La macchina è pronta, si parte. Pochi chilometri giusto una ventina, verso Villasor. Primo raduno di rappresentativa femminile, torno in un campo di calcio a 5 dopo tanti mesi. C’è un po’ di emozione.

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Arrivo e parcheggio. Ecco il palazzetto. Vialetto infangato, faccio zig zag tra le pozzanghere, in sottofondo il frusciare di una scopa della guardiana che sta pulendo il vialetto di casa. Tutto è calmo, anche la pioggia pare darci tregua, ma noi lavoriamo al coperto. In lontananza il rumore del treno che passa veloce.

Dentro questa struttura c’è più freddo che fuori. Mi siedo e comincio a rivedermi l’allenamento e le convocate, preparo le squadre e ripasso mentalmente i ruoli. Ci sono alcuni allenatori delle squadre regionali femminili, uno mi chiede come mai sia un po’ sparito dai campi. Non amo il presenzialismo, rispondo, e quando non sono impegnato mi fermo, guardo e imparo anche dagli altri.

Le ragazze arrivano alla spicciolata. Entriamo in campo puntuali: un riscaldamento e vari esercizi. Si conclude con la partitella. Mi faccio un’idea, qua e là do’ consigli sparsi. Predico semplicità nelle giocate, regalo qualche sorriso e qualche battuta, come mio solito, per tagliare l’emozione e la paura che per qualcuna è alta. Semplicità, il segreto di tutto, la cosa più difficile.

Terminiamo dopo quasi un’ora e mezzo di lavoro. Diego, il mio dirigente, insieme a Daniela, la massaggiatrice mi supportano alla perfezione: con loro collaboro da due anni, sono i miei angeli custodi. C’è tempo per la tradizionale foto ricordo con tutte le ragazze. Mi siedo un attimo, un dirigente mi saluta con affetto “L’ho seguita con attenzione per tutto l’allenamento”. Fuggo via, accendo l’auto e riprendo la strada di casa. Statale 131. Come in ogni viaggio brulicano i pensieri su quello che ho fatto e su quello che devo fare.

Come si dice con le solite frasi fatte? “non vedo l’ora di ripartire”. Roma, Milano, Lisbona, Coimbra, discoteche, dj mondiali, treni, aeroporti, metropoli, periferie, campagna, strade, tramonti, oceano, gente nuova, stazioni, caffè, profumi, mattine e tramonti, colori, malinconie, sensazioni, occhi curiosi, pensieri, immagini….perché viaggiare è una filosofia di vita. Perdermi e poi ritrovarmi. Tutto qui, tanto.

Torno a casa, ceno con una pizza e mi rimetto un po’ a lavoro. Ogni tanto scrivo qualcosa su facebook. La tv non propone nulla, ma verso le 23 c’è lo speciale sui campi di concentramento nella trasmissione “la Storia siamo noi” di Minoli. Scattano le riflessioni valide soprattutto in tempi come questi dove la gente si incazza e odia davvero per poco e il tasso di conflittualità è ai livelli estremi. Se sei gentile pensano che li voglia fregare, se scherzi si offendono, se non li cerchi dicono che sei insensibile, se stai nel tuo mondo ti cercano e provocano: le persone stanno diventando difficili da capire e l’unica cosa possibile pare chiudersi ed evitare contatti.

Ecco dove può portare l’odio dell’uomo sull’altro uomo, la storia ce lo ha insegnato. E la cattiveria bussa sempre alla tua porta, magari travestita da persone che pensavi fossero pure amiche o che dovrebbero aver un credito di fiducia con te: devi rispondergli col coraggio ma spesso devi anche semplicemente lasciar perdere e tirar dritto per la tua strada.

Mi addormento su quelle immagini con la certezza che, purtroppo, per quanto ci sforziamo di dispensare buoni consigli e sorrisi, anche magari a chi non se lo merita (siamo fatti così, noi), per quanto porgiamo la nostra mano per risollevare chi è caduto senza metterci problemi sul fatto che meriti o meno un aiuto, molti sorrisi non ci torneranno mai indietro, anzi…riceveremo tutt’altro!

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