Lascio la macchina in uno di quei mega-parcheggi sotterranei chesenon ricordiilnumerodellostallogiricomeunfesso, e attraverso la city cagliaritana intrufolandomi tra avvocati e professionisti che pullulano in quel coacervo di vite, soldi, aspettative che è piazza Repubblica. Troppo lontana e diversa dalle nostre brutte periferie. Penso che qui la gente sia più bella e curata, che anche i profili urbani curati creino persone ordinate ed eleganti. Ma questo non nasconde che i vizi e i peccati siano democratici, e non abbiano territorio e confine, al di là della geolocalizzazione.

“Sarà una operazione di routine”

“La dimettiamo stasera, se servisse resta a dormire sa noi” dice un infermiere con una cadenza marcatamente campidanese.

Mamma non smette di parlare in questi momenti, mamma racconta in due minuti tutto e di più e sento che parlano pure di nero di seppie prima che lei venga portata in sala operatoria.

Poi le solite coincidenze: l’infermiere, sento, è di Tuili, vicino a Siddi, paese di lei. E partono i “tizio lo conosce? Da quando non va a Siddi?”.

Mamma oggi ha un piccolo intervento. Vero, dovrebbe essere routine, ma quali pensieri può avere un figlio senza più padre con una mamma avanti con l’età in ospedale?

Lei, per rasserenarti, prima in auto mi ha detto “se dovessi morire…” giusto per esorcizzare, come fa spesso. Ho sorriso e l’ho mandata a quel paese. Poi ho pensato: quando i genitori cominciano già a sentire quel fiato sul collo del tempo é complicato.

Nessun buon motivatore serve per raccontare loro che la vita é lunga, i figli per loro restano piccoli per tutta la vita.

“Che ne sapete voi…” ci ripetono anche quando superiamo gli anta.

Che ne sappiamo noi? Anche noi soffriamo, pensiamo, abbiamo carichi di responsabilità e paure che nemmeno vi immaginate. Ma spesso ce li teniamo dentro per non appesantire chi ci ha dato tutto.

In bocca al lupo le faccio, mentre i suoi due occhi spuntano da un camice bianco e la barella si allontana.

In bocca al lupo, mamma.