Con Jules, al secolo Giulia Salis, ho preso qualche tempo fa un aperitivo vicino al Teatro Lirico. Ci siamo ritrovati per la prima volta a chiacchierare pur conoscendoci già da anni. Cagliaritani, ci conoscevamo già da un luogo magico che si chiama San Valentino, in Trentino (a chi questa località, che non è la data del calendario racconta qualcosa, saprà bene la magia) ma in fondo sapevamo poco di noi, dei nostri sogni e (anche) delle nostre ferite. Avevamo una comune appartenenza, stop. E così, travolti sempre dai nostri impegni, abbiamo trovato un’ora per noi.

Mi ha sollevato un’obiezione giusta: troppo spesso ero ingrato nei confronti di un luogo che mi ha dato tanto. ma ha compreso anche il mio sforzo per essere positivo e riuscire a usare la rabbia per produrre pensieri positivi. E’ stato uno scambio di idee di quelli che restano. Mi ha raccontato il suo progetto imprenditoriale ed io le ho detto senza indugi: vai avanti, fallo! senza però negare le difficoltà della comunicazione e del marketing.

E ora mi sembra giusto, semmai non lo conosciate, raccontarvelo dalle sue stesse parole, perchè c’è una parte di me in tutte quelle persone che comunicano e scrivono. Siamo tutti figli della stessa tensione esistenziale.

Gli inizi, i cambiamenti, così: “Quasi due anni fa la mia vita ha cominciato a prendere una piega diversa. O meglio, i pensieri che vagavano nella mia testa cominciavano ad essere diversi. All’epoca avevo un lavoro come dipendente, ma ero consapevole che quell’esperienza prima o poi sarebbe finita. Ero anche io a volerla far finire. Ho cominciato a parlarne con la mia amica di sempre, Monica, e a buttare giù chiacchiere infinite su un progetto, vago e senza senso, che avremmo voluto portare avanti in due”.

La svolta per Giulia è stata legata a una scelta: “Ho deciso di non accettare il rinnovo del mio contratto di lavoro. Avevo voglia di mettermi in gioco, di riprendere in mano le fila di quelli che erano i miei sogni e le mie ambizioni professionali. Sono state giornate lunghissime quelle. Monica ed io abbiamo passato ore lunghissime a decidere e a discutere fino a farci venire il mal di testa. Avevo un’idea di quello che volevamo mettere in campo, ma pensieri confusi su come farlo. Il mio progetto era comunque quello di continuare a lavorare nel campo del digitale e della comunicazione, che è quello che faccio ormai da più di dieci anni. Non volevo, però, un sito web tradizionale, Il mio istinto mi suggeriva la parola blog. E così è nato il blog di Le Plume. In una mattina nel soggiorno di casa mia. Con un nome francese, perché siamo innamorate dell’allure dei cugini d’oltralpe. Un nome che sta a simboleggiare il pennino che si usava anticamente per scrivere. Una piuma. Per comunicare nel mondo di oggi, senza perdere il contatto con la tradizione. Ma, all’inizio, quando Le Plume ha visto la luce, non esisteva neppure un calendario editoriale. Non sapevamo di cosa avremmo scritto. Pensavamo ci saremmo occupati di marketing. Così non è stato. Il Blog si è trasformato in qualcosa di diverso. In un progetto che fa parte di noi, ma che è diverso dal tutto il resto.

Le Plume è una carezza in un web spesso arrabbiato e schiaffeggiante. Sarà anche per quel nome che forse svela l’anima di chi lo segue: “Ad oggi rappresenta il nostro progetto più bello, più sentito. Quello che ci emoziona e ci diverte. E’ l’angolo dove possiamo raccontare il nostro mondo. Ci troverete dentro tutto quello che ci piace e ci appassiona. Quello che in gergo si definisce lifestyle. Dai viaggi, che rappresentano una parte importante della nostra vita fino ad arrivare alla cucina. Ma non solo. Ci piace raccontare le storie di designer, artigiane e creative, che conosciamo attraverso le pagine di Instagram. Come se fosse una rete costruita attorno al digitale, che però fa incontrare le persone. Ci piace l’idea di ritagliarci un piccolo spazio per raccontare di noi stesse e di tematiche a volte anche importanti, ma sempre con quel pizzico di leggerezza che ci contraddistingue. Non scriviamo a quattro mani. I nostri testi nascono sempre nella testa di una di noi. Li condividiamo, è vero, ma rimangono sempre un pezzo di chi li ha concepiti. Ognuna di noi due mette qualcosa di suo. Monica, ad esempio, è molto brava a scovare le nuove tendenze. Anzi, spesso capita che lui pubblichi un post e poi, qualche settimana o un mese dopo, troviamo lo stesso argomento in blog molto più conosciuti del nostro.

