Negli ultimi anni, spesso mi son chiesto “Sono contento di quello che sto facendo?”.

Ve lo siete mai chiesti anche voi o questa stupidissima domanda non vi ha mai sfiorato?

Pur tra le difficoltà, gli errori, le gaffe, i limiti la risposta è sta sempre una e una sola: SI.

Potevo fare tante altre cose, seguire altre strade, partire per studiare fuori, smettere l’incerto e andare sul certo, ma sono contento di quello che faccio. Non è detto, naturalmente, che sia sempre felice. Sarei un falso se dicessi il contrario.

Ma sono contento, appagato quanto mi basta per mettermi sempre nuovi obiettivi e sfide, forse anche troppi.

Forse perché è quello che mi piace, forse perché il mio lavoro (o i miei lavori?) sono prima di tutto una passione. E consiglio anche a voi, se potete, di pensare così: fregatevene degli altri, soprattutto qui a Cagliari. Rincorrete le passioni, incuranti di tanti che vi sgambettano o sbarrano la strada. Gli altri non vi conoscono, non indossano la vostra t-shirt, non camminano con le vostre scarpe.

 

Questo stato, questa bozza, l’ho scritta qualche giorno fa, prima che morisse uno dei cardini di questa filosofia: Steve Jobs, visionario dei tempi nostri. La sua scomparsa ha fatto riecheggiare in rete tante sue frasi. Tutti hanno fatto copia incolla di aforismi e video, me compreso. Quanti ne hanno colto il senso? E quanto delle parole di Jobs resterà nei cuori passata la moda di fare il coccodrillo sul web? Chissà.

 

Alla fine la vita cos’è se non un insieme di esperienze? Per capire la vita bisogna accumulare esperienze, toccare con mano le situazioni, prova e sentire. Pensare che ogni giorno sia l’ultimo. Cos’è stata Apple per Steve Jobs se non un’esperienza? Non stava proponendo oggetti hi-tech ma proprio esperienze da vivere. L’ipod, l’iphone, l’ipad e per tornare indietro i primi Mac.

Molti hanno timore di lasciare i porti sicuri per avventurarsi nel mare aperto, di seguire il cuore, di navigare senza vedere la costa. Molti hanno timore della morte ma fanno ben poco per essere vivi.

Spesso passo ore ad ascoltare persone che pur dicendo concetti ovvio non riescono a toccare il cuore. Sono come quei dj-ragionieri che ti fanno un set perfetto ma che non ti trasmette nulla. O quei giocatori che vanno in campo per svolgere il compitino. Ma l’emozione, il fulmine dove sono?

 

Grazie della lezione Jobs, grazie  a tutti i visionari, i pazzi, i folli, che incontriamo giorno per giorno. Quelli veri, non quelli tarocchi da copia incolla che credono che la filosofia e la rivoluzione si costruisca solo nelle parole, non negli atteggiamenti.

In ogni persona forse un po’ strana e diversa, che non la pensa come noi ma in fondo stimola la nostra curiosità, c’è una lezione da apprendere.

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