Alghero, una notte di fine settembre di un anno fa. Cercavamo con un amico e collega solo una lavanderia, alla fine di una giornata di lavoro come speaker al Mondiale di beach soccer. E invece abbia trovato un bar.
Così succede con i posti che valgono la pena: li incontri per caso, quasi per destino.
Il Món Bar non è un bar, è un piccolo teatro. Un sipario che si apre: mattoni a vista, volte bianche, bottiglie che sembrano quadri appesi al cielo. Il menu, scritto a gessetto sulla lavagna, è semplice e diretto: polpette, fritture, verdure al forno. Poche cose, ma buone. Quelle che ti riportano a casa, ma con l’eleganza di un bistrot.
E poi c’è Domenico.
Ti accoglie con un sorriso che sembra arrivare da un’altra epoca. Parla dei cocktail come fossero poesie: ogni ingrediente è una metafora, ogni bicchiere un verso, ogni sorso un capitolo di una storia. Non è mixology: è letteratura liquida.
Dietro questa calma c’è un percorso che sembra un romanzo di viaggio.
Ho scoperto che Domenico è nato a Giugliano, ha iniziato nel 1999 all’Hotel Danieli di Venezia, poi è volato a Londra, al club esclusivo The Walbrook, dove si è trovato a servire anche i reali. Due anni in un ristorante francese tre stelle Michelin lo hanno reso ancora più raffinato. Nel 2013 è tornato a Venezia, durante il Festival del Cinema, servendo star come Elton John, De Niro, Richard Gere, George Clooney – e per quest’ultimo ha persino inventato cocktail a base di tequila.
Insomma, mentre ti racconta un gin tonic, capisci che dietro c’è mezzo mondo.
Poi la vita lo ha portato ad Alghero, anche per amore. Ha deciso di fermarsi qui. E ha creato il Món Bar, trasformandolo in palcoscenico lento, punto di incontro, rifugio di buone chiacchierate.
Da quella sera in poi, ogni volta che torno ad Alghero, il Món Bar è diventato il mio ritrovo fisso. Una tappa obbligata, come il mare o i vicoli della città vecchia.
Mi siedo, guardo le bottiglie illuminate dietro la grata, le damigiane piene di tappi, la ciotola di gabbiette di spumante che sembra un’opera d’arte contemporanea… e aspetto che Domenico porti un drink, con l’immancabile caramella gommosa e inizi a raccontare.
E so già che sorriderò, che imparerò qualcosa, e che berrò qualcosa capace di farmi vivere la notte e l’esistenza in un modo diverso.
“Agli artisti tutto è concesso, tranne uccidere” ha detto qualche giorno fa, salendo le scale.
Il Món Bar è un posto che ti insegna che la vita va presa con leggerezza. Che la notte fai incontri che di giorno non capiterebbero mai, ed è questa la fortuna di essere dj e vivere la notte. Una dimensione esistenziale concessa a chi si anima dal tramonto all’alba, incomprensibile per il resto del mondo.
E ogni volta che ho davanti quel bicchiere lì davanti, mi sembra di aver trovato il mio piccolo centro del mondo.
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