Un blog, per come l’ho sempre visto, è qualcosa di più di un puntino nel web. E’ una casa, il proprio biglietto da visita, il salottino dove prendere un the e raccontarsi ai naviganti sconosciuti, l’approdo sicuro. E il blog è diventata una filosofia per chi come Giulia e Monica hanno costruito un percorso di scrittura insieme. Tempo di bilanci? Eccoli: “Dopo più di anno dalla nascita del nostro blog, un po’ blogger ci sentiamo. E’ difficile farlo capire in giro, a famiglia e amici, nel senso che per noi è diventata parte della professione, nonostante per ora non stiamo vivendo di blogging. Portare avanti un progetto del genere, però, è difficile e impegnativo. Noi abbiamo fatto sempre tutto da sole. La struttura del blog o le foto ad esempio (che ci teniamo siano di nostra produzione). Ci siamo fatte aiutare per quanto riguarda il logo, che è stato disegnato dalle ragazze di Ideame (https://www.facebook.com/progettoideaME/?ref=br_rs). Per questo mi infervoro quando sento le persone che demonizzano il tutto, pensando che essere blogger voglia dire solo passare il tempo a provare dei vestiti di fronte allo specchio con lo smartphone in mano. Il blogging è molto di più. E non parla solo di moda. Ha bisogno di competenze tecniche e specifiche, che passano dalle conoscenze di marketing, fino ad arrivare a quelle informatiche e di scrittura (ovviamente). Ha bisogno di cure costanti, di curiosità e passione. Credo che senza questi tre ingredienti non si possa andare molto avanti. Noi in Le Plume ci crediamo e i progetti per farlo crescere sono tutti in cantiere e, ad oggi, rigorosamente, top secret. Per ora posso dire che ho più volte accarezzato l’idea di aprire le porte di Le Plume e far entrare penne e teste nuove. Staremo a vedere.

C’è sempre un aspetto che mi lega alle persone che racconto ed è quello dei viaggi, della lontananza e della propria città. Quel confine sottile che si realizza tra distanza e cuore. Anche Giulia ha vissuto lontano, ha viaggiato…

“Avevo sempre in mente una canzone quando abitavo lontano da Cagliari, che recitava così, ”Sei nell’anima e lì ti lascio per sempre. E’ così che ho sempre vissuto la mia lontananza da Cagliari. A fase alterne, è vero. Ci sono stati momenti in cui la mia città non mi mancava particolarmente, ma avevo 20 anni e mi trovavo a Madrid, per la prima volta a vivere da sola. In seguito ho viaggiato tanto, ho vissuto a Barcellona, Roma e Bologna. Ho imparato tanto. Ho imparato a lavorare, a confrontarmi con persone diverse da me. Ho imparato anche a cucinare (il mio cavallo di battaglia in cucina è quella bolognese). Non posso dire di essermi trovata male fuori dall’isola. Mi è servito per crescere. E in Emilia ho lasciato un pezzo di cuore e un lavoro meraviglioso, che ho spesso rimpianto (mi occupavo di comunicazione per un’azienda di abbigliamento). Da quando sono andata via non sono neppure riuscita a tornarci…cosa che prima o poi dovrò affrontare. Ho scelto consapevolmente di rientrare a Cagliari, conscia dei rischi che avrei potuto cogliere da un punto di vista occupazionale. I problemi ci sono stati, eccome. A nessuno interessava la mia esperienza. Mi sono sentita rispondere più volte di riprendere un aereo per poter continuare a fare il mio mestiere. Ma io sono una persona testarda e quell’aereo non l’ho ripreso. La mia vita, da un punto di vista privato, è migliorata notevolmente. Sono riuscita a guardare in faccia la mia città e ad apprezzarla per quello che era, con i suoi pregi e i suoi difetti. Perché stavo, e sto, bene con me stessa. E credo sia questa la chiave di tutto. Certo, ho rimpianto, più volte, lo stipendio di quando ero una continentale. Ho rimpianto le dinamiche del lavoro. Ho rimpianto di non poter prendere un treno e andare alla scoperta di un qualcosa di nuovo. Ma credo ne sia valsa la pena. E’ vero Cagliari non offre le possibilità che offrono altre città oltremare. Ma credo ci sia anche poca voglia di rischiare, di adattarsi ai cambiamenti e soprattutto poca voglia di far rete e di condividere i saperi. In realtà, ammetto che le cose stanno cambiando. Conosco parecchie persone che si stanno inventando nuovi lavori ed esiste solidarietà e il bisogno di intersecarsi. Anche questa intervista ne è un esempio”.

