats, artista, scrittore e drammaturgo catalano che ha esercitato in un’epoca di impressionante effervescenza nella cultura di una Catalogna borghese e cosmopolita.

La Chiesa di Sant Bartomeu i Santa Tecla, quella che si nota in ogni cartolina e foto, sembra quasi tuffarsi in acqua. Una bella scoperta all’interno: è ricca di ornamenti e di particolari. La trovi vicina al mare – strano, rispetto al solito – una sentinella silenziosa, un baluardo dalla furia delle onde che oggi non hanno dato tregua. Divide la città in due, così come due spiagge, la Platja de Ribeira e de La Fragata e quella di San Sebastià.

Proprio vicino alla Chiesa c’è il museo del Cau Ferrat fondato da Rusinol per conservare e mostrare la sua collezione d’arte. L’ha donato alla città per l’affetto che provava.

Quanto l’amore per gli artisti ha dato lustro alle città? Ma questo amore non va isolato: è poi attaccamento continuo di chi ci vive.

That’s all fuck!

Il Viaggio che sa di Cammino sta per finire.

Ho ancora un po’ di tempo per me come le ultime Brooklin incartate d’argento che spuntavano dalle tasche dei Levi’s prima della scritta minacciosa BENVENUTI A CAGLIARI.

La stanchezza affiora. Le gambe – per fortuna – resistono bene, la testa pure. Aveva ragione è quell’amico che fa il verso al venerdì per dirmi “le gambe sono tutto!”.

Le storie sul quaderno sono avanzate. Ho fatto foto, pochssimi video. Ho ascoltato poca musica seguendo più i rumori e i silenzi. Ho corso un pochino, quanto bastava per dire che l’ho fatto. Ho camminato molto. Credo che in totale abbia accumulato non meno di cinquanta chilometri, tanti con lo zaino di oltre dieci chili. Mi accorgo che posso togliere ancora qualcosa per renderlo più leggero. Una maglia in meno e forse il computer. I libri letti con l’ebook non sanno di nulla, sono sesso senza coito.

Ho meditato ogni giorno provando a cogliere l’energia dei luoghi, il genius loci. In alcuni casi mi son immerso, in altri ho dovuto aspettare, in altri mi son sentito estraneo. Ho imparato qualche parola e frase di castigliano che non avevo. Ho letto in catalani. Ho visto e ballato la sardana. Ho fatto tante gaffe. Non ho capito cosa mi dicevano gli altri e ho risposto YES. Ho incrociato storie di artisti e persone che voglio approfondire. Ho letto un po’di Pessoa e Proust, faticosi e intensi che meritano attenzione e cura. Potevo mangiare meglio, questo è vero. Ho riaffermato il mio amore per i treni, specie la notte, e la salvezza dei bus.

El prat è immenso, ma senza poesia. Le vetrine patinate, i caffè con logo studiato, le cose unitili del duty free.

Due persone urlano. Riconosco la parlata. “Lo vedi che imbarcano là?!”. Nella moltitudine dell’aeroporto sono protagonisti della scena. Sono sulla strada giusta per il gate. Incontro un amico che non vedevo da tempo immemorabile. Anche lui è innamorato di questo paese e ha la fidanzata spagnola. Chiacchieriamo e raccontiamo un po’ di esperienze e viaggi, paesi da vedere e scene da viaggiatori. Tipo che quando l’aereo atterra nella nostra città tutti si alzano in piedi prima che il comandante tolga l’indicazione delle cinture. Sorridiamo anche perché l’aereo per Cagliari sia sempre parcheggiato in fondo alle piste.

Caos allla partenza. Bagagli che volano. Davanti a me un sardo dice a uno spagnolo che ha lagato per avere lo zaino in cappelliera, ma lo spagnolo gli chiede di metterlo sotto che altrimenti non sta il suo trolley. Alla fine stanno tutti e due. Le hostess sono le più pazienti e sorridenti che abbia visto.

In volo vicino a me c’è una coppia spagnola che legge un portentoso volume turistico sulla Sardegna. Si sofferma sul Sulcis. Confermo l’ottima scelta con una frasettina che mi preparo da Google traduttore.

Atterriamo. Il venticello caldo e umido della Sardegna. La prima scala mobile non funziona. Cartelloni sardi. Sardo buono, sardo bello, compra sardo. Non rubare la sabbia ched’ è peccato. Lo sguardo degli agenti della finanza. Niente sapone nei bagni. “Ha cambio?” solita scena al bar con quello sguardo di traverso che solo noi, solo noi, canterebbe Cutugno.

Stazione di Elmas Aeroporto. L’obliteratrice non funziona. I turisti hanno timore di essere multati. Un anziano francese fa la foto alla rotaia e sorride. Nessuno a cui chiedere. Avremo sbagliato posto?

Il treno ha la temperatura di un discount d’estate. Una voce squillante ricorda gli abbonamenti pendolari. Il controllore ha un codino, un ciuffo bianco e doppio orecchino. Controlla con tono gentile. Tempi che cambiano.

Niente fermata a Santa Gilla, che poi mi chiedo ancora a cosa serva. Domande senza risposta.

Stazione di Cagliari, corsa finita.

Piazza Matteotti. Transenne. Cacca di cane. Panino mangiato a metà. Sguardi torvi. Transenne. Solo i turisti hanno sguardi curiosi e pieni di fiducia.

Poi ci sono io, viaggiatore a casa mia. Che poi casa mia è un concetto pericoloso, prevede un proprietà e la presenza di un “altro” che non sarebbe a casa.

Fine della poesia. La più grande missione è trovarla ancora, in una terra bella e violentata, che come me ha paura del mare e di tutto quello che c’è fuori. Quella poesia, dove si è nascosta? Questo bel venticello da qualche parte ci porterà.