Qualcuno lo saprà, molti di voi sicuramente no.
Qualche settimana fa è passato a miglior vita mio nonno, l’ultimo ancora presente dei miei quattro.

È mancato alla veneranda (si dice così) età di 102 anni e mezzo.

La perdita, per quanto dolorosa, è stata vissuta con la certezza che è già stato prezioso averlo avuto tra di noi, per così tanto tempo.
Nella messa lo stesso parroco, tra profumi d’incenso e silenzio commosso, l’ha ricordato: prima di pensare a chi non c’è più, pensate a quanto è stato bello “goderselo” dal vivo. È stato quello il regalo più grande che Dio ci ha potuto fare.

Quando va via un nonno è come se ti passasse un po’ di vita davanti, come un filmino sbiadito senza audio. L’infanzia, le domeniche, le festività, i ricordi più belli. Immancabilmente le estati, la campagna, le corse, i pomeriggi afosi (a quei tempi, niente condizionatori) scalzi e sporchi per strada e le feste paesane.

Spesso mi sono interrogato su come le persone, come il mio nonno, riescano a campare serenamente e quali segreti abbiano. E soprattutto come, nella loro semplicità, ti trasmettano tanto, più di ogni sofisticata tecnologia che ora abbiamo per sentirci liberi e felici, ma al tempo stesso legati a qualcosa e infelici.

Nonno era semplice come una spiga di grano, solare come una giornata di agosto, umile come una riva del mare che continua imperterrita il suo incessante lavoro, andare e venire, senza chiedere nulla in cambio.

Dietro il suo segreto, che ha attraversato due guerre, superato difficoltà indubbiamente superiori alle nostre, lavorato in umiltà per crescere una nidiata di cinque figli, c’è forse l’atteggiamento mentale e la filosofia di vita che non si studia sui libri, non si vede in tv, ma si acquisisce nel tempo.

In poche parole è riuscito a gestire lo “stress” senza conoscere le ricette, superare le perdite, rimanendo attivo e con grande amore per la vita.

La sua presenza, la sua fisarmonica suonata con orgoglio, che per anni ha allietato feste e ricevimenti del suo paese e di quelli vicini della Marmilla, è stata la miglior colonna sonora che ci potesse donare per ricordarlo.

Quando la suonava era entusiasta come un bambino al suo primo gioco regalato, appassionato, e avrebbe fatto di tutto per continuare a mettere le sue tremolanti dita su quei tasti bianchi e neri, anche spesso mettendo in difficoltà le figlie e i figli che, come sempre accade a quest’età, diventano più ansiosi dei propri genitori.

Lui andava avanti: passo oramai incerto, bicchierino di vino immancabile a pranzo, immerso nel flusso della vita e impermeabile a tutto, alle stagioni, alle mode, alle intemperie non solo del tempo. È andato via dopo una vecchiaia ammirabile, lucido e sempre pronto.
Ha detto una frase che forse profetizzava la sua partenza: “Vedo già una strada asfaltata” in un momento di spasmi e dolore per la caduta che lo ha condannato al letto che sarebbe stato il suo ultimo giaciglio.

Ma lui era così: anche nei momenti difficili, le sue frasi riuscivano a colpire. Da quando è andata via nonna, non si è perso d’animo: ha continuato a vivere con grande dignità e saggezza.

Ha sempre amato la compagnia ma riusciva anche a stare da solo a pensare (chissà quali pensieri avrà avuto un uomo di oltre cent’anni…), non ha espresso alcun desiderio di apparire ed essere qualcosa fuorché sé stesso.

In poche parole: si è sentito senza tempo più di tutti noi, troppo aggrappati ai desideri e alle debolezze dei nostri giorni quotidiani.

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