Le strade si adornano di luci colorate e le case si vestono di ghirlande scintillanti, Natale: un pensiero ricorrente mi tormenta. Non è la gioia, né la pace, né la serenità che dovrebbero essere il doveroso sentimento – spesso anche costretto / di questa stagione; è inquietudine, un’ansia che si insinua nella coscienza come un ospite indesiderato in una serata da dj già troppo affollata.

Questa ansia non è tanto per il presente, per il qui e ora, quanto per il suo significato nascosto, per il sottofondo che pervade le nostre azioni.

Mangiamo in eccesso, comprando in modo compulsivo, corriamo e ci arrabbiamo, sprecando senza pensare, e per quale motivo? Per dimostrare. Dimostrare non solo agli altri ma anche a noi stessi che siamo felici, che stiamo partecipando al rituale collettivo della gioia e dell’abbondanza. Ma questa è davvero gioia? O è solo una maschera che indossiamo per nascondere la nostra insicurezza, la nostra solitudine, la nostra disperazione?

Osserviamo le persone intorno a noi, con i loro sorrisi un po’ troppo larghi, le risate un po’ troppo forzate, i selfie con pose plastiche. Vediamo le vetrine straripanti di oggetti che promettono felicità, ma che in realtà non fanno altro che riempire spazi vuoti nelle nostre case, come nelle nostre vite. E tutto ciò, in che modo contribuisce alla nostra realizzazione personale, al nostro benessere interiore?

In questo vortice di consumismo, dove il valore di una persona sembra misurato dalla quantità di beni che possiede o dalla grandezza delle sue feste, ci si perde facilmente.

Ci perdiamo nel rumore, nelle luci, nel costante desiderio di più. Ma “più” di cosa? Più cibo, più regali, più decorazioni? O forse “più” sta per qualcos’altro, qualcosa che non possiamo comprare, che non possiamo cucinare, che non possiamo impacchettare?

Questo “più” potrebbe essere la connessione, il calore umano, il tempo trascorso con le persone che amiamo, non perché dobbiamo, ma perché vogliamo. Potrebbe essere la pace interiore che viene dall’apprezzare ciò che abbiamo, piuttosto che dall’ansimare dietro a ciò che non abbiamo.

Forse il più grande regalo che possiamo fare a noi stessi è quello di fermarci un momento. Di respirare. Di guardare intorno a noi non con gli occhi del consumatore, ma con quelli dell’essere umano. Di apprezzare le piccole cose: una conversazione, un sorriso, un gesto di gentilezza.

Un altro elemento emerge con una forza sorprendente: la mancanza. La mancanza di persone che una volta riempivano le nostre vite e i nostri salotti durante queste celebrazioni. Ogni anno che passa, sembra portare via qualcosa, o qualcuno, lasciandoci con ricordi dolceamari e un senso di vuoto che nessun regalo potrà mai colmare.

Assenze e spazi lasciati vuoti, che cambiano il modo in cui viviamo queste feste. Ci fanno riflettere, forse più intensamente che in altri periodi dell’anno, sulla natura effimera della vita, sulle sue gioie e sulle sue perdite. E in questo, c’è una sorta di bellezza malinconica, un riconoscimento che, nonostante tutto, continuiamo a cercare la felicità, a celebrare, a vivere.

Ma cosa ci insegna tutto ciò? Forse, che la felicità non ha una data sul calendario, non è confinata in un momento o legata a un oggetto. La felicità è qualcosa di più sfuggente, più etereo. Non è nel grande banchetto o nel dono più costoso. La felicità – se questo termine vale – è nelle piccole cose: un ricordo condiviso, una risata inaspettata, il calore di una mano amica. È nel conforto di una vecchia canzone, nel sapore di un piatto che ci riporta a tempi più semplici, nel silenzio condiviso che parla più di mille parole.

In queste festività, mentre affrontiamo la mancanza e il cambiamento, mentre guardiamo indietro agli anni passati e a quelli che verranno, possiamo trovare una nuova consapevolezza. Una consapevolezza che la vera felicità è intangibile e inestimabile. Non si compra, non si vende, non si regala in un pacchetto. La felicità è un viaggio, un processo, un percorso che intraprendiamo ogni giorno, con o senza le festività a segnarne il ritmo.

Quindi, in queste festività, mentre ci immergiamo in rituali e celebrazioni, ricordiamoci di cercare l’equilibrio non nelle cose, ma nelle persone; non nei momenti grandi e clamorosi, ma nei piccoli, silenziosi, semplici. Ogni giorno è un’occasione per essere felici, per trovare gioia, per dare amore e per riceverlo. E forse, proprio in questo, troveremo il vero spirito di queste festività ma forse ancora di più la nostra essenza.