E poi ci sono le passioni da cui siamo travolti come fosse una malattia. C’è la scrittura e per Giulia c’è pure la danza: “Mi sono sempre vista con le calze rosa e le punte ai piedi. Purtroppo quando ero piccola i miei erano contrari. Penso sia stata una loro forma di protezione nei miei confronti. Ero una bambina che non si poteva definire magra e aggraziata e, forse, hanno voluto mettermi al riparo da un mondo non sempre accondiscendente e parecchio duro. Quando sono cresciuta li ho praticamente costretti ad iscrivermi ad un corso di danza jazz. Negli anni ho seguito le lezioni a fasi alterne, fino ad abbandonarle del tutto una volta che ho comunicato a lavorare. Qualche anno fa, poi, mentre ero ad una lezione di zumba, ho pensato “sai che c’è? l’anno prossimo riprendo a ballare”. E così è stato. Da allora la danza è rientrata nella mia vita, dalla porta principale. Frequento la scuola di Assunta Pittaluga, che, anche se quest’anno è venuta a mancare, ha lasciato tra le aule quella forza e quella dedizione, che solo una ballerina e una maestra del suo calibro possiede. Dedico circa 8 – 9 ore della settimana alle lezioni e alla preparazione degli spettacoli.

La danza non è un gioco: c’è di mezzo la disciplina e il tempo da dedicarle, ma anche il talento che giocoforza devi avere: “E’ pesante, perché spesso devo rinunciare agli amici e alla famiglia e correre per cercare di far tutto, ma non c’è nient’altro al mondo che mi rende più felice. Anche perché io ballo di continuo. Anche nella mia mente. Anche quando ascolto musica per strada. Non è strano vedermi muovere passi di danza neppure quando cucino o pulisco casa. E’ una passione, con la P maiuscola. Ne ho parlato anche più volte nel blog. La mia socia mi chiede spesso se non mi sia pentita della mia scelta, di correre sempre a lezione. Ma non vedo perché dovrei. Anche perché, prima o poi, quelle punte le indosserò. E’ una scommessa che ho con me stessa e forse a breve ci sarà anche un musical, il mio sogno!”

In tutto questo è mancato capire il legame tra passioni e lavoro. Proviamo a indagare sui risvolti, che spesso creano risulati incredibili. Se fai della tua passione il tuo lavoro, tutto può succedere…

“La prima cosa che è venuta allo scoperto quando abbiamo cominciato la nostra attività è stata sicuramente il blog. Ma, nella realtà dei fatti, noi non siamo solo questo. Dopo che per anni ho sempre pensato che mi andasse bene il ruolo di dipendente, ho scoperto che da freelance mi ci trovo benissimo. Nonostante tutti i problemi del caso. E’ stato per questo che ho letteralmente trascinato Monica in questa nuova avventura. Ci occupiamo di consulenze nel mondo del web marketing e della comunicazione per piccole e medie imprese, soprattuto del comparto turistico e ricettivo. Siamo anche ghost writers e scriviamo per tanti altri blog o siti web nel nostro piccolo studio di via San Giovanni a Cagliari. Ammetto che qui in Sardegna la nostra è una professione non capita e dura. D’altronde, quanto ci vuole a scrivere due fesserie su Facebook o ad organizzare i testi di un sito web? Lo faccio fare a mio cugino è la frase più comune, che anche tu avrai sentito più volte. La concorrenza è tanta. Però la vogliamo vivere come una sfida. Perché ci crediamo davvero tanto e finalmente ho ripreso in mano le redini della mia vera professione. E’ questo quello che mi rende più felice. Un po’ alla volta le cose stanno cambiando, il team sta crescendo e abbiamo lanciato il nuovo sito online, la parte più “professionale” di Le Plume. Per far conoscere noi e i nostri servizi. Nel sito chiaramente non poteva mancare un blog, che sarà tutto dedicato al mondo della libera professione, del blogging, del marketing e del content marketing, mia folle passione. Anche in questo caso, però, sarà tutto raccontato a modo nostro. Non vogliamo salire in cattedra, anche perché siamo le prime a dover ancora imparare tante cose, in un settore, come il nostro, perennemente in evoluzione. Certo, non ci siamo inventate un lavoro dal nulla. E’ quello che, con alcune interruzioni durante gli anni, mi ha dato da mangiare. Però credo che la formazione costante sia tutto. Leggere, ascoltare podcast e seguire blog (soprattutto in inglese) del settore, ascoltare quello che hanno da dire i colleghi: a volte rischio di diventare noiosa, ma nel mio comodino c’è sempre un libro che parla di marketing e il mio feed di Bloglovin ha sempre tanti titoli interessanti da leggere.

Non è un colloquio di lavoro eppure mi piace sapere sempre come le persone si vedranno nel futuro, cosa faranno, cosa magari penseranno quando avranno qualche anno sul groppone. Accediamo la macchina del tempo, prego Jules entra: “Come ti vedi tra cinque anni? Classica domanda da colloquio di lavoro. E’ bellissimo pensare però che stavolta l’attività è la mia. E tra cinque anni mi vedo sempre a battere la tastiera del mio computer per creare articoli, post e nuove strategie di marketing. Magari con un team di persone diverse e complementari. Più che un’aspettativa, però, ho una speranza. Quella di trovare uno scenario qui in Sardegna, che apprezzi davvero le nuove professioni della comunicazione. Che non le guardi con sospetto o sufficienza. E soprattutto che noi professionisti del settore siamo in grado di non svenderci, ma di far valere il nostro lavoro in modo serio e organizzato.”