Il centrosinistra ha ieri celebrato il rito delle primarie.

Una scelta che tanti, me compreso, auspicavano da anni anche nel centro destra ma che resterà un sogno.

Forse  credere tanto in questo meccanismo di selezione è una mia deformazione professionale visto che era l’argomento della mia tesi.

“Sono troppo di sinistra” (la più gettonata), “Sono truccabili”, “Le fanno i comunisti” ecc. Quante volte ho sentito queste frasi? Argomentazioni che non sono mancate anche oggi: “Elezioni truccate”, “Non è un volto nuovo”, “Ha 35 anni ma non vuol dire nulla”. “Era già deciso”. Tutto l’armamentario di discorsi stanchi e noiosi che sentiamo da tempo dalle nostre parti. Parole che hanno oramai fanno parte della litania del centrodestra, quel grande contenitore che dovrebbe rappresentare un patrimonio di idee e valori di un certo tipo ma che oggi….

Nella città dove si rifiutano i lavori perché poco dignitosi, nella città dei giovani arricchiti annoiati che fanno politica per passatempo, dell’esito che è già scritto prima delle elezioni, nella città del “tanto meglio, tanto peggio”, Zedda è una novità eccome. Una piccola grande novità che fa piacere leggere e analizzare. Noi ci accontentiamo con poco.

Sappiamo che, detto da me significa automaticamente essere una quinta colonna della sinistra, un disfattista, un sabotatore, un comunista. Vecchie storie, ci rido su.

 

Zedda ha rotto gli equilibri, ha messo una crepa su una classe politica-dirigenziale (di ogni colore) ferma e autoreferenziale. Un sussulto d’orgoglio di una generazione, la nostra dei trentenni, che è come una ventata d’aria fresca in un caldo pomeriggio d’agosto. Mi chiedo con che coraggio qualcuno la discuta: forse il coraggio di chi attende le candidature col televoto?

 

Come auspicato, è partita la gara all’insabbiamento: non si può dire che sia una novità, non si può accettare, bisogna subito criticare e minimizzare. Ecco il dover gettare ombre, il dover per forza di cose poter parlare bene solo del proprio, mai dell’avversario. Ecco il timore che “un giovane” vada avanti e rompa gli equilibri e ciò che è stato già deciso. Mai e poi mai possiamo accettare un evento del genere. Fa specie sentire trentenni ragionare in questo modo. Significa essersi tagliato ogni speranza nel futuro, ogni scatto d’orgoglio, essere allineati e coperti a vita. O meglio, finché la bambagia dura, perché poi…

 

Il buon amico consigliere comunale Ale Serra chiedeva di parlare di Cagliari, finalmente. Mi chiedo se qualcuno stia oggi parlando di Cagliari, a meno che non si dia per scontato che Cagliari non abbia bisogno di un dibattito sul proprio presente o proprio futuro. A Cagliari i dibattiti sono inutili, tutto è già deciso. A Cagliari non si può parlare, bisogna obbedire agli “interessi generali”, farsi “i cazzi propri” perché è meno dispendioso e ti evita le grane. A Cagliari la politica non esiste: esiste la amministrazione, termine più appropriato e meno impegnativo.

 

La vittoria di Zedda è un toccasana: ha dato una piccola prova che è viva una “grande minoranza” (di destra e sinistra) che non si ferma all’appartenenza politica ma ha una nuova sensibilità di fronte ai problemi.

Vedi allora inattese convergenze tra amici di destra e sinistra, convergenze che, ovviamente infastidiscono i vecchi dinosauri e le nuove lumache che aleggiano anche su facebook e si trincerano dietro la solita accusa di intelligenza col nemico. Una generazione di persone, giovani e meno, che su certi problemi elaborano proposte, che si rispettano, che dialogano sulla politica con premesse e contenuti diversi, con toni civili e apprezzamenti inattesi. Che hanno a cuore la propria città e ciò che regaleremo alle prossime generazioni.

 

La politica vera non è più, sappiate, negli organi di partito e nei CdA dove vanno avanti non i migliori ma i più organici a questo e quel politico, spesso addirittura in spregio alle più semplici norme di etica e buona amministrazione. La politica vera, quella che piace a tanti di noi (gli “yes man” non fanno parte di questo noi) si sta realizzando nei comitati spontanei, nelle associazioni, nelle strade, partendo dai problemi e non dalle ideologie, gettando ponti non creando barriere.

 

Ogni nostro gesto ed elaborazione sta diventando una scelta politica. Stiamo seminando un futuro in cui prima o poi si cancellerà definitivamente questo modo di far politica e chi lo foraggia con silenzi e atteggiamenti passivi.

Io credo ancora nel riscatto di questa Italia, nelle persone oneste, nella voglia di rivincita della mia generazione. Sono deluso, amareggiato, ma non ho ancora attenuato la voglia di riscatto.

 

Questa politica del “tanto meglio tanto peggio”, del tutto già scritto, delle botteghe e degli utili idioti al seguito, non va bene proprio a tutti. Ieri l’abbiamo visto. Non siamo ancora del tutto ko. Qualcosa si muove, almeno in zona sinistra. E in zona destra, presto o tardi, arriverà.

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