Osservare la Cagliari di oggi è stato un motivo di vanto e orgoglio per chi ci abita.
Una città viva, aperta, nella sua veste migliore. Magia forse del primo maggio, che da noi coincide con la sagra di sant’Efisio (festa del patrono) e con la Fiera, kermesse di cui oggi ignoro l’importanza.
Giornata che richiama turisti da ogni dove. Ecco la cartolina del centro città, via Roma e dintorni, il migliore spot per chi vuol conoscere la capitale del Mediterraneo, termine abusato a fini elettorali ma che nel cuore della gente esiste già prima che negli slogan.
Turisti, negozi aperti, facce abbronzate, famiglie felici e tranquille, sole e vento. I profumi dei ristorantini della marina, i panni stesi, la gente ferma nei bar.
Pagherei per avere una città sempre così. Una città forse decagliaritanizzata dagli stessi suoi abitanti che hanno lasciato il centro appannaggio dei turisti per riversarsi nelle zone più alla moda. Tutti al Poetto, tutti nei soliti bar. Non importa se non c’è posto, non importa se fai la fila o stai male. Ci devi essere.
Nel fare le pecore siamo numeri uno, ma che importa? Oggi celebriamo una città conquistata dagli altri, da quelli che temiamo. Gli altri. I turisti, razza ignota, da spennare se possiamo, che ci pongono il problema di parlare la loro lingua e adeguarci per un attimo anche a loro. Come potremo fare? Meglio che vadano via subito, sennò rompono l’armonia del nostro quieto e annoiato vivere.
Domani torneremo purtroppo alla Cagliari normale, immobile e stagnante, come la sua politichetta di promesse e città dei balocchi. Le due settimane prima delle elezioni, i candidati che spuntano da ogni dove. I manifesti e i faccioni che s’insinuano nell’armonia dei colori e delle linee.
Riusciremo a farcene una ragione?
Mancano poche ore alla fine del sogno, godiamocelo finché si